Chardonnay Meursault, Terres Blanches 2001

chardonnay regnard

     1860. Mentre in Italia ci si affannava a fare i conti col Risorgimento e ci si auspicava l’imminente unità, in Borgogna nasceva la Maison Regnard, una delle più antiche maison vitivinicole francesi. chardonnay

Il vino che mi accingo a raccontare è stato prodotto da questa azienda 15 anni fa, nella AOC Chablis.

2017-04-29 21.25.45

     Non avevo mai degustato prima uno chardonnay francese d’annata in purezza. Le uniche informazioni che sono in grado di ricordare, dai tempi del corso di sommelier, attengono al sottosuolo di quella zona, di epoca Kimmeridgeriana, costituito da strati alternati di calcare compatto e marne tenere; quest’ultime contenenti scheletri marini fossilizzati. Ciò può solo farci immaginare la peculiarità minerale dei vini. Perché poi, ritrovarsela tutto a un tratto nel bicchiere è un’altra cosa. Ma andiamo per ordine.

     Il ciondolo d’oro con l’occhio di Allah che porto al collo si dimostra del tutto spento rispetto alla intensità, tonalità e vivacità di colore di questo chardonnay.

chardonnay

Lacrime restie ad uscire ed archetti ravvicinati più di quanto io abbia mai visto prima d’ora conducono ad una consistenza opulenta e austera. Al naso, indugia inizialmente su nobili sbuffi ossidativi, i quali tuttavia cedono ben presto la scena a sentori fruttati citrini di nostrana scorzetta d’arancia ed esotico mandarino cinese. Seguono ananas e albicocca disidratata.

La stessa pungenza del fruttato continua a manifestarsi nei forti richiami erbacei di foglia di basilico, pomodoro, cicorietta selvatica, e ciò m’intriga enormemente il palato, facendomi salivare prim’ancora di accostare il vino alla bocca, cosa che non mi sarei mai aspettata da un vino quindicinale.

     A questo punto, mi riprometto di ritornare sui sentori più tardi perché comprendo che le sensazioni olfattive sono numerose e articolate e le mie papille gustative esigono necessariamente il sorso, il quale arriva, finalmente, ed è un incontro inaspettato: eccolo, quel sottosuolo, in tutta la sua mineralità; eccole, quelle concentrazioni fossili di epoca remota, che tornano a pulsare nella mia bocca. Ed è un’esplosione di freschezza.

Eccolo, l’inaspettato.

Munster

     Questo vino, mi sono detta, potrebbe star lì altri 5 anni e più. E quasi mi sono pentita di averlo aperto. Tuttavia la questione conservativa è sempre problematica e t’induce al consumo repentino.

     Ma torniamo per un momento ai sentori. Oramai il vino, dopo una lunga fase parsimoniosa, mi si concede con voluttà e adora parlare di sé. Di come, per esempio, ha affrontato molti mesi in legno, riuscendo a mantenere la sua integrità varietale pur acquisendo invitanti note toffee e ammalianti sfumature vanigliate (riconoscibili, adesso, pure nel tappo).

2017-05-05 10.48.41

     Vi ci accompagno un Munster alsaziano a pasta cruda, molle, con crosta lavata. Il Munster è uno dei formaggi francesi più intensi al naso, a dispetto di un sapore invece più delicato. La sua grassezza viene facilmente contrastata dalla freschezza ancora vivace del vino, nonché dai suoi 14 gradi alcolici, perfettamente dosati, mentre la sua tendenza dolce è stemperata dalla sapidità minerale.

     E così arriva l’ultimo sorso. Alcuna traccia rimane del formaggio in abbinamento. Vince il vino. E mentre scrivo deglutisco ancora la saliva generatami in bocca. Avvicino il naso al bicchiere vuoto per l’ultima volta. Annuso ciò che del nettare resta sulle pareti e sul fondo. E concludo la degustazione con impresso nella memoria l’odore delle caramelle tostate al miele d’acacia che la mia mamma mi faceva da piccola, con in più una goccia balsamica di eucalipto.

 

Inizia a digitare per vedere i post che stai cercando.