La segale..farci la pizza…mica pizza e fichi!

Mi va di parlare di come nascono le cose, le ricette o la proposta di un prodotto, mi piace spiegarvi il perché.
Di ricette è pieno il web e scriverne una tanto per impolpare questo mondo lo trovo inutile soprattutto perché il 90% di queste ricette non riescono mai.
Come trovo inutili molti showcooking fatti più per apparire e non dire nulla che per far provare o conoscere novità vere.
Con me spero che capirete anche il perché succede che una ricetta proposta non funzioni a casa eccezione fatta per chi da dosi o ricette falsate.
Vi parlerò di cosa c’è dietro le mie idee.
Ed oggi farò saltare dalle poltrone coloro che credono, sottilineo credono, a preconcetti per lo più popolani che reali.
Cominciai a divertirmi il giorno in cui panificai la pizza con frumento di farro al 100% nel 2012, penso di esser stato il primo a farlo per la pizza stesa al mattone in purezza, penso perché così mi è stato riportato.
Poi un giorno una mia allieva del corso dell’Università del Gusto di Pollenzo mi chiese di aiutarla nella sua tesi, mi chiese cosa poteva proporre. Le dissi fai una pizza di segale in purezza. Perché quella proposta? Semplice.
La segale è uno dei cereali più usati sin dalla notte dei tempi da molte popolazioni del nostro territorio e dei paesi del nord, maestri ancora unici in fatto di panificazione di tecniche e tant’altro.
Sono loro che hanno il “Sapere” sulla Materia basti pensare ai loro pani e alla birra, è tutto da secoli nelle loro mani e nella loro storia.
Son sempre loro che tramite l’invasione Longobarda giunta fino a Benevento, ed anche in parte ai Saraceni per la verità, che ci insegnarono quest’arte.
Ma da buoni italiani noi ne apprendemmo giusto il minimo necessario, è nostra indole fare le cose con il minimo sforzo si vede che è un retaggio culturale insito nel nostro DNA.
La sfida che mi lanciai era grande, più di quanto pensassi. Ma aveva un senso. La segale da panificare per renderla estendibile come un impasto per pizza è una vera e propria utopia, quindi una “forzatura”.
Essa nasce per impiego più per il pane, quello nero scuro, conosciuto da sempre, tipico pane delle valli montane, per esempio il pane nero di Coimo un tempo comune autonomo e oggi frazione di Druogno, è riconosciuto come uno dei prodotti tipici più ricercati della Val Vigezzo ed ancora oggi si sforna il suo pane nero da un forno a legna ogni giovedì se non erro.
Ma i nostri fornai più comuni la segale non riescono a trattarla in purezza, pochi vi riescono in modo corretto, gli altri la panificano tagliata con frumento. Ma così il gioco è semplice ed a me i giochi facili non piacciono, perché non hanno una loro valenza.
La vedo a mio modo di pensare come un imbroglio. Che senso ha vendere un qualcosa che poi non lo è? Non hai nessun vantaggio, ne da un punto di vista nutrizionale specifico, ne da un punto di vista di peculiarità del prodotto, gusti, sapori, specificità meccaniche come morbidezza, durata ecc. ecc. Panificare un qualcosa tanto per panificare non ha senso; ha senso solo per puro commercio.
La segale si presenta come un prodotto per nulla compatto come provi a stenderlo ti si sfalda tra le mani.
Ecco perché si preferisce panificarlo in cassetta.
Analizzai tutte le issue ops scusate il termine appartiene al mio passato, analizzai tutte le problematiche e stilai una sorta di report con problematiche e azioni atte a risolvere i problemi riscontrati. Lavoro così. Strano per un fornaio. Si fornaio perché a me il termine pizzaiolo, chef maestro non mi piace. Li detesto apertamente al punto che non rispondo quando me lo affibbiano o mi chiamano così.
In fondo nasciamo fornai, e allora via tutti gli altri termini, ripartiamo da quello che siamo in realtà.
Ritornando alle segale mi buttai come consuetudine la notte a studiare, a leggere le sue caratteristiche a memorizzarle, a ricercare come facevano gli antichi, scoprii il bizzo un pane farcito per i Re barbari dalle popolazioni teutoniche di un tempo, una sorta di pita, o pizza o focaccia ( perché son la stessa cosa checchè si e si dica ) che dir si voglia ed allora capii da quel bizzo che si poteva fare.
Lessi molto, presi appunti, comprai pani, viaggiai in zone montane da noi, presso forni mulini agricoltori che la coltivavano facevo domande anche le più futili, ma da domande futili vengono fuori cose che tu davi per scontate ma che scontate non erano.
Lanciai la ragazza in prove e prove e mi lanciai pure io a provare vedere riprovare, ma non ne venivo a capo.
Capii che esistono varie tipologie di segale e che queste avevano differenti comportamenti, e sì perché di segale non ne esiste una sola ma vari tipi e non tutti sono adattabili alle lavorazioni che vorremmo, un po’ come i grani, non tutti sono idonei per fare una pizza. Ma questo è un altro discorso. Di segale esistono due famiglie principali una di origine nordica montana ed una di origine asiatica ma in queste due famiglie vi sono una miriadi di qualità nei loro sottogruppi.
Non sto qui a tediarvi di questo cereale appartenente alla famiglia delle graminacee.
Basta che girate su internet e troverete tutto quello che qua ho omesso per motivi di spazio.
Le proprietà della segale sono sostanzialmente diverse da quelle della farina di grano.
Questo dipende principalmente dal fatto che nella pasta di segale le molecole di glutine non possono costruire alcuna struttura collante per il trattenimento dei gas a causa della presenza di pentosani.
Quindi bisognava trovare un modo per ricostruire il glutine per rendere così estensibile e lavorabile la segale. Ma come?
Siamo partiti da una gelatinizzazione per finire in un insieme di tecniche frapposte onde ricreare quella struttura che ci permetteva di lavorarla, insomma lievito madre di default perché quello di birra per la segale è troppo aggressivo e ci rovinava quelle poche maglie di glutine che avevamo a disposizione.
Da una parte dunque una porzione di farina veniva lavorata tramite idrolisi e lasciata riposare per almeno 8 ore, un altra parte veniva miscelata con LM senza sale ed anch’essa riposava a T ambiente per un paio di ore 4 al massimo, infine i due impasti venivano lavorati in un impasto unico e qui aggiungevamo il sale.
Miriade di tentativi falliti o quasi. Ma qui l’altra scoperta ovvero l’acqua!Certo l’acqua, dovetti fare degli studi con la SMAT la società di acque potabili di Torino, famosa nel mondo ( e non in Italia sia mai che si sappia eh ) per i numerosi studi su acque specifiche e per impianti ospedalieri e per sale operatorie e per altri impieghi tra cui lo studio di un acqua specifica e quindi il rifornimento di acqua per la stazione spaziale.
Insomma l’acqua ha una valenza fondamentale, del resto come non potrebbe esserlo visto che l’impasto e per il 60% composto da acqua?
Sapete tutti di quel detto che a Napoli la pizza è buona come per il caffè per la sua acqua?
Potrebbe essere vero ma è anche una boiata. mi spiego.
Sono le caratteristiche organolettiche dell’acqua che determinano una buona riuscita di un impasto o di un altro prodotto con valenza di acqua come il caffè.
Per cui può essere verissimo che un acqua in alcune zone di Napoli sia adatta per certi impasti come non lo è in altre zone.
Tutto dipende da che caratteristiche ha.
Mi sono calato mentalmente a pensare a quei popoli, come potevano ottenere un qualcosa che funzionava.
Ripensai a quei paesi montani visitati, e poi un film, una sera, un film sui barbari e vidi che prendevano acqua dai ruscelli.
Caspita! usavano acqua corrente montana quindi fredda.
Corsi a prelevare campioni di acqua in quelle valli e presi quella che sgorgava dal mio rubinetto andai in SMAT l’analizzammo e trovammo le comunanze e le differenze.
La SMAT mi riprodusse un acqua di montagna con quelle caratteristiche chimiche che purtroppo non sono presenti a valle e nei nostri acquedotti una durezza ridotta ed un ph ai limiti di legge ma uguale a quelle di montagna ed una T di impiego pari a 4° come la temperatura dei ruscelli montani.
Acqua fredda. Gelida.
Uno studio che mi ha permesso di conoscere la segale e non solo, di conoscere le tecniche di impasto dei popoli del nord, e qui capisci quanto siamo ancora indietro con le tecniche di fermentazione e panificazione rispetto ai popoli del nord, ed uno studio sulle acque.
Senza la Segale questo non mi sarebbe stato permesso.
La segale è forse il cereale primordiale da dove siamo partiti noi come uomini a panificare e sono dovuto tornare lì per avere oggi in mano le “chiavi” per poter panificare tutti i cereali e frumenti che ho avuto ed ho tra le mani, non ultima la farina di riso. Certo sono esperimenti, e in tal senso restano ma a volte escono prodotti di un profumo e di un gusto ineguagliabile e siccome la nostra pizza altro non è che un pane antico, una focaccia come cita la Bibbia o nell’Iliade ho pensato che bisogna partire da lì e riproporre quanto perduto per riavere in mano la piena totalità di controllo e di capacità di panificare tutto.
Ho scoperto che in Italia manca una vera scuola di panificazione, tanti corsi si, ma inutili perché non danno nessuna conoscenza ma solo una praticità fine a se stessa una meccanica senza il sapere.
E difatti molti rientrando a casa dai corsi non riescono più a riprodurre ciò che avevano in mente.
Ogni frumento, ogni cereale, anche della stessa tipologia ma di terreni differenti o di annate differenti non si panificano alla stessa maniera, rischieresti solo di ottenere un prodotto mal lavorato ma va tutto tarato in funzione delle sue proprietà chimiche di quel lotto. Ogni frumento e ogni cereale non si adatta a farciture simili tra loro perché il gusto varia, a meno che non si usino farine raffinate, dove si perdono le caratteristiche chimiche primarie e tutto si appiattisce verso un prodotto con caratteristiche mirate solo alla facile lavorabilità.E per me senza appeal.
Che è una cosa diversa dalle caratteristiche nutrizionali o tipiche di un prodotto, quali profumi, tenacia, durezza ( passatemi il termine ) di un impasto e di conseguenza del suo prodotto finale. Rido quando sento la gente che dice che un impasto è e deve essere solo morbido. Nessun grano nella sua integrità è morbido. quelle sono solo farine moderne mirate alla lavorabilità. Ma sui gusti non entro in merito li rispetto, cosa diversa è sentir parlare a sproposito senza una minima conoscenza della Materia. ma siamo italiani, tutti ct della nazionale e bomber.
Ecco spiegato un costo di una pizza che per molti che ignorano “è caro”.
Ore, notti, viaggi, ricerche, prove tutti costi che fanno parte di un prezzo da pagare. Il prezzo basso ha una sua motivazione come uno un po’ più alto.
É stupido strillare, perché nessuno e sottolineo nessuno, di quelli che urlano allo scandalo lavorerebbe gratis ed in questo modo. Dietro un prezzo non c’è solo un prodotto fine a se stesso ma anche un lavoro di ricerca nascosto che implica costi da riconoscere.
I gusti ripeto poi sono un altro discorso del tutto personale. Quando provate un qualcosa è bene pensarci informarsi cosa c’è dietro prima di emettere sentenze da emeriti stupidi ( scusate l’uscita ma ritenevo giusto cominciare a sottolineare queste cose a cui nessuno pensa )
Ritornando alla segale essa ha una croccantezza o durezza differente dal grano tenero ma del resto se si è conoscitori in materia di panificazione anche i grani tra loro o meglio le farine di differenti grani della stesa famiglia, e per famiglia intendo tenero o duro, tra di loro producono prodotti con morbidezze e croccantezze completamente diverse. E questo è il bello.
Aver la possibilità di costruire prodotti unici e diversi.
Avere la possibilità di proporre varie tipologie e gusti. Gusti, profumi, morbidezze diverse tra i vari grani.
Peculiarità nutrizionali uniche, ma non siamo noi medici per ardire a proporli come tali.
E come i grani anche la segale o il farro non si sposano con farciture simili tra loro ma per esempio la segale mal si sposa con le salse di pomodoro.
Questo mi ha insegnato la segale. E non è poco.
Un grazie lo devo anche a Dario Bressanini amante della segale che venne a trovarmi curioso di questa mia novità e che mi ha aiutato a scoprire un modo per ottenere il glutine in modo naturale estraendolo da ortaggi e verdure, ma questo è un argomento che forse un giorno vi porterò a conoscenza.
La pizza in passato, nell’antichità era fatta con vari cereali e frumenti, nelle abitazioni e nei forni dell’epoca e non è che tutti potessero permettersi il grano tenero o lo avessero a disposizione. Ognuno panificava cereali e frumenti che avevano a disposizione come per i barbari o normanni essi avevano la segale, ma anche i sumeri e i loro pani non erano altro che pite di questi.
Quindi una pizza di segale non è una novità anzi è una riscoperta. Un qualcosa che avevamo perduto come il bizzo. O altro ancora. Pani farciti.
Basta leggere testi antichi e ritroverete molte citazioni in merito. Altra cosa è una tradizione locale come una pizza napoletana per esempio ma questa è una tipicità da difendere e riconoscere ma non è l’Assoluto già solo per correttezza e onestà storica .
Grani, frumenti, cereali senza dubbio un mondo che non conosciamo ancora.
Completamente diverso da quello che ci propongono i più.

di Patrick Ricci

One thought on “La segale..farci la pizza…mica pizza e fichi!

  1. Enrico ha detto:

    Peccato per la distanza… sarei uno dei tuoi clienti più assidui! 🙂

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