A quattro mani: Sushi & Tapas
- diTestadiGola
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Quando ci si avvicina al Rocío sembra un qualsiasi tapas bar di Malaga, la capitale della Costa del Sol in Andalusia.
Ma la cucina dello chef stellato Juan Bautista García Martín e del maestro giapponese di sushi Masao Kikuchi è unica.
E così sono anche i prezzi.
Volevo capire perché due cuochi di successo decidono di concentrarsi su tapas e sushi a portata di tutti!
Il primo indizio di ciò che rende il Rocío unico come tapas bar consiste nell’odore di cucina fuori la porta della stessa.
Qui, dove i tavoli sono impilati nell’orario di chiusura e la porta della cucina è socchiusa, non ci sono aromi meridionali di olio d’oliva che sfrigola, di aglio o pomodoro.
Come entro nella cucina che assomiglia ad una cambusa, invece, cammino in un miscuglio di odore di olio di sesamo, limone e prosciutto iberico.
“Non si tratta di un menu fusion”, dice Juan Bautista García Martín stringendomi la mano. “A me sembrerebbe irriverente. E’ un doppio menu.”
Incontro nella cucina rivestita di scaffali, attrezzature su ganci, fornelli ed ingredienti, Juanma e Carmen, entrambi ventenni, e Masao Kikuchi, 79 anni, uno dei pochi maestri di sushi addestrati in Giappone che lavorano in Spagna.
Sia lui che Juan Bautista preparano un menu separato attenendosi alla propria cultura del cibo.
Tra i tapas estivi di quest’anno trovo un “ajo blanco” (un gazpacho bianco di mandorle con pasta di mela cotogna, pinoli, pasta di Pedro Ximénez e agar-agar e gelato di litchi).
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Sul menu sushi c’è una pancetta iberica con senape giapponese, polpo con saké ed insalata Hijiki di alghe e funghi condito con olio di sesamo tiepido.
Dopo i clienti ordinano ciò che gli piace, spesso da entrambi i menù.
Il Rocío nasce dall’amicizia, dalle circostanze e dalla crisi economica.
Masao, Juan Bautista e sua moglie María José si sono incontrati mentre lavoravano al Gran Guadalpín, un albergo di lusso a Marbella.
Juan Bautista stava a capo del suo ristorante stellato spagnolo mentre Masao, il quale arrivò a Marbella attraverso la cucina del palazzo imperiale dell’Imperatore Hirohito, gli “Hilton” di Dubai e degli Emirati Arabi Uniti e varie altre fermate in cucine rinomate, si occupava del ristorante giapponese della struttura.
Poi arrivò la recessione.
Alla fine del 2009 María José era disoccupata ed iniziò ad aprire un tapas bar in proprio in un quartiere di Malaga dove i fitti erano abbordabili.
Juan Bautista trovandosi qualche mese dopo nelle stesse condizioni la raggiunse.
Non molto dopo arrivò pure Masao.
All’inizio lavorarono 18 ore al giorno elaborando piatti “molto molto economici” come sostiene Juan Bautista.
Un hamburger di anatra servito con cipolle cotte nel porto e senape con erbe, grande successo del locale, aiutò da solo a pagare il fitto.
Ne hanno serviti più di 100.000 piatti. (“E’ sottostimato”, aggiunge Juan Bautista).
Quando si poterono permettere una sede più grande si sono trasferiti all’angolo dove oggi si trova il loro locale con 40 posti ed aprirono solo di sera.
“Voglio vedere crescere i miei figli”, spiega Juan.
Questa è un impresa familiare ma in un certo senso abbraccia i suoi clienti.
“Vogliamo che tutti si possano permettere di mangiare bene da noi”, dice Juan.
“Molti piatti non sono poi così differenti da quelli che Masao ed io preparavamo a Marbella ma costano molto meno di quello che costavano lì.”
Celebrando quest’anno il quinto anniversario, il Rocío offre, adesso, per la clientela più esigente, anche alcuni piatti coraggiosi e un po’ più costosi che Juan Bautista descrive come “per quelli che non se ne importano di sedersi sulle sedie dure”.
I suoi anni lavorativi trascorsi in una cucina basca a Zuberoa con lo chef Hilario Arbelaitz hanno lasciato un segno nella sua enfasi per i prodotti locali: vongole, tonno bianco, capretto, formaggi di capra e coda di bue – il tutto servito a secondo della stagionalità.
Le sue idee, invece, provengono da un altro campo.
Per ogni piatto andaluso come per esempio la zuppa “ajo blanco” o la più densa “porra antequarana” c’è un abbinamento proveniente da un’altra cucina come i ravioli di fagiano con funghi selvatici e purea di patate dolci.
Per accompagnare questi piatti ci sono parallelamente due liste di vini: sei tipi di saké e sei vini spagnoli partendo dai nuovi “tintos” (rossi) dell’Andalusia come dal Pasos Largos di Ronda al bianco Godello.
Malaga può sembrare un posto strano per un’avventura così particolare che appare più creata per i clienti locali colpiti dalla crisi economica che per i turisti.
Ma quando vi fate una passeggiata intorno al mercato centrale di Atarazanas o camminate lungo la Playa del Dedo, al margine est della città, vi rendete conto che il ristorante in quel posto lì ha un senso.
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Nella maggior parte dei villaggi turistici le specialità a base di pesce come il granchio stufato o il “suquet” (una specie di zuppa di pesce) catalano o valenciano, le anguille della Galizia o la paella mediterranea non costano poco.
Ma qui a Malaga le cose sono diverse.
I piatti locali a base di pesce come gli “espetos” di sarde infilate su un bastone per essere grigliate verticalmente su una brace fatta di legno di olivo o il “pescaito frito” non costano più di Euro 15,00 a testa.
E questi piatti non sono serviti in ristoranti ma nei “chiringuito”, nei chioschi sulla spiaggia o all’angolo.
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Questi posti, che godono di grande popolarità e che si sono sviluppati intorno alle vecchie tradizioni del porto e della pesca, sono tornati di moda con la crisi economica e come afferma Juan Bautista “avremo potuto cercare di fare più cachet ma non abbiamo voluto farlo”.
Negli anni dal lancio del Rocío nel 2010 molti altri chef stellati hanno messo le loro mani sulle tapas: Sergio Arola, Paco Roncero e Albert Adrià, il fratello di Ferran de “El Bulli”, giusto per elencarne qualcuno. Il tapas bar di Adrià a Barcellona, si chiama “Tickets”, ed ha ottenuto una stella Michelin. Ma c’è una grande differenza: si pagano 100 Euro a testa lì mentre al Rocío si può mangiare e bere bene con 20 Euro.
Juan Bautista spiega che il suo stile viene dalla sua esperienza basca e dai valori del cibo che condivide con Maeso.
“La cucina giapponese è, come il cibo basco,”, commenta Yumi Oyama, la guida culinaria di San Sebastian, “un culto per la natura, e il risparmio fa parte di questa.
Anche in altre parti della Spagna questo concetto potrebbe funzionare bene, ovunque vi sia la qualità del prodotto quotidiano come le sarde di Malaga.”
“Sono un discepolo di Masao”, concorda Juan. “Imparo lentamente da lui.”
Ma la visione delle tapas come una cultura che va oltre il cibo è quello che dà al Rocío il suo stile particolare.
“La chiamerei tapería”, dice Juan Bautista. “Una specie di cultura “desenfadado” (disinvolta, n.d.t.) – svelta, disinibita, alla mano.
La gente viene per mangiare ma anche per ridere, parlare e per dimenticare i suoi problemi.”
Al momento non ha il desiderio di tornare a cucinare in un locale più elegante: a lui piace l’idea di cambiare il menu e di vedere i clienti creare il proprio menu di degustazione.
Mentre Juan Bautista ed io parliamo Masao lavora in silenzio.
Sta assemblando un’insalata Hijiki.
Sta girando delle alghe in olio di sesamo caldo.
Sta cuocendo a vapore della pancetta iberica.
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Nelle sue rarissime interviste gli piace citare una frase preferita: “La mano è più importante del coltello.”
I due chef tengono da parte i coltelli e dividono dei compiti eseguiti con le mani.
Come Juan Bautista finisce di parlare lui raffredda e condisce il riso per il sushi a mano, una cosa che ha imparato da Masao.
A questo punto, forse, si può ricordare che il Rocío è fatto da quattro mani ed un incontro di menti.
Rocío, C Francisco de Cossio 10, 29004 Malaga. Aperto lun-sab 20.30-23.30. 652-441209. Prenotazione obbligatoria. Circa 15-30 € a testa.
Per la Playa del Dedo, prendendo il bus no 3 dal centro, oppure con la macchina prendendo la strada sulla costa (A7) verso Almerá uscendo all’uscita El Palo.
I bar, i ristoranti ed i chioschi sulla spiaggia (chiringuotes) sono aperti da pranzo fino a tarda sera 7 gg. la settimana da maggio a settembre e nei fine settimana da ottobre ad aprile.
Mercado de Atarazanas, C Atarazanas s/n. lun-sab dalle 8.30 alle 15.00.
di Vicky Hayward
(tradotto da Petra Leja)
Testo originale
FOUR HANDS: SUSHI & TAPERÍA
As you approach the Rocío it looks like any tapas bar in Malaga, the capital city of the Costa del Sol in Andalusia. But the cooking here, by Michelin-starred chef Juan Bautista García Martín and Japanese sushi maestro Masao Kikuchi, is unique. So, too, are the prices. Here’s what I wanted to find out: why do two such successful cooks decide to focus on tapas and sushi affordable to everyone?
The first clue to what makes the Rocío unique as a tapas bar comes in the cooking smells outside the kitchen door. Here, where tables are left stacked up outside opening hours and the door is ajar, there are no southern aromas of frying in olive oil, garlic or tomato hanging in the air. Instead, as I head into the galley-like kitchen, I walk through a subtle mix of sesame oil, lemon and Iberico ham.
“It’s not a fusion menu,” Juan Bautista García Martín says quickly, shaking my hand. “For me that would feel irreverent. It’s a double menu.”
Inside the kitchen, lined with shelves, equipment on hooks, stoves and ingredients, I meet Juanma and Carmen, in their twenties, and Masao Kikuchi, aged 79, one of the few Japanese-trained sushi masters working in Spain. He and Juan Bautista each cook a separate menu from their own food cultures. Among this summer’s tapas is an ajo blanco, or white almond gazpacho with quince paste, pine kernels, Pedro Ximénez agar-agar noodles and lychee ice-cream. On the sushi menu are Iberico pancetta with Japanese mustard, octopus with sake and a Hijiki salad of seaweeds and mushrooms dressed with warm sesame oil. The clients then order what they like, often ordering from both menus.
The Rocío grew out of friendship, circumstances and the economic crisis. Masao, Juan Bautista and his wife María José met while working as cooks at the Gran Guadalpín, a luxury Marbella hotel. Juan Bautista headed up its Michelin-starred Spanish dining-room while Masao – who came to Marbella via Emperor Hirohito’s palace kitchen, the Hiltons in Dubai and the Emirates, and various other stop-offs – ran the Japanese restaurant. Then came the economic recession. By late 2009 María José found herself unemployed and began to set up her own tapas bar in tiny premises in a low-rent quarter of Malaga city. Juan Bautista, finding himself redundant a few months later, joined her. Masao quickly followed suit.
At first they worked for 18 hours a day, evolving “very, very, very economic dishes”, as Juan Bautista puts it. An early duckburger served with onion cooked in Port wine and herb mustard helped pay the rent: they have sold over 100,000 of them. (“That’s an underestimate,” adds JB.) Once they could afford a larger venue they moved round the corner to today’s small forty-seater dining-room and began to open evenings only.
“I want to see my children grow up,” explains Juan.
This, then, is a family business, but in an open-ended sense that embraces the clients.
“We want everyone to be able to afford to eat well here,” says Juan. “Many dishes aren’t so different from the ones Masao and I prepared in Marbella, but we charge a fraction of the price.”
Celebrating its fifth anniversary this year, the Rocío now offers a few more adventurous and pricy options for its gourmet clientele, who Juan Bautista describes as “the kind of people who don’t mind sitting on hard chairs”. His years working in a Basque kitchen, at Zuberoa, with the much-admired chef Hilario Arbelaitz, show in his emphasis on local produce: surf clams, butter fish, kid, goat’s cheeses and bull’s tail, each served in its season. But his ideas come from further afield. For every Andalusian dish, like Malaga’s ajo blanco or Antequera’s thicker tomato porra, there’ll be a sampling from another cuisine, like a winter sacchetti of pheasant with wild mushrooms and sweet potato purée. To go with these dishes there are parallel wine-lists too: six sakés and half a dozen Spanish wines ranging from Andalusia’s new tintos, like Ronda’s Pasos Largos, to a Godello white varietal.
Malaga may seem an unlikely place for such a quirky venture designed for local eaters hit by the economic recession rather than tourists. But the fit makes sense if you stroll around the central Mercado de Atarazanas, or walk down to the Playa del Dedo, on the city’s eastern edge. In most resorts seafood specialities like northern stewed crab, Catalan or Valencian suquet (fish stew), Galician elvers and Mediterranean paella don’t come cheap.
But here in Malaga things are different. The local fish dishes, sardine espetos skewered on canes for grilling vertically alongside glowing olive wood or deep-fried pescaito frito, do not need to cost you more than 15 euros a head. And these dishes are served not so much in restaurants as chiringuito beach kiosks and corner bars.
That popular scene, which grew around old port and fishing traditions, has come back with a buzz and huge popularity in the economic recession. “We could have looked for more cachet, but we didn’t want to,” says Juan Bautista.
In the years since the Rocío launched in 2010 many other Michelin-starred chefs have turned their hands to tapas: Sergio Arola, Paco Roncero and Albert Adrià, admired pastry-cook brother to Ferran of El Bulli, to name but a few. Adrià’s tapas bar in Barcelona, Tickets, has won a Michelin star. But there’s a big difference: you’ll pay a hundred euros a head there, while at the Rocío you can eat and drink well for twenty euros.
Juan Bautista explains that this style comes from his own Basque training and food values shared with Maeso.
“Japanese cooking, like Basque food,” comments Yumi Oyama, culinary guide in San Sebastian, “is at heart a reverence for nature, and economy with produce is part of that. Elsewhere in Spain it can work very well, too, wherever there is the quality of everyday produce, like Malaga’s sardines.”
“I’m Masau’s disciple,” agrees Juan. “I learn slowly from him.”
But his understanding of tapas as a culture that goes way beyond food gives the Rocío a special style. “I’d call it tapería,” says Juan Bautista. “A kind of desenfadado culture – agile, uninhibited, easygoing. People come to eat, but also to laugh, to talk, to forget their problems.”
Currently he has no desire to go back to cooking in a smarter dining room: he likes the chance to vary the menu and watch customers building their own tasting menus.
As Juan Bautista and I talk Masao works in silence. Assembling Hijiki salad. Tossing seaweed in warm sesame oil. Steaming Iberico pancetta. In his rare press interviews he quotes a favourite phrase, “The hand is more important than the knife.” The two chefs keep their knives apart, but they share tasks worked by hand. As Juan Bautista and I finish talking he dresses and cools the sushi rice by hand, a skill he learned from Masao. Perhaps, then, one might remember the Rocío as four hands and a meeting of minds.
Rocío, C Francisco de Cossio 10, 29004 Malaga. Open Mon-Sat 20.30-23.30. 652-441209. Reserve well ahead. About 15-30 € a head.
Playa del Dedo, bus no 3, from the city centre, or by car take the coast road (A7) towards Almerá and turn off for El Palo. Bars, restaurants and beach terraces (chiringuotes) open from lunchtime till late evening 7 days a week May-Sep and at weekends Oct-Apr.
Mercado de Atarazanas, C Atarazanas s/n. Mon-Sat 8..30am-3pm-ish.