A La Cantina dei Mille, la stupefacente pizza di Carlo Sammarco

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Pian piano, piazza Garibaldi a Napoli sta uscendo dal bozzolo dei lavori per la metropolitana, con un lato completamente pedonalizzato, sul quale a ragione i ristoratori prendono spazio con i loro tavolini.

Ed è in questa passeggiata dai treni al corso Umberto che qualsiasi viaggiatore ha la possibilità di fare subito una conoscenza diretta e potente con l’arte della pizza.

Per chi poi  napoletano lo è, sembra veramente incredibile se non assurdo riuscire a scoprire una pizza sensibilmente più buona delle altre, nella quale il connubio tra artigianato, scienza e tecnica produce un risultato che sposta i parametri della qualità parecchio in avanti.

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Tutto questo, sia il viaggiatore al suo primo impatto col piatto simbolo di Napoli, che il partenopeo doc ben avvezzo alle varie fatture dei pizzaioli ai piedi del Vesuvio, possono trovarlo a La Cantina dei Mille, grazie a un giovanissimo e abilissimo Carlo Sammarco, promessa stramantenuta e ormai garanzia acclarata in fatto di pizza.

Che cosa fa Carlo Sammarco meglio delle mie parole lo dicono le immagini.

I capisaldi della pizza napoletana, la sofficità, l’aria nell’impasto, la leggerezza, nonché la bontà intrinseca degli ingredienti, non solo sono rispettati, ma addirittura spinti fino al loro limite.

Sin dall’impasto, infatti, Carlo sa osare con le leggi della fisica, e infatti sui social lui stesso scherza, rivolgendosi alla pasta con frasi come staje chiena d’acqua o d’aria.

Non è neanche più definibile idratazione, qui siamo alla pura osmosi, la chimica dell’impasto tirata fino al limite oltre il quale farina e acqua non riuscirebbero a legare e a tenersi insieme senza dilagare.

Quest’amalgama Carlo la fa lievitare, maturare, riposare, e prima di almeno diciotto ore non se ne parla proprio di toccarla, anzi, lo standard è l’intera giornata.

La pasta, quando è pronta per essere stesa, si presenta come un cimento, anche per il più esperto dei pizzaioli.

La quantità d’acqua ai limiti del proibitivo spingerebbe chi stende la pasta ad assecondare la richiesta di farina del panetto.

Ma Carlo non si fa impietosire, no, non ne avrai di altra farina, altrimenti rovineremmo tutto il processo.

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Invece, la stesura sarà attenta, fatta di pochissimi colpi, giusto lo spostamento dell’aria sul bordo, poi dopo la concia, sulla pala per infornare, l’ultima allargata afferrando i lembi.

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Se poi si ha la fortuna del forno libero, nel quale Carlo ha appena infilato un tocco di legno, allora si raggiunge l’ideale, perché questa è una pasta che ha bisogno della botta, così il cornicione non è che si gonfia, ma s’inorgoglisce, non è che cresce, ma s’atteggia, è quasi prepotente il modo in cui si alza, e non verrà più giù, non c’è coltello a schiacciare che tenga, forte dell’aria calda che lo anima.

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Quando lo spezzi con la mano, si rivela un intrico di gallerie dove circola quella leggerezza che trasformerà persino la digestione di questa pasta in un’esperienza estatica.

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Sicuramente il cliente napoletano lo sa, mentre all’avventore appena sceso a Napoli Centrale è il caso di sottolinearlo: questa maculatura a punti neri e non a strisce la pizza la fa soltanto se la pasta ha maturato fino a che lei stessa non si stanca e chiama il pizzaiolo dicendogli neh, ma me vuo’ tira’ fore ‘a lloco ddinto?

E quando l’involucro di pasta somiglia al manto del leopardo, chi la mangia può stare sicuro che questo cibo sublime sarà una piuma per la sua digestione.

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Scelte precise, nel rispetto della tradizione, con una marinara che veramente è tra le prime tre del capoluogo, non la si può definire che imbattibile.

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Nel solco della genuinità la selezione dei prodotti, dal pomodoro San Marzano al fior di latte di Agerola, che sono la base immancabile di tutte le altre combinazioni.

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Carlo gioca con le combinazioni, si fa ambasciatore del piennolo rosso e soprattutto di quello giallo, che si esalta in questo capolavoro che è la cucozza, con la zucca, la provola dei Lattari e il provolone del Monaco a rasentare la perfezione.

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Nella genuina il supporto vincente è dato dal cacioricotta del Cilento presidio Slow Food, che conferma l’occhio attento alle eccellenze territoriali senza tuttavia appesantire coi prodotti ricercati, solo per il gusto di stupire, perché la pizza deve conservare una sua semplicità di fondo.

E infatti, ci metti questo, ci metti quello, ma qui a La Cantina dei Mille, con la pizza di Carlo Sammarco, è sempre l’impasto a fare da protagonista assoluto.

Tutto fatto da mani giovani, eppure già ben più che esperte nel calcolare e dosare acqua, farina, lievito, sale e tempo.

Bel biglietto da visita per chi si fa portare in città dal treno, oltre alla pizza a La Cantina dei Mille anche una cucina di solida tradizione – i Sammarco hanno questo locale da più di quarant’anni – per un’esperienza di gusto da vivere in puro spirito partenopeo, con levità, cordialità, e conto leggero, come la stupefacente pizza del giovane e bravissimo Carlo Sammarco.

La Cantina dei Mille
Piazza Garibaldi 126
80142 Napoli
Tel. 081 283448
Sempre aperto

di Sergio Cima

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