Ghemme Collis Breclemae 2005 Antichi Vigneti di Cantalupo

Se non siete mai stati alla cantina di Alberto Arlunno, che si chiama Antichi Vigneti di Cantalupo grazie a sua moglie Angela, proprietaria della piccola e incantevole vigna di Cantalupo, siete ancora in tempo per farlo. Un consiglio da amico: va fatto perlomeno una volta nella vita.

A differenza delle cantine aperte soltanto in date prefissate, qui vi aspettano sempre a braccia aperte, nel senso più largo della parola. Sono sempre aperti (tranne che nelle ore dei vampiri…) anche se vi suggerirei di lasciarli riposare nelle ore cristianamente dedicate al riposo quotidiano, visto che quello settimanale per loro è già diventato un optional.

Alberto, infatti, sarebbe sempre disponibile, se dipendesse soltanto da lui. In zona lo conoscono bene come un uomo generoso, affabile, aperto ad ogni visita, forse anche troppo. Più che a un uomo assomiglia infatti a un terremoto. Se non è in cantina sta in vigna, oppure in giro per la provincia a consegnare personalmente il suo vino. La domenica mattina presto è impegnato anche a suonare l’organo in chiesa. C’è sempre da sperare che trovi almeno il tempo di far colazione e c’è da pregare che faccia in tempo a tornare a pranzo o a cena, con tre donne che lo aspettano. La moglie Angela e le figlie Benedetta e Chiaraluce. Le tre Grazie, volevo dire, ma vorrei tornarci ancora, quindi non fatemi rischiare le loro padellate sulla mia testa…

Alberto Arlunno

Ho avuto il piacere e l’onore di conoscere anche le collaboratrici e i collaboratori di quest’impresa vitivinicola, un vero fiore all’occhiello del territorio di Ghemme, una zona più unica che rara, con le colline moreniche che discendono dal Monte Rosa a sinistra del Sesia ed emergono da un antico super vulcano. I Nebbioli del Rosa, come sanno bene gli esperti, sono un’espressione particolare della terra e della civiltà del vino. Irripetibili. Non vogliatemene. Ho quasi 62 anni e da quando ne avevo 17 ho imparato ad amarli molto prima dei grandi nomi internazionalmente riconosciuti come i migliori vini del mondo. Non cambierei mai una bottiglia di Ghemme con nessun altro vino rosso. Ci penserei sopra un po’ con del buon Gattinara o con una Spanna di Traversagna, ma dipende dalle annate e da quanti anni hanno passato in cantina presso il produttore (dove le condizioni di maturazione sono quelle ideali).

I miei amici più intimi sanno inoltre che sono un fan del Barbaresco e che non perdo occasione, in giro per il mondo, di stapparne quanto più ne posso. Il fatto è che di Ghemme ce n’è troppo poco per poterlo trovare dappertutto come il Barbaresco, altrimenti andrei in crisi ogni volta se dovessi scegliere fra i due. Stessa cosa mi capiterebbe con i migliori cru di Barolo. Un dubbio che però non mi verrebbe mai di fronte a un Collis Breclemae di Ghemme. Breclema è il nome della vigna che domina la cantina degli Arlunno, situata ai suoi piedi e scavata in parte proprio lì sotto. Vi basteranno le foto di una bella mattinata dei primi di Aprile, che allego a questo scritto, per godervela anche voi? Bisogna piegarsi in due ad ogni grappolo per poterlo raccogliere e posare in cassetta. Centinaia di volte in ogni giornata di vendemmia. Ecco, è da qui che viene il miglior Ghemme che abbia mai bevuto dopo il 1974. Ricordo ancora il capolavoro di Giuseppe Imazio, soprannominato “al muretu”, un Ghemme stupendo della Baraggiola del 1974 che mi rimane indelebilmente ficcato in memoria proprio per quella sua ultima, favolosa, indimenticabile annata.

Non credevo che avrei potuto ancora provare delle emozioni tanto forti. I Ghemme sono tutti ottimi, alcuni sono eccellenti, ma quello era davvero eccezionale. Oggi gli si affianca a pieno titolo un altro capolavoro: il Ghemme Collis Breclemae 2005 di Alberto Arlunno degli Antichi Vigneti di Cantalupo. Una differenza c’è. Giuseppe accoppiava le tre principesse della Valsesia (Bonarda Novarese, Vespolina e Croatina) con il re Nebbiolo. Alberto usa il Nebbiolo in purezza. Due vini diversi, anzi diversissimi, ma in grado di penetrare un cuore innamorato come i dardi di Cupido, di stravolgere l’umore di un poeta, di resuscitare i sentimenti sepolti nel più profondo dell’animo umano. Ci sono certamente delle differenze fra un’annata e l’altra; il vino è ottimo quando è frutto della migliore simbiosi tra sole, terra e genio del vignaiolo in armonia ed equilibrio, a patto che nessuna delle tre componenti prevalga sulle altre e la cosa non è per niente facile, in quanto ogni annata non è mai uguale a nessuna delle altre. Fra l’uno e l’altro vino ci sono trent’anni, tanti, tantissimi, di annate ottime o eccellenti. Ma questi due sono dei veri caposaldi della miglior enologia.

Lo scrive un cliente, un amatore, un appassionato, niente di più. Per il vignaiolo, invece, state sicuri che il migliore dei suoi vini è sempre l’ultimo fatto, dato che s’impegna con tutte le sue forze per cavare il meglio da questo ambasciatore in bottiglia del suo territorio, della sua casata, della sua famiglia. L’ho notato dalle note e dagli appunti scritti a margine delle varie schede di produzione proprio da Alberto, cui si deve quest’autentica meraviglia enologica. Non aspettatevi da parte mia le descrizioni poetiche di profumi e sapori. Io sono come voi. Se un vino è buono, mi piace e se non è buono, non mi piace. Il Ghemme Collis Breclemae è la produzione migliore della cantina, un vino rosso che entusiasma chi lo beve a tavola con le pietanze della buona cucina oppure conversando fuori pasto con gli amici ed è perfetto per un incontro d’amore, per l’alcova.

Calici grandi, possibilmente stappato un po’ prima, con qualcosa di buono da sgranocchiare e mai a stomaco vuoto. Scioglietevi però dallo stress, zittite il cellulare e non fissatevi delle scadenze a breve. Anche la saggezza contadina serve ad esaltare la qualità della vita. In fondo a che cos’altro servirebbe bere tanto bene? Prosit.

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