I vini proibiti. El Vin Grinton, el popà dei vini!

Torno dopo un lungo periodo di assenza da queste pagine e lo faccio per parlarvi di qualcosa di “proibito”.
Non pensate male, si tratta di “vini proibiti”.
Il pretesto me l’ha dato la mia visita al Risitaly, la fiera del riso che si tiene ogni anno ad Isola della Scala.
Qui, sono imbattuta in un minuscolo banchetto dove facevano bella mostra alcune bottiglie di vino, leggo il cartello esposto: VINO CLINTO, VINO CLINTON E VINO BACO’.

Dopo aver assaggiato alcuni sorsi di Clinto bianco e rosso, Clinton, Bacò e di un fantomatico Vino Greco (ho cercato info sul web, ma non sono riuscita a trovare nulla) e aver fatto un po’ di domande al “rustico” e orgoglioso proprietario, compro una bottiglia di Vino Greco per me (mi inventerò il modo di usarlo) e una di Clinton per il mio papà, sono certa che gli farà piacere, lo porterà indietro di molti anni.
Tornata a casa penso che questo sarebbe proprio un bel modo di rientrare in pista e parlare del mio territorio come mi aveva chiesto Giustino.

Chi, ormai di una “certa età” (ok non sono così vecchia), non ricorda il vino Clinto, detto anche Clinton o Grinton, a seconda del dialetto locale, che si beveva con una “scuea” (scodella) durante i pasti nelle campagne venete, o che condivideva con amici insieme ad una buona fetta di salame o “sopressa” e una “ciopeta” di pane biscotto?
Era un vino che piaceva molto anche a bambini, perchè era lievemente dolce e sapeva di fragola.

Al giorno d’oggi tali vini sono diventati una rarità. Considerati fuorilegge a causa del loro alto contenuto di tannini, solo qualche contadino delle campagne venete o qualche vero appassionato lo coltiva ancora per un suo consumo familiare, in quanto il commercio ne è vietato.
Il vino Clinton è un vino di colore violaceo intenso che lascia una traccia densa nelle bottiglie e nei bicchieri, un forte profumo fruttato e un inconfondibile sapore di fragola.

La storia di questi vini inizia nel 1858 quando in Europa arrivò la Filossera, un minuscolo insetto parassita della vite,proveniente dal Nord America, che si diffuse molto rapidamente e che si rivelò devastante per le colture viticole di tutto il Vecchio Continente.
Durante il suo progressivo espandersi nella penisola italiana la Filossera distrusse due milioni di ettari di vigneti.
Questo insetto attacca le radici della pianta (ovvero vi si rifugia d’inverno per deporvi le uova) provocando in breve tempo gravi danni e la conseguente morte.
Dopo innumerevoli e purtroppo inutili tentativi messi in atto per debellare questo parassita, si scoprì che le radici delle viti americane erano resistenti alla Filossera.
Si decise così di innestare la vite europea (Vitis Vinifera) produttrice di vini di qualità, su piede (radice) di vite americana e dei suoi ibridi, resistenti agli attacchi
della Fillossera (metodo tuttora applicato) dato che queste viti, appartenenti alle varietà Vitis Labrusca, Vitis Riparia, Vitis Rupestris, Vitis Berlandieri, Vitis Aestivalis, Vitis Monticola e Vitis Amurensis, essendo varietà si presentavano non idonee alla vinificazione.
L’incrocio di delle viti selvatiche tra di loro o tra una vite americana e una europea, diede vita a delle specie, resitenti, come anzidetto, alla Filossera e che producevano dei frutti che permettevano di produrre dei vini per nulla disprezzabili e a volte molto piacevoli nel gusto.
Ed è proprio dall’incrocio di due diverse varietà di viti americane selvatiche, nello specifico, la Vitis Labrusca e Vitis Riparia che nasce il famoso Clinton o Grinton.

Il problema di questo vino è che una volta vinificato con i metodi tradizionali, si arricchisce di alcol metilico, sostanza che, se assunta in abbondanza provoca danni al nervo ottico e alla retina per le interazioni che provoca al sistema nervoso (ma sembra che bisogna berne veramente in grandi quantità).

Il Grinton è un vino unico, inconfondibile, dal gusto forte e particolare, profumatissimo, di color rosso molto intenso, cupo/violaceo.
E’ da dire che è difficile definirlo vino in senso stretto in quanto la sua qualità è abbastanza scarsa, la gradazione alcolica molto bassa (6-8° in volume) e la naturale conservabilità non va oltre l’inverno.
La massima diffusione di questo vitigno si è avuta verso gli anni 50-60, poi è andata progressivamente diminuendo, anche a causa delle proibizioni di vinificazione imposte dalla legge, anche se non è scomparso.

A Villaverla (VI) ci sono dei vignaioli nostalgici che continuano a produrre questo vino e che ogni anno danno vita alla Festa del Clinto, occasione unica per portare a conoscenza anche i più giovani di questi vini e di queste varietà di viti poco comuni.
La provincia di Vicenza ha addirittura assegnato la DE.CO.( Denominazione Comunale) al vino Clinto, da un’idea di Luigi Veronelli.

Non sono un’esperta di vini, tutt’altro, ma mi affascinano, e soprattutto mi piace scoprire varietà antiche, rare o quasi scomparse di frutta e verdure, che raccontano un po’ della storia delle nostre terre, dei nostri padri.
Certo il Clinto, e gli altri vini cosidetti “proibiti” vanno bevuti con consapevolezza senza esagerare, ma è anche vero che questi sono i precursori dei moderni “Vini naturali”, sono biologici naturalmente e ci offrono “vini” per nulla contaminati e contaminanti da agenti inquinanti.
Non posso che condividere le parole di Galdino Zara, patron dell’ osteria “Da Paeto” (Pianiga – VE) e tra i soci fondatori di Slow Food: “I vini della memoria ci tramandano un passato fatto di ricordi, di sentimenti semplici e forti, di un mondo contadino che rivendica la propria autenticità e il proprio territorio.”
E a me rivedere il “vin Grinton” mi ha fatto ritornare alla memoria quando con la nonna preparavo i “sugoli”, ovvero il budino d’uva, e in casa profumava tutto di mosto e spezie, sì perchè lei li faceva così, come piacevano al mio nonno:

SUGOLI DI NONNA IDA

Ingredienti
uva nera da vino (uva grinton, o merlot, o altra uva nera da vino)
zucchero
farina
chiodi di garofano (opzionale)
cannella (opzionale)

Procedimento
Sgranare l’uva e metterla in una pentola a cuocere. Quando avrà rilasciato il suo succo, passarla tutta al passaverdure (questo era il lavoro che odiavo di più fare!).
Mettere il succo in una pentola e per ogni litro aggiungere 2 cucchiai di zucchero e 80 gr di farina (dose per ottenere dei sugoli tipo una crema, se si vogliono più consistenti aumentare a 100 gr) e le spezie.
Attenzione a far sciogliere la farina senza formare grumi. Cuocere fino ad ottenere la consistenza di una crema pasticcera.
Versare in stampini o in un contenitore, far raffreddare e poi gustare.
Attenzione a non mangiarne troppi, danno una certa “turbolenza”.

Fonti: Gampiero Rorato “I vini proibiti” http://giampierororato.blogspot.it/2009/05/i-vini-proibiti.html
Galdino Zara “I VINI PROIBITI. OVVERO RITORNO ALLA NATURA” http://ilcoquinario.wordpress.com/2014/09/09/galdino-dice-i-vini-proibiti-ovvero-ritorno-alla-natura/

di Monica Crescente
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