A Roma, “l’ozio ristora”
Me la ricordo ancora la sensazione che provai quando vidi Roma per la prima volta, soprattutto la Roma delle periferie.
Erano le case, più ancora dei monumenti, a farmela sembrare un luogo magico e crepuscolare, da villeggiatura permanente.
Ora, per colpa dell’abitudine a vederla e rivederla, quella sensazione un po’ l’ho persa, ma ci sono ancora alcuni quartieri – con i loro enormi terrazzi incassati, i loro condomini che quasi si sviluppano più in orizzontale, e le loro insegne coi font anni ’60 – che continuano a darmi quella sensazione.
Uno di questi è Talenti, soprattutto all’altezza de Lo zio d’America, un complesso gigante – con caffetteria, tavola calda, pasticceria, enoteca e pure supermarket – che mi aveva sempre affascinato, per la sua quadrata imponenza, ma dentro il quale mai ero entrato.

Ora, dopo un profondo lavoro di ristrutturazione, al primo piano s’è installato un nome piacevolmente noto della ristorazione romana, quel Dino De Bellis che ha (quasi) sempre tenuto i piedi saldi in mezzo al territorio, riducendo gli svolazzi di molti suoi colleghi a delle semplici e controllate interpretazione dei fondamentali della cucina italiana, soprattutto romana.
Il locale si chiama L’ozio ristora: l’ambiente è ampio e molto bello, elegantemente informale, e può vantare una cantina piuttosto estesa, con alcune etichette di piccoli produttori (anche naturali) per nulla scontate (chiedete ad Emanuele Reali, un ottimo sommelier che saprà consigliarvi).

Impossibile assaggiare quasi tutto, perché le porzioni di Dino sono piacevolmente extra large, ma la sensazione complessiva è quella di una cucina che ricerca una non banale zona di comfort, quindi di piena soddisfazione per per la testa e… la gola! (Come la nostra testata insegna).
Le cose super sfiziose che ho preferito sono i prodotti da friggitoria (i falafel, le panelle, le crocchette di bollito), una pasta mista mantecata con gamberi (la cottura della pasta era da lode), una gricia aromatica con polvere di caffè (che forse, però, non si dovrebbe più chiamare gricia) e alcuni tagli di carne alla brace.

Dino è sempre dietro l’acquario della cucina, a guardarvi per capire se le cose vi sono piaciute, e questo è un gesto di cura che non è da tutti.


