Arriva "Foodini" la stampante 3d di cibo. Il tramonto della manualità e l'avvento del cyber food? Parliamone.

Sarà che comincio ad esser vecchio, sarà che a differenza della tecnologia tutto ciò che è nuovo nel cibo lo guardo con diffidenza, sarà che a mio avviso certe cose sono più buone se fatte a mano ma l’arrivo di Foodini mi terrorizza.

Mi spaventa che con il suo uso si possano perdere secoli di manualità acquisita e trasmessa, che possano scomparire consistenze e  sapori conseguenza di una lavorazione fatta in un dato modo, che si riduca la nobile arte del produttore e dello chef a ingegneria del cibo.

Sta di fatto che si è affacciata sul mercato l’ennesima trovata ed io già mi aspetto che a determinati livelli presto entrerà nelle cucine più famose del mondo con grande risonanza di chi scrive di cibo. Proprio ieri, 6 giugno 2015, il quotidiano spagnolo El Pais ha dato grande risonanza all’arrivo sul mercato della stampante 3d (Impresora in spagnolo) di cibo.

El-Pais

Al secolo meglio nota con il nome Foodini (crasi tra la parola Food e Houdini – nome del grande escapologo del secolo scorso) il nuovo ritrovato tecnologico promette miracoli nella “costruzione di cibo”. Si costruzione, perché fondamentalmente e di ciò che si tratta!

Qui il prodotto da realizzare viene progettato su un computer che elabora in base a complessi calcoli la modalità riproduttiva e la miracolosa stampante 3d rielabora il calcolo e realizza il prodotto desiderato. L’esempio riportato dall’autorevole testata nazionale spagnola è quello di un formato di pasta (definito erroneamente raviolo) ottenuto per addizione e non per sottrazione.

E qui i primi dubbi tecnici di chi riporta l’avvenimento. La ricchezza di un formato di pasta è dato dalla sua “cartella” ossia dallo spessore e dalla pressione che gli è stata conferita dall’estrusione forzata dell’impasto attraverso la trafila. Per intenderci la consistenza di un rigatone ottenuto in maniera tradizionale non potrà mai essere la stessa che si avrà con un rigatone realizzato dalla stampante 3d Foodini.

Di contro, per leggi fisiche universali e difficoltà tecniche realizzative insormontabili, non sarà mai possibile ottenere un formato di pasta come quello riportato da El Pais in foto perché lo studio di una trafila simile, semmai fosse possibile immaginarla, non garantirebbe mai che il prodotto finale tenesse la cottura senza rompersi proprio a causa, paradossalmente, delle sollecitazioni fisiche che l’impasto subisce nell’estrusione.

Resta così il dubbio che il neonato Foodini possa avere facile ingresso nelle cucine dei ristoranti di altissimo livello proprio per tale sua caratteristica di poter realizzare formati che potremmo definire “impossibili” e non mi meraviglierebbe di vederla all’opera quanto prima in locali come il Noma, La Francescana, Ristorante Reale o Quique Dacosta giusto per citare solo alcuni nomi.

Resterebbe da chiedersi solo quali siano le reali abilità dello chef. A fronte di una capacità informatica tutta da dover appurare e poco importante ai fini della valutazione dello chef (a quel punto un bravo ingegnere informatico potrebbe far lo stesso!) e di una capacità creativa (anche un bambino potrebbe avere idee esclusive e stupefacenti) resterebbe ben poco da valutare.

Mi riferisco agli chef in quanto la stampante realizza un solo pezzo la volta per il momento e, pertanto, non ha ancora un suo applicativo in ambiti produttivi anche se non mi stupirebbe che qualche buontempone si mettesse a far pasta dai formati speciali a prezzi elevatissimi per fornirla a grandi nomi della ristorazione mondiale.

Ma tutto ciò allo stato rappresenta solo un processo alle intenzioni e pertanto vale solo come argomentazione discorsiva e null’altro.

Un dato al momento allontana un uso di massa distorto ed è il prezzo con il quale l’apparecchiatura si affaccia sul mercato. 30.125 dollari (circa 30.000 euro), somma sufficiente a scoraggiarne un uso di massa.

Staremo a vedere. Nel frattempo guardo e riguardo quella stampante e nel compiacermi di cosa sia in grado di fare la tecnologia ripenso a mia nonna, donna da 500 cavatelli ora, che l’avrebbe classificata tout court “apparecchio inutile”.

Giustino Catalano

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