A tavola con Silvano Agosti

Laura Riggio
A tavola con Silvano Agosti

A tavola con Silvano Agosti

Un viaggio tra parole, sapori e calici con chi fa cultura in Italia

Da adolescente attraversa in autostop l’Europa, il Medio Oriente e il Nordafrica.

Si diploma al Centro Sperimentale di Roma, vince la borsa di studio per frequentare l’Istituto di cinema di Mosca.

Nel 1965 co-sceneggia e monta “I pugni in tasca” di Marco Bellocchio.

Nel 1967 col suo primo film “Il giardino delle delizie” vince il Festival Internazionale di Pesaro.

Con il suo ultimo film “Ora e sempre riprendiamoci la vita” vince il “Nastro d’Argento” alla carriera.

Agosti ha scritto una ventina di libri, tra cui spiccano: “Il semplice oblio”, “L’uomo proiettile” “Il ballo degli invisibili” (Premio Grazia Deledda), “Uova di garofano”, “Il ritorno di Pinocchio”, “Lettere dalla Kirghisia” (Premio Books for Peace).

Silvano Agosti
Silvano Agosti

Il primo sapore che ricordi della tua infanzia?

La polenta, che mi stupiva perché nessun altro cibo veniva cucinato così a lungo.

Il tuo piatto “culto” per l’ispirazione?

La coscia del pollo al forno. L’unica carne che mangio ancora volentieri nonostante la scelta di diventare vegetariano.

Cosa non deve mai mancare sulla tua tavola?

L’acqua frizzante.

Il piatto che più ti rappresenta e perché?

Tagliatelle al sugo. La pastasciutta la prima apparizione di cibo desiderato e da me conosciuto solo dopo la fine della guerra.

Un cibo che per te è puro conforto?

Il gelato al limone e cioccolato.

Il tuo rituale preferito legato al cibo?

Trovarmi nell’angolo fresco di un parco.

Cibo e solitudine: un momento che ti appartiene?

La fame quando si è isolati e manca il cibo.

Il piatto da condividere assolutamente con chi ami?

Cuoricini di ravioli ripieni.

Un luogo (reale o immaginario) dove il cibo ha avuto un ruolo speciale nella tua vita?

Pesce appena pescato e fritto sul fornello di una barca con l’abilità di cottura che solo i pescatori hanno.

Se fossi un ingrediente, quale saresti?

Il pomodoro fresco di una caprese (pomodoro, mozzarella e basilico).

Un vino che ti ha emozionato e perché?

Il sidro di mele che ho scoperto da adolescente, grazie ad Amèlie una bella e soave ragazza francese, durante un viaggio in Bretagna. Mi ha emozionato perché oltre alla sua bellezza mi offriva il sidro di mele, bevanda a me sconosciuta, altamente gradevole a basso contenuto alcolico.

Con chi (vivo o immaginario) vorresti condividere un calice e cosa berresti?

Brinderei con un buon sidro di Cornovaglia insieme a William Shakespeare in ricordo dell’anno appassionato trascorso a tradurre i suoi 154 sonetti.

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Palermitana per radici e per scelta, ho attraversato mondi diversi con la scrittura come bussola: dall’arte alla musica, dalla scienza all’economia, raccontando ciò che muove il pensiero e l’emozione. Oggi il mio sguardo si posa sull’enogastronomia, che per me è un racconto sensoriale, fatto di memoria, identità e stupore. Ho viaggiato molto, osservato tanto, assaporato con lentezza. Scelgo i cibi come si scelgono le parole: cercando il legame invisibile tra il gusto e il ricordo, tra l’esperienza e il cuore.
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