Slow Wine 2016, Montecatini Terme.

Slow Wine 2016, Montecatini, Terme del Tettuccio. Città delle acque, location anomala per la presentazione dei vini di Slow Food. Che si voglia associare la purezza dell’acqua al tentativo di ristabilire una relazione più “pulita” con il vino ed il territorio? Forse, semplicemente l’occasione per gustarsi una splendida area termale dopo qualche ora di degustazione.

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Giornata estiva, di un anomalo fine ottobre Toscano, autunno che ha regalato alla Toscana una vendemmia superba. Scelta audace quella di proporre un evento per lo più all’aperto tra i colonnati delle Terme, audacia premiata da una giornata calda ed asciutta, perfetta per degustare i magnifici vini esposti. Superba è la location, gli ampi colonnati abbracciano i banchi di degustazione ineccepibilmente suddivisi per regione e numerati per azienda; una costruzione adiacente all’interno del parco, la Sala Regina,  ospita i vini delle aziende laddove non sia presente il produttore. Un elenco completo e una piantina dettagliata rendono agevole il percorso, il prezioso lavoro dei Sommelier Fisar fa il resto, i miei colleghi presenti dalle delegazioni di tutta la Toscana, con la loro simpatia e professionalità sono riusciti a trasmettere il senso e la passione in ogni singolo banco di degustazione.

Degustazione

All’apertura della manifestazione sono pronto per immergermi nei vini Slow d’Italia. Il mio peregrinare fra i colonnati vede la degustazione di una trentina di vini di quasi tutte le regioni. In un panorama di circa seicento aziende e un migliaio di vini è veramente difficile selezionare cosa assaggiare, ma quanto basta per attraversare il bellissimo panorama vitivinicolo italiano.

La Ribolla Gialla 2007 di Josko Gravner, gli americani li chiamano Orange Wine. Macerato in anfore interrate e ivi ulteriormente affinato per cinque mesi, trascorre in botte altri sei anni. Pensare sia un bianco è riduttivo; avvolgente e complesso. Tecnicamente parlando, non il modo migliore di cominciare una degustazione, ma la poesia di questo vino è sicuramente quello che ti invoglia maggiormente.

Cantina Terlano, A.A. Bianco Grande Cuvee 2012, Pinot bianco, Chardonnay e Sauvignon, ottima complessità su un palato vellutato. Al confine con la Slovenia il Collio Friulano 2014 Schiopetto, grande mineralità e freschezza. Il Friuli Isonzo Rive Alte Chardonnay Ciampagnis Vieris 2013 di Vie di Romans, fine ed elegante. Il Lis 2012 di Lis Neris, uvaggio di Sauvignon, Pinot Grigio e Chardonnay, dove ancora domina il Sauvignon. Ho l’opportunità di assaggiare anche l’annata 2006, ed allora l’uvaggio risulta di un’eleganza decisamente superiore.  Il Nekaj 2011 di Damijan Podversic, vinificato sulle bucce è uno stupefacente Friulano lasciato riposare 36 mesi in botti di rovere. Intensità e complessità di aromi lo rendono davvero unico. Assolutamente da provare.

Lungo balzo verso sud, mi concedo un tour nella mia regione e mi soffermo sul Fiano di Avellino Béchar 2014 di Antonio Caggiano, frutta bianca e nocciole, ottima espressione del Fiano Irpino. Da qui come non passare all’ Exultet 2013, il Fiano di Quintodecimo. I territori di Lapio ma soprattutto Luigi Moio non deludono mai. Un vino intenso e complesso, frutta bianca ed erbe aromatiche, ottimo bilanciamento di sentori, morbido e freschissimo. Un vino che ha ancora una lunga storia da raccontare, per chi avrà l’accortezza di preservarlo.

Salto decisamente ad Ovest, Sardegna, Arzachena. Non posso mancare il Capichera 2013 di Mario e Fabrizio Ragnedda, un Vermentino giustamente definito “un vero capolavoro”.

Resto ancora sulle isole e decido di provare il Pietramarina 2012, Etna Bianco Superiore di Benanti. Acidità finezza ed eleganza lo descrivono piuttosto bene, si conferma un grande esempio.

Ho purtroppo saltato tante espressioni di grandi bianchi italiani, penso alla Liguria ed alle Marche,  ma il tempo scorre ed è tempo di rossi. Comincio dal profondo sud, dalla famiglia Tasca, per assaggiare il loro Contea di Sclafani, Riserva Rosso del Conte 2010, Nero D’Avola e Perricone da vigne ad alberello del 1954.

Un veloce salto da Ovest ad Est e sono di nuovo a mille metri, sull’Etna, da Frank Cornelissen, Magma 2013, Nerello Mascalese in purezza, follature manuali e nessun solfito aggiunto, diciotto mesi in anfore smaltate; assolutamente da provare.

Attraverso il Tirreno e sono nelle Barbagie, luoghi e me cari. Barrosu 2013 del simpaticissimo Giovanni Montisci a Mamoiada. Il suo Cannonau stupisce per un’eleganza non comune in questi vini. I sentori di macchia mediterranea sono affascinanti.

Continuo a saltellare tra i punti cardinali ed un gentilissimo quanto affabile Luigi Carpentiere mi racconta di quanto sia importante preservare territorialità e riconoscibilità delle nostre produzioni, Castel del Monte Rosso, Pietra dei Lupi 2012, Nero di Troia in purezza, vigne sui calcari a 450 metri di quota, affinamento non invasivo in tonneaux di rovere, ottima espressione del territorio dell’Alta Murgia Pugliese. Piccola parentesi per non farsi sfuggire l’unica DOCG rosata italiana, il Castel del Monte Bombino Nero Primaluce 2014, dieci ore sulle bucce, freschezza ed eleganza, rosa, ciliegia e mineralità, per una tipologia che in Italia dovrebbe ricevere maggiore attenzione.

Torno in Campania, nel Cilento di Luigi Maffini, uomo di grande energia e carattere, ciò di cui necessita l’enologia campana. Anche Luigi è convinto della necessità di rivalutare territori e territorialità e mi fa assaggiare il Kleos 2012,  ottimo Aglianico cilentano in purezza.

Salgo verso il centro Italia, da Umani Ronchi, per me sempre una certezza, Conero Riserva Campo San Giorgio Riserva 2010, grande acidità ed ottimi tannini. Elegante.

Il tempo scorre, un rapido passaggio in Toscana per non mancare il Brunello di Montalcino Riserva 2009 Stella di Campalto, fine ed elegante. Risalgo ancora e mi affaccio in Valpolicella, Allegrini, Palazzo della Torre 2012 e quindi Bertani con Original Vintage Edition 2012, vinificazione da antica ricetta aziendale e con l’elegante Amarone Valpolicella Classico 2007.

I miei colleghi fiorentini mi portano nel mondo delle Langhe con il Ceretto Barbaresco Asij 2012 ed il  Barolo Zonchera 2011. L’elegante Barolo Rocche di Castiglione 2011 Brovia e il Barolo Cannubi  2011 di Giacomo Brezza, decisamente convincente nei fruttati e nei morbidi tannini.

Ora sono in Valtellina, per il Valtellina Superiore Sassella Ultimi Raggi 2007 di ArPePe, da uve leggermente passite. Un vino intenso e complesso, elegante, grande acidità e lunga piacevolezza.

Tempo di chiudere, peccato. Come non correre nuovamente nel cuor del mediterraneo, estremo ovest, per assaporare due splendide creazioni: il Marsala Vergine 1988  Marco de Bartoli che il figlio Renato mi racconta con l’emozione di chi ha completato il lavoro del padre iniziato più di venticinque anni fa, un grandissimo Marsala. Il Passito BenRye edizione limitata 2008 di Donnafugata, dalla magnifica isola di Pantelleria. Come lo definisce la guida Slow Wine 2016 “monumentale ed appagante” come lo è stata questa stupenda giornata tra i colonnati delle terme.

Montecatini-Terme

Tantissima partecipazione di un pubblico realmente appassionato, pochissimi i turisti in cerca di facili bevute.

Slow food è sulla strada giusta, nuova tendenza tra le guide enologiche che spero resti consolidata anche per il futuro. Lasciamo i punteggi al mondo anglosassone per apprezzare invece la complessità e la bellezza del lavoro che serve a costruire una grande bottiglia, perchè dietro un grande vino c’è una vigna ed un territorio, dietro un grande vino c’è un lavoro consapevole, la ricerca di una integrità territoriale che il nostro paese è in grado di esprimere.

Oggi siamo i primi produttori mondiali per quantità, oggi possiamo essere capaci di essere primi anche nella qualità, come molte espressioni presenti qui a Slow Wine 2016 dimostrano.

La differenziazione territoriale, le varietà autoctone che ci caratterizzano e la grande passione possono fare la differenza.

di Massimo Amoroso

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