Faro Palari in verticale.

Ho sempre creduto che non ci siano vini più “grandi” o “assolutamente migliori” di altri; fatti salvi i difetti di esecuzione, ci sono vini più o meno aderenti a un carattere, a un’identità di territorio fatta di clima, di suoli, di tecniche agronomiche e alla indispensabile mano interpretativa dell’uomo. Mi riesce quindi difficile dire che un vino di tal zona o denominazione è migliore di talaltro che viene da contesti diversi; sono discussioni che non mi appassionano e che lascio volentieri al loro corso, credo infatti che parlino solo e soltanto delle preferenze soggettive di chi degusta e non del vino in quanto tale.

In questo quadro, quando iniziai il mio percorso di conoscenza nel mondo del vino mi venne proposta una prima classificazione forse un pò generica ma che comunque coglieva nel segno: da un lato i vini “nordici” o “del freddo”, in cui le condizioni pedoclimatiche e le varietà coltivate favoriscono vini di fattura snella con componenti dure ben in evidenza, dall’altro i vini “meridionali” e “del caldo” (l’Oxford Wine Companion li battezza “warm climates wines”) che, favoriti da una maturazione più intensa, esprimono una maggiore naturale rotondità e morbidezza. In quest’ultima macrocategoria si inserisce a pieno titolo il Faro dell’azienda Agricola Palari, ormai un classico siciliano che ho avuto modo di riassaggiare alcune settimane fa in una verticale presso l’Enoteca Burioli di Longiano, presso Cesena. Rimando al bel sito internet dell’azienda per le notizie riguardanti gli aspetti storici; a me interessa soprattutto sottolineare come il proprietario, l’Architetto Salvatore Geraci abbia – nome omen – iscritto a buon diritto il suo nome tra i salvatori dell’enologia italiana sottraendo all’oblio questa denominazione che stava per sparire poco meno di trent’anni fa. Insomma, un mecenate del vino che ha anche ristrutturato una villa del ‘700 divenuta sede aziendale.

I Vigneti siti in contrada Palari, a S. Stefano di Briga, vicino a Messina, ospitano molteplici varietà autoctone che contribuiscono tutte al Faro: vigneti ad alberello su pendenze molto ripide, età media delle viti molto alta con conseguente resa minima per pianta (meno di un chilo) ma di straordinaria qualità. Vinificazione illuminata, che approfitta della tecnica moderna con il solo scopo di preservare la qualità delle uve, donando ai vini pulizia, profondità e longevità.

I vini degustati coprivano sei anni di fila dal 2001 al 2006; i tratti comuni erano tutti nella riconoscibilità meridionale del vino in cui la morbida setosità del tannino, la frutta matura ma non cotta, la speziatura presente (più decisa in talune annate, meno in altre) e il governo della potenza alcolica sono la cifra stilistica del Faro Palari. Vini sempre integri e puliti; felice la mano enologica che ha dosato il legno.

Ecco le mie brevi note di gusto.

2001 – E’ il vino più “anziano” della serata e si è proposto ricco di note speziate (noce moscata) con tocchi di liquerizia e frutta matura. Emerge soprattutto per la sua carnosità in bocca, sembra all’apice della sua evoluzione ed è quindi in piena beva.

2002 – Spiazza per il suo registro molto diverso dagli altri assaggi della serata: è austero e affascinante, quasi salmastro ma estremamente appagante all’assaggio, sorretto da un’acidità calibratissima. Annata difficile e tappo non in perfette condizioni ma il vino non sembra averne risentito, come dimostra l’evoluzione positiva nel bicchiere. L’outsider della serata.

2003 – Massiccio e integro sin dalla vista, è questo un Faro in edizione polputa e ricca. Aromi terziari con goudron e liquerizia, bocca piena e lunga con un tannino imperioso ma rotondo. Soddisfazione garantita anche nei prossimi anni, ha un carattere gastronomico che lo premierà in abbinamento a grandi piatti di carne.

2004 – L’annata ha le premesse per essere grande, ma il vino è in questo momento solo buonissimo, non quel portento che probabilmente diventerà con un po’ di ulteriore riposo. Il bouquet è ancora parzialmente inespressivo, ma la bocca è equilibrata e sostanziosa. Avendo una bottiglia a casa, ne farò un assaggio tra non meno di un anno.

2005 – Succoso, compatto, figlio di un’annata del tutto particolare, è un Faro dal fascino freddo e rigoroso, tutto giocato su aromi freschi e diretti e sorretto da un tannino incisivo e appena puntuto. E’ squisito; sotto un profilo apparentemente più esile nasconde eleganza e finezza da vendere. Darà grandi soddisfazioni a chi resisterà alla tentazione di berlo ora.

2006 – E’ il vino più giovane della serata ed è anche quello che si concede nella maniera più distesa ed espressiva; sembra già perfetto e quasi risolto, ha una complessità da manuale ed una beva disarmante e pericolosamente facile. Il naso ripropone il noto mix di spezie e frutta, un piccolo cenno di legno che ancora si deve assorbire e che lo sarà a breve senza problemi, una bocca fresca, ampia e persistente, accarezzata da un equilibrio vellutato. Golosissimo.

Foto banner Cortesia Il Cucchiaio d’Argento”.

Per info e contatti
http://www.palari.it/

di Edoardo Duccio Armenio
[slideshow_deploy id=’4256′]

Lascia un commento

Inizia a digitare per vedere i post che stai cercando.