La fermentazione…..questa sconosciuta!

Chi di noi non ha mai usato la parola fermentazione?

Scommetto tutti, chi per un motivo, chi per un altro, sicuramente ha usato questo termine senza sapere quale meraviglioso mondo chimico si celi dietro tutto ciò.

Infatti quando si pensa a questa parola, nella stragrande maggioranza delle volte si immagina sempre a qualcosa che sia andato a male, che si sia perso, che emani cattivo odore o produca addirittura vita, come per esempio la formazione di vermi o di muffa.

Tutto verissimo, la fermentazione è anche questo, ma non solo questo

 Grazie ad essa consumiamo e gustiamo con piacere molti degli alimenti che spesso occupano una parte della nostra alimentazione e che molte volte nominiamo e guardiamo senza sapere che comunque derivano dal mondo della fermentazione.

Ebbene sì!!! “fermentazione” questo termine che oserei dire quasi schifoso all’apparenza, deriva dal latino “fervere“cioè ribollire.

Chimicamente è una reazione chiamata di ossidazione che può avvenire sia in assenza di ossigeno (anaerobiosi) o in presenza di ossigeno (aerobiosi) dove questi microrganismi, grazie a degli enzimi, sfruttano “come loro cibo” i carboidrati e a volte aminoacidi per formare altri composti.

Volete un piccolo esempio di alimenti fermentati??? Bene eccovene qualcuno di comune reperibilità:

Birra, salsa di soia, yogurt, formaggi, aceto, pane e tanti altri.

 Ciascuno di questi comuni prodotti non esisterebbe se non esistessero i microrganismi e specificamente due in particolar modo: batteri e ceppi fungini, che in questo ambito sono chiamati con la sottoclassificazione di lieviti e muffe.

Detto così si può pensare che siano pochissimi, e invece sono decine, centinaia, migliaia e milioni di esseri viventi microscopici, appartenenti ad un mondo così invisibile senza i quali forse la nostra stessa vita non potrebbe esistere.

E’ proprio grazie a loro che possiamo ottenere tutte queste delizie!

Ogni prodotto infatti, nasce grazie ad una specifica specie di alcuni microrganismi, capaci di partire dalla trasformazione di determinate sostanze per arrivare alla formazione di altre.
Certamente non tutte le sostanze prodotte sono sempre commestibili, anzi spesso e volentieri, se le fermentazioni non vengono controllate, si possono creare composti molto tossici e addirittura mortali.

Noi ci soffermeremo a capire, quali sono i microorganismi e le sostanze benefiche che possono essere tranquillamente mangiate.

Un primo esempio possiamo farlo proprio partendo da una delle sostanze più comuni, consumate e usate anche in cucina l’alcool.

Questa sostanza genericamente chiamata così, ha un suo vero nome chimico “etanolo” o “alcool etilico” che è il componente principale di Vino, Birra, Grappa, Liquori e tanto altro.
Questo composto nasce proprio da una fermentazione, che dal punto di vista industriale è una delle più importanti al mondo:

la fermentazione alcolica

Vediamo di spiegare e capire nel modo più semplice come e cosa avviene.

In particolar modo per il vino, immaginate grandi contenitori in metallo (fermentatori) contenenti il liquido derivante dalla pressatura dei chicchi d’uva (il mosto), a cui vengono aggiunti i lieviti.

Questi microrganismi all’inizio della fermentazione si riproducono finché c’è ossigeno a disposizione, ed usano gli zuccheri e altre sostanze contenute nel mosto, fino a quando non termina tutto l’ossigeno presente.

Termina, così, la fase detta “aerobica”.

Questa avviene prevalentemente in superficie e per più tempo, visto che è a contatto con l’aria.
All’interno del mosto, invece, l’ossigeno termina presto perché è giusto quello che, pochissimo, è rimasto intrappolato nella fase di pressatura.
Per questo, all’interno della massa del mosto, la fermentazione anaerobica inizia praticamente subito, ed è quella che poi porta ad avere come prodotto proprio l’alcool etilico di cui parlavamo prima.

Ovviamente il tutto avviene in modo molto complesso che non starò qui certo a spiegarvi per non complicare il tutto, ma sappiate che comunque prima di arrivare alla formazione finale dell’alcool, si formano tante sostanze intermedie e fondamentali per il processo;

infatti come vi abbiamo riportato qui sotto, nel processo molto schematico, troverete a fine reazione l’alcool in quantità predominante, poi l’anidride carbonica e molti prodotti secondari che, anche se non citati, non bisogna sottovalutare…infatti sono soprattutto loro che danno sapori e aromi differenti alle varie qualità di vini.
Questa prima reazione chimica (fermentazione alcolica) porta alla produzione di etanolo (alcool) partendo dai glucidi (zuccheri) grazie all’uso di una specie di microrganismi chiamati comunemente Lieviti, appartenenti alla divisione degli Ascomiceti ed alla classe dei Saccaromiceti (sono circa 1.300 individuati fino ad oggi, e prendono il nome dal fatto che, come input, utilizzano prevalentemente zuccheri disaccaridi), il tutto in assenza di ossigeno.

La reazione si divide in due principali fasi:
nella 1° fase i Lieviti dividono al loro interno gli zuccheri disaccaridi in zuccheri monosaccaridi grazie ad una serie di enzimi;
nella 2° fase invece avviene la formazione vera e proprio dell’alcool partendo dagli zuccheri semplici ottenuti nella 1° fase.

In modo schematico ma molto rudimentale si può sintetizzare in questo modo:
Zuccheri −−→ Alcool + Anidride Carbonica + prodotti secondari.

A fine fermentazione, i lieviti sono recuperati per filtrazione e l’etanolo (l’alcool) viene separato per distillazione.
Questa fermentazione è una delle più antiche, basti pensare che durante la civiltà dei Sumeri e degli Egizi già veniva usata per la produzione di vino e birra.
Ovviamente le fermentazioni possono essere varie e influenzate da vari fattori, tra i quali in primis abbiamo le specie di microorganismi che usiamo; nel caso del vino sono di base i Saccharomyces Cerevisiae e Kloeckera Apiculata, però ogni enologo ha una sua “miscela segreta” di fermenti di vario tipo in aggiunta. Poi la qualità e la specie d’uva impiegata, la temperatura e il pH importantissimi, la pressione e i tempi.
Questi fattori sono fondamentali per le rese e le caratteristiche organolettiche finali del vino.
C’è da fare però una precisazione, nella produzione del vino non avviene proprio la prima fase descritta sopra, perché nell’uva (punto di partenza per la produzione del vino) gli zuccheri sono già nella forma semplice (glucosio e fruttosio), mentre quando si parte dal malto, l’orzo, grano etc… essendo questi formati principalmente da amidi (24 molecole di carbonio variamente composte in funzione se è amilosio o amilopectina, ad esempio), essi devono essere divisi in molecole più semplici, i disaccaridi in primis (12 molecole di carbonio. Lo zucchero semolato che usiamo per il caffè, il saccarosio, è uno di questi).
Un esempio pratico su tutti si ha nella produzione della Birra.
E’ importante specificare che noi abbiamo parlato di fermentazione alcolica dalla quale otteniamo alcool, che è la base principale di tutte le bevande alcoliche. Per ottenere però le diverse qualità di bevande alcoliche, bisogna utilizzare per ciascun prodotto ingredienti in input diversi per es. cereali, orzo, canna da zucchero e specie di microrganismi diversi.
Un altro comune esempio di fermentazione alcolica avviene nel pane; questa reazione viene sfruttata per la lievitazione.
Infatti il gas che si forma durante la reazione (anidride carbonica) permette la lievitazione; stessa cosa nei dolci anche se, come materiale di substrato, a farne le spese è più il saccarosio che gli amidi.

Un altro comune esempio di fermentazione è quella che porta alla formazione dell’aceto (acido acetico) e non l’abbiamo scelta certo a caso come seconda reazione, ma c’è un motivo che adesso vedrete….
Come nella fermentazione alcolica, dove avevamo il mosto come base di partenza, anche qui abbiamo una base di partenza ed è direttamente l’alcool (alcool etilico) di cui abbiamo parlato poco fa. Ebbene si, perché se noi non fermassimo la reazione precedente, molto probabilmente avremmo la formazione di aceto (acido acetico). Infatti quasi tutti sapranno che quando il vino va a male puzza di aceto….
Come abbiamo detto prima, per ogni fermentazione, ci sono materiali e microrganismi diversi; in questa fermentazione infatti si usano dei Batteri (Acetobacter). Questi microrganismi a differenza di quelli precedenti, vivono solo in presenza di ossigeno e lavorano anche in ambiente particolarmente acido.

La loro caratteristica principale è proprio quella di trasformare (ossidare) l’alcool (etanolo) in aceto (acido acetico).
Alcool + Ossigeno −−→ Aceto

Anche in questo caso la reazione è complessa e si formano altre sostanze prima di arrivare alla formazione di aceto.
Va inoltre sempre ricordato che, anche in questo caso come tutte le reazioni, sono importantissime le condizioni di pH, temperatura, pressione acidità etc….
Ovviamente qui abbiamo parlato di aceto riferito all’aceto comune semplice, ma come molti sanno esistono molti tipi di aceto, il balsamico, il fruttato, l’aromatizzato…quello che cambia è l’aggiunta o il punto di partenza.
Ad esempio per il balsamico, si parte dal mosto d’uva ma con la particolarità che è quello cotto; per quello fruttato si parte dalla spremitura di succhi derivati da frutta sana e fresca; per quello aromatizzato si aggiungono erbe aromatiche o spezie, anch’esse selezionate.
Inoltre l’acido acetico è usato anche come materia prima per la produzione di materie plastiche, prodotti farmaceutici, coloranti, insetticidi ed anche tessuti (vi ricordate le prime tute da ginnastica “acetate”?).

Un altro comune esempio di fermentazione è quella grazie alla quale otteniamo il buonissimo yogurt.
Lo yogurt è un alimento che, come ben tutti sanno, deriva dal latte, che può essere di ogni genere, anche se oggi il più usato è quello di latte vaccino e si forma proprio dalla FERMENTAZIONE controllata di esso, grazie ad altri due microrganismi che sono principalmente il Lactobacillus bulgaricus lo Streptococcus thermophilus.
Durante questo processo, questi microrganismi dividono lo zucchero contenuto nel latte (lattosio), che non è uno zucchero semplice, in due zuccheri semplici, cioè il glucosio e il galattosio.

Lattosio −−→ Glucosio + Galattosio

Anche la produzione di yogurt avviene in grandi recipienti (fermentatori) a determinate condizioni di temperatura, in questo caso a 45°C e a determinati valori di pH.
Lo yogurt confezionato che si ottiene e vende nei vasetti, è un prodotto molto delicato e va conservato ad una temperatura di circa 4°C e per un tempo inferiore ai 30 giorni.
Proprio sul tempo di conservazione c’è da fare una precisazione importante, prima si mangia meglio è!!! Infatti il freddo rallenta notevolmente la fermentazione ma non la blocca; infatti se si va oltre un certo tempo, lo yogurt avanza con la fase di fermentazione e vi garantisco che diventa immangiabile.
Data quindi la peculiarietà dell’azione di lisi, di scissione del lattosio da parte di questi fermenti lattici, lo yogurt può quindi essere usato anche da chi presenta intolleranza al lattosio.
Oggi facendo frutto del positivo riscontro nell’utilizzo dei fermenti probiotici in campo medico, alcuni produttori di yogurt hanno iniziato ad aggiungerli ai loro prodotti.
I fermenti probiotici, a differenza del Lactobacillus bulgaricus e dello Streptococcus thermophilus, riescono a sopportare indenni l’acidità dei succhi gastrici, a sopravvivere ed a riprodursi nel tratto gastrointestinale.
Essendo batteri normalmente presenti nel corpo umano, essi riescono a riportare la flora batterica intestinale ad una condizione di normalità, nel caso quest’ultima sia stata compromessa a causa di cure antibiotiche, stress o da alimentazione scorretta (si parla in questi casi di disbiosi). I fermenti probiotici agiscono positivamente sulla digestione, prevenendo infezioni intestinali ed aggressioni da parte di funghi, rafforzando il sistema immunitario; producono le batteriocine, i cosiddetti “antibiotici naturali”.
I principali fermenti lattici aggiunti nel processo di fermentazione sono: Lactobacillus acidophilus, Lactobacillus casei, Lactobacillus lactis, Bifidobacterium bifidum.
Anche questi fermenti possono quindi essere assunti da individui intolleranti al lattosio, perché non contengono lattosio, se non come eccipiente, ma provvedono solamente a digerirlo.

di Cristiano D’Andrea e Marco Lungo

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