Gli abitanti di Busto Arsizio, città posta fra Legnano e Varese, si chiamano bustocchi.
Il loro piatto tipico sono i Bruscitti.
Li conoscete? Il nome deriva dal dialetto e significa briciole. La loro caratteristica è di nascere come cibo povero dal diaframma del manzo, tagliati con il coltello a piccoli pezzi.
Non devono assolutamente scambiati per un banale ragù e andrebbero serviti con polenta bramata.
Paolo Marchi racconta gli ingredienti e la preparazione con le parole del macellaio Eugenio Peverelli: “Per un chilo di carne (in mancanza di diaframma potete usare polpa reale o cappello del prete) servono 50 g di burro; faccio prendere colore ai pezzetti attentissimo a non friggerli, regolo di sale e pepe e faccio andare pianissimo con l’aggiunto di semi di finocchio selvatico, l’erba buona, raccolti in una garza perchè non si disperdano.
Niente acqua, facoltativi uno spicchio di aglio e un cucchiaino di pancetta o di lardo battuto”.
Fondamentale il vino rosso, un Barbera o o un Nebbiolo tipo Gattinara. Alcuni ne uniscono un bicchiere a fine cottura e sfumano a fuoco vivo, con la pentola ben coperta; se si teme che si attacchino non aggiungere comunque acqua o brodo, ma solo un pezzetto di burro. Altri invece versano il vino nella pentola all’inizio e lasciano cuocere tutto molto lentamente.
Friulana di nascita, triestina di adozione. Quanto basta per conoscere da vicino la realtà di una regione dal nome doppio, Friuli e Venezia Giulia. Di un’età tale da poter considerare la cucina della memoria come la cucina concreta della sua infanzia, ma curiosa quanto basta per lasciarsi affascinare da tutte le nuove proposte gourmettare. Studi di
filosofia e di storia l’hanno spinta all’approfondimento e della divulgazione. Lettrice accanita quanto basta da scoprire nei libri la seduzione di piatti e ricette. Infine ha deciso di fare un giornale che racconti quello che a lei piacerebbe leggere. Così è nato q.b. Quanto basta, appunto.