Colei che è bella anche quando fuori piove

ananas

di Sarah Galmuzzi

E dunque l’ananas. Buono, succoso, drenante, versatile al punto che personalmente ancora devo capire se si declina al maschile o al femminile. Ma soprattutto esotico. Dici ananas e subito pensi a paesi lontani, palme chilometriche, fronde fruscianti, animali con sedici zampe e tutto quanto altro popolava il Nuovo Continente prima che venisse scoperto da Cristoforo Colombo. Al suddetto piccione viaggiatore, il merito di aver avvistato, nell’anno domini 1493 durante una passeggiata esplorativa, un vivace ananasso e di averlo trovato gustoso al punto da decidere di portarlo con sé, al rientro nel Vecchio Continente.


11272238_10206239437646261_2018396329_nMa nell’accogliente Europa, prima ancora che sulla testa di Marisa Laurito, indimenticata interprete di Indietro Tutta, gli ananas fanno registrare la loro presenza in cicli musivi romani e in affreschi pompeiani. Se -con non poca forzatura-  il mosaico capitolino in cui fa la sua porca figura il guizzante frutto, voce di popolo vuole rimaneggiato da un buontempone che trasforma un’italica pigna in un ananas, pare assai difficile che in un altro tempo e in un altro spazio, lo stesso buontempone sia intervenuto su dipinti e piccole sculture, giusto per destare il panico in storici e archeologi di chiara fama.

10206239437646261_2018396329_n (1)Insomma: il mondo antico pullula di questi benedetti ananassi. Da dove spuntano fuori? Sempre da lì:  Messico, Panama, Brasile, solo che, con la buona pace di Colombo, pare che ad avvistarli per primi siano stati gli antichi romani, e una recente pubblicazione ce ne dà conto. Elio Cadelo, raffinato autore de Quando i Romani andavano in America (Palombi editore, 2013)  ha rivoluzionato tutte le teorie avanzate fino ad ora arrivando a stabilire, con scarsi margini di errore, che a scoprire l’America siano stati i Romani. E lo fa a partire dall’analisi delle imbarcazioni che risultano foderate di piombo, dunque destinate a viaggi lunghi, verosimilmente intercontinentali e alla scienza cartografica in cui i Romani eccellevano al punto da costituire il punto di partenza delle cartografie utilizzate per definire le rotte percorse nel secolo delle grandi scoperte geografiche, il ‘500 appunto.

A dire il vero il pennuto ananas non è il solo frutto di provenienza mesoamericana la cui presenza è registrata prima della scoperta di Colombo: chi si prenda la briga di sfogliare la Naturalis Historia di Plinio, ad esempio, lo può leggere intento a sgranocchiare una pannocchia croccante, mentre  semi di girasole, la cui introduzione in Europa pure è datata dopo la scoperta dell’America- sono stati ritrovati in una imbarcazione del I secolo affondata al largo dell’Isola del Giglio, evidentemente da un antenato di Francesco Schettino.

Conclusioni: Colombo, all’America poteva pure non andarci ma soprattutto, a suffragare il dubbio di chi scrive arrivano gli Atzechi che con un ideogramma decisamente barocco definiscono l’ananas: colei che è bella anche quando fuori piove.

Quindi partita chiusa, è femmina.

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