Con Go Wine, gli autoctoni che non conoscevi
Buono … non lo conoscevo. Evento a Roma, giovedì 25 settembre. Vi proponiamo una breve intervista a Massimo Corrado, presidente dell’associazione
Con Buono … non lo conoscevo, l’associazione Go Wine, ormai nota da almeno un ventennio e protagonista a Roma da sempre, centra il punto.
Il vino ormai fa parte della nostra cultura, ma a volte, nella grande quantità di declinazioni, non sempre è facile incontrare alcuni vitigni di nicchia, di quelli che davvero non ti aspetti.
In un breve intervento, il presidente di Go Wine ci fa il punto.
Massimo Corrado è presidente dell’associazione, e Go Wine, diciamolo subito, è sinonimo di viaggio.

Le iniziative promosse infatti riguardano le città italiane che sono riferimento e meta per dei tour enoici di grande rilievo.
Le grandi città italiane si fanno luogo di incontro e confronto, come dice il sottotitolo, per tutti quelli che pensano che il vino sia un viaggio.
Da quanto tempo organizzate eventi a Roma?
“Organizziamo eventi a Roma da oltre vent’anni e quest’anno per Buono…non lo conoscevo è la ventesima edizione, nata come idea nel 2006, per valorizzare i vitigni autoctoni, un tema a noi caro.
Gli abbiamo dato il nome di un progetto culturale che nasce in realtà prima, nel 2003.
Quindi Buono…non lo conoscevo, è un po’ la sensazione di uno che si trova di fronte a un vino di cui non aveva mai sentito parlare”.
Continua il presidente.
“L’evento apre un tour in sei grandi città italiane a finirà a gennaio a Milano, ed è un inno alla biodiversità e alla ricchezza dei vigneti italiani, e visti i tempi, anche per dare alcune buone ragioni per volere bene al vino italiano, ai viticoltori, che sono stati bravi in tanti anni a valorizzare tante varietà, anche non facili da coltivare, non così produttive.
Hanno pensato alle radici, alle tradizioni, ai luoghi.
Il vino ha avuto diversi attacchi negli ultimi tempi, qualche pericolosa assimilazione ai superalcolici, i dazi, qualche tendenza sbagliata al consumo.
Una sala come questa è un modo per dire che avvicinarsi al vino, è piacevolezza, cultura, conoscenza, e anche un modo per valorizzare il nostro paese che in queste manifestazioni dà voce alle sue tradizioni”.
Un messaggio ai giovani.
“Bisogna fare cultura, comunicazione e attenzione ai prezzi.
Noi tra pochi giorni comunicheremo una piccola indagine fatta con alcuni soci a Barolo, su come è cambiato il prezzo del vino in cinque anni.
C’è e c’è stata una tendenza ad alzare i prezzi e questo rischia di allontanare i giovani oppure di non trovare un linguaggio comunicativo che li coinvolga.
Dobbiamo partire dal piacere della conoscenza e dalla consapevolezza che il vino appartiene alla cultura di un grande paese come l’Italia, che è un paese fondamentalmente rurale”.
Qualche assaggio.
Tenuta del Meriggio (Irpinia)
Bruno e la figlia Emilia la conducono dal 2009.
Azienda a conduzione famigliare, 26 ettari in otto comuni diversi.
Si trova a Montemiletto uno dei borghi medievali più antichi dell’Irpinia.
Nell’areale del Taurasi, tra Fiano e Greco, con vari appezzamenti da cui le diverse etichette.
La Coda di Volpe spumantizzata apre i nostri assaggi.
Montemilè Brut, Tenuta del Meriggio, 24 mesi.
Fresca e di media struttura, ha una leggera grassezza, si apre su sentori di frutta esotica e ritorni in bocca di mineralità e agrume.

Irpinia Campi Taurasini doc, 2018.
All’olfatto aromi di frutta rossa matura, pepe, cacao e sentori tostati.
In bocca secco, dalla spiccata freschezza e morbido.
Migliora con l’invecchiamento proprio come il “fratello maggiore” Taurasi.

Taurasi docg, 2018.
Profumo ricco di frutti di bosco, spezie, ciliegie e prugne. Attrae con un gusto elegante, spaziando tra fragranze di prugna e marasca, pepe nero e liquirizia.
Vino dalla grande struttura sorretta da una piacevole freschezza che lo rende particolarmente longevo e che gli permette di esprimere, col passare degli anni, il suo grande potenziale olfattivo e gustativo.

Colle dei cerasi, Taurasi docg, Riserva 2017.
Rosso granato, al naso bouquet di frutta matura e fiori scuri con sentori di frutti di bosco, amarena, liquirizia e mirto; al palato è avvolgente ed elegante. molto persistente.
Il nome poetico dell’azienda è idea di Bruno Pizza e sua moglie Nunzia Guerriero, per rievocare le belle ore meridiane dell’estate, quando tutto sembra fermarsi e viene spontaneo attendere la brezza serale che rinfresca.
Un luogo sospeso che è teatro naturale della viticoltura.
Poggio Ridente di Cecilia Zucca (Monferrato)
Ci spostiamo in Monferrato, a Cocconato d’Asti, con produzione biologica dell’azienda agricola Cecilia Zucca, Poggio Ridente, fondata nel 1998.
Il vino di punta è un Nebbiolo in purezza rifermentato in bottiglia (pétillant naturel), vinificato in rosato.
Pet Nato Matto, naturalmente frizzante con fondo.
“Tappato” a corona può essere degorgiato come un metodo classico per poterlo consumare limpido oppure agitato e stappato, per renderlo opalescente che con i suoi residui esprime freschezza ed un frutto delicato.

Assaggiamo anche Viorange, un Orange Wine con base Viognier, 15 giorni di macerazione sulle bucce e poi vasche di cemento per otto mesi.
Non filtrato con rimontaggi ogni 72 ore.
Il suo colore è rame chiaro con sfumature ambrate.
Ricco di profumi di timo ed erbe aromatiche e di frutta a buccia bianca, pere e mele cotogne ed agrumi.
Dal sapore intenso e minerale, con tannino delicato e dolce.
Un vino non facile, ne siamo consapevoli, ma lo consigliamo perché può ben abbinarsi a una cucina asiatica, o anche a piatti grassi, e per i vegetariani a zuppe molto ricche.

Ruchè di Castagnole Monferrato docg, 2023 San Marziano
(Il nome dal vigneto di Viarigi, che contorna la piccola chiesetta romanica di San Marziano), passa 4 mesi in acciaio e sei mesi in cemento.
Un antico vitigno piemontese dall’origine ancora incerta, varietà semi-aromatica, la cui coltivazione e denominazione sono limitate all’area collinare di Castagnole Monferrato.
Aromaticità giocata sulle note floreali e fruttate di lampone, rosa e fragolina di bosco. In bocca il sapore è appagante, gradevole con finale asciutto
Un’azienda che può essere definita tutta al femminile, con Cecilia che l’ha fondata e seguita dalle figlie Eleonora e Maria Sole.
Ma il solco della tradizione lo ha tracciato il papà, che Cecilia ha sempre di fronte nella sua mente, quando sa di percorre nuove vie, con sguardo rivolto al passato.
La scelta di continuare la viticoltura quando tutti scappavano dalle campagne e poi la svolta al biodinamico, per valorizzare ancora di più il potenziale del terreno e soprattutto per uscire dalle linee delle grandi aziende e proporre vini affascinanti e originali.


