Domani sera Pizze&Pizzini a Palazzo Vialdo. Quattro domande a Gianfranco Iervolino e Giò il Pizzino. Le cose che vi piacerebbe di sapere.

Domani sera a Palazzo Vialdo a Torre del Greco inizia il ciclo di appuntamenti ideato da Laura gambacorta dal nome “A qualcuno piace Vialdo”.
Il primo appuntamento vedrà impegnati al forno il bravo Gianfranco Iervolino (3 spicchi Gambero rosso e Pizza dell’anno 2014) e Giuseppe Giordano al secolo noto come Giò il Pizzino.
Una serata dove i due amici pizzaioli si affronteranno con le lro idee e visioni della pizza.

Proprio in virtù di tali personaggi ci è sembrato interessante “mettere a nudo” dei loro aspetti in un’intervista doppia basata su quattro domande.
Il risultato è stato divertente e molto interessante.

1. A che età hai cominciato a capire che volevi fare il pizzaiolo?

Gianfranco Iervolino.
A 22 anni. Provenivo dal mondo della ristorazione anche se come direttore di sala e barman. Reduce da tante esperienze di ottimo livello anche all’estero decisi di investire i proventi di tanti anni di lavoro in una pizzeria a Pompei. Si chiamava “La bella Napoli”.
Agli inizi la pizzeria andava anche bene. Poi un bel giorno il pizzaiolo, con una sola settimana di preavviso, mi lasciò. Così pensai di poter fare da solo e mi misi al lavoro.
Ricordo che le pizze venivano fuori rettangolari o comunque irregolari.
Una sera nel muovere un mezzo metro mi si ruppe ed io non sapendo che la cosa più logica da fare fosse lasciar bruciare il condimento sul piano del forno per poi spazzolarlo via pensai bene di spazzolarlo.
Si sollevò una nube di fumo, i clienti pretesero i soldi indietro andandosene via ed io fui colto da una vera e propria crisi di pianto.
Da quel momento mi misi la notte a impastare e cercai di capire. I primi tempi impastavo tre pacchi di farina per riuscirne a fare uno decente.
Poi ho cominciato a confrontarmi con alcuni colleghi e a studiare la chimica e le farine.
Giunto al Vialdo e calatomi nella sua realtà ho iniziato a confrontarmi anche con i grandi nomi della pizza con i quali ancora oggi ho rapporti di stima e grande rispetto.

Giuseppe Giordano.
Da sempre. Sono nato in una pizzeria. Mia padre aprì ad Alessandria la Pizzeria nel 1953 sulla scia dei tanti che giunti da Tramonti (SA) richiamati per lavoro dal nostro compaesano Luigi Giordano che fu il primo ad aprire a Novara e nel Nord Italia una pizzeria nel 1951.
Nel 1953 le pizzerie erano 300 e 30 anni dopo oltre 3000. Una vera e propria colonizzazione dei “Tramontini” nel nord con la pizza.
Da qui, mi sia permessa la digressione, la differenza tra la pizza del nord e quella alla napoletana. A Tramonti si è sempre fatta croccantina e con temperature tra i 350 e i 400°. Mentre a Napoli viene cotta intorno ai 450-500°
Nel 1992 benchè mi fossi diplomato geometra e fossi destinato a far altro, purtroppo persi mio padre e da primo di 3 fratelli, dovetti dedicarmi all’attività di famiglia.
Di aneddoti divertenti come quello di Gianfranco non ne ho ma ricordo che una volta mio padre si rivolse ad un ragazzo che era arrivato da Tramonti da pochi giorni e lavorava al forno chidendogli di girare la pizza nel forno e che il ragazzo, tradendo tuta la sua inesperienza la girò sottosopra!

Quale è stata la pizza peggiore che hai mai fatto?

Gianfranco Iervolino. Con la pasta sopra! Anche se non l’ho mai messa in menu perché faceva davvero schifo.

Giuseppe Giordano. Con la frutta sopra circa 20 anni fa ma lasciai perdere..era terribile davvero.

Una parola per definire la tradizione?

Gianfranco Iervolino. Gusto.

Giuseppe Giordano. Rispetto

Una parola per definire l’innovazione?

Gianfranco Iervolino. Sperimentazione.

Giuseppe Giordano. Amore.

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