Note degustative di formaggi di Latte 4.0

formaggi di latte 4.0

Nel momento in cui le idee nascono, vanno realizzate

     Il tempismo spesso confligge con analisi e cura dei dettagli. Ma tant’è… Lo stomaco riconosce più del cuore se un cibo è fatto con amore.

     Con questa consapevolezza mi sono affidato ad una intuizione che trova nella sterile diatriba tra la Campania e la Puglia (mozzarella di bufala Vs Mozzarella di Gioia del Colle), o meglio tra alcuni poverini di Campania ed altrettanti poverini di Puglia, il massimo del minimo, e mi riporta, con la memoria oramai non più recentissima,  ai capponi di Renzo…

     Rimane la certezza  che dopo la conferenza di ottobre Latte 4.0: istruzioni per il futuro, gli attori del mondo scientifico e della produzione debbano efficacemente continuare a trovarsi e parlare tra di loro.

     Aver avuto la forza di perseverare in “un errore di grande successo”,  realizzando il primo convegno “olistico” su una produzione agricola troppo oramai vilipesa, il latte appunto, ed i formaggi (trasformatosi in un notevole successo di pubblico e di critica), mi conferma che questa è la strada giusta.

Da questo, ecco realizzata la prima palestra di esercitazione sensoriale sul latte e derivati il 10 gennaio 2018 con alcuni dei relatori alla conferenza di ottobre, il Prof. Michele Faccia, il Dr. Troiano  e lo scrivente,  in plenaria con formaggi ed appassionati.

A voi i formaggi di “Latte 4.0”
e le note di degustazione del workshop realizzato ad Altamura

formaggi di latte 4.0

La robiola di Roccaverano

     Dop in questo caso al posto n.1, esprime in tutta la sua elegante semplicità i profumi primari della materia lattea, latte fresco, acido per una incontaminata risoluzione fermentativa da lattobacilli sul lattosio presente; sentore ircino di media intensità (prevalentemente in retro-olfazione) morbida e cremosa nella sua ricca suadenza corroborata da una bella buccia edibile. Persistenza aromatica intensa infinita.

In 2° robiola della valle del Belbo

     Qui si avverte la NETTA differenza tra un prodotto che non a caso ha conquistato la DOP se fatto da solo latte di Capra di Roccaverano, a differenza di questa che libera da ogni vincolo aggiunge in parti uguali latte vaccino, ovino e caprino, ed il risultato risente in termini di minore suadenza e finezza stilistica.

In 3° il Camambert

     Il primo dei 3 dalla vicina Francia che non aggiunge niente di nuovo cui la classica offerta della GDO tricolore già ci ha abituato; anche in questa, proveniente direttamente dalla Francia, non troviamo praticamente nulla di esplosivo; sensibile l’intenso odore di muffa/fungo e le sfumature ammoniacali, nonché il gusto amaro di media intensità, caratteristico di questo prodotto.

In 4° Gres d’ Alsace

     Qui un inchino andrebbe fatto. Profumi primari, secondari e terziari compresenti in uno sricciolo di formaggetta di 20/25 giorni, indicano che qui si rasenta la perfezione; interessantissima la marginale fermentazione (propionica), indicata da percepibili note olfattive riconducibili ad aglio e cipolla fresche. Un trionfo per il GRES D’ALSACE.

N. 5 Petit Reblochon dell’alta savoia

     Ora si capisce il perché i contadini all’atto di pagare il dovuto al padrone delle terre in rapporto alla produzione della mungitura ne sottraevano una piccola parte per diminuire l’entità della mungitura stessa…. Da questo furto nacque il Petit Reblochon. Da rivedere sicuramente anche perché non avevamo in analisi le due tipologie, il lattiero (da caseifici) e il contadino (di montagna), da poterne tracciare le differenze legate a qualità dei latti, dei pascoli e delle grotte/cantine.

In 6° Bettelmatt D’alpeggio

     Che dire, se non grazie alle vacche – di razza Bruna Alpina – che sono andate a pescare ad oltre 2000 metri di altitudine quell’erba così rara, la mattolina, che rende unico questo capolavoro espresso dalla biodiversità della val Formazza. Burro e fieno i marcatori olfattivi, confermati al gusto, olfatto di cui ci resta impressa la premiale percezione dolce che la semi cottura imprime in  questa interpretazione caciaia. Pasta adesiva da giusta proteolisi. Finale monumentale segnato da sentori vegetali marcati e dalla piacevole nota animale (best in show).

In 7° Toma di Capra

     Che te lo dico a fare, secondo un tormentone di un film degli anni settanta con Robert De Niro. Le corte catene di acidi grassi, tipico del latte delle capre sparigliano sempre, liberando il campo da sufficienza e banalità. Pasta un po’ gessosa, sì, ma la grotta fa il resto.

In 8° Formaggetta (toma) di capra della murgia

     Senza lasciarci prendere la mano da spunti polemici per chi si ostina a mangiare soltanto mozzarelle ad acido citrico, in Puglia, ahimè, mi si consenta una pacca sulla spalla a chi lo produce, stimolandolo a credere di più nelle sue intuizioni e invitandolo a sostituire una maturazione in grotta o in cantina, dimenticando gli essiccatoi.

     Offre alla degustazione una struttura in cui l’umidità elevata, preservata da una crosta sottile ma ben presente, ha consentito una proteolisi abbastanza spinta che ha dato sapidità e piacevolezza senza mai sconfinare nell’amaro o nell’ammoniacale. Buono il risultato con piacevole finale acido e garbato, con un finale di media persistenza.

Al n. 9 The Boss… Il Castelmagno

     In questa degustazione aveva una dozzina di mesi di affinamento in grotta/cantina, con leggerissime striature blu, come Dio comanda, con una granulosità tipica del prodotto realizzato da 2 mungiture e quindi da 2 cagliate sovrapposte, un po’ come il Montebore che le dispone a dischi sovrapposti di diametro progressivamente decrescente, ma con maggiore commistione tra le 2 cagliate.

     Il prodotto esprime la tenacia e l’impostazione stilistica tipiche dei formaggi d’alpeggio con note vegetali ed animali positivamente rinforzate della marezzatura operata dal gradito intruso, il Penicillium, che riconcilia il palato con il mondo delle muffe.

In 10° Blu del Monviso

     Chiudiamo la degustazione con questo Blu che ci è stato spedito in sostituzione del cugino Blu del Moncenisio. Credo che la differenza sia minima in rapporto alla qualità degli erbaggi con cui si nutrono le vacche di quei due monti tanto vicini; fate un virtuoso esercizio che ci assolve dallo scaricare immagini della rete… Cercate quei luoghi, i colori delle valli, i tramonti delle città dominate dal gigante, e capirete esattamente cosa volesse intendere il maestro Italo Calvino.

Dietro ogni formaggio c’è un pascolo di un diverso verde sotto un diverso cielo.

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