Guide, classifiche e diritto all’esclusione.
- Cosa è una Guida e cosa è una classifica.
- Diritto di critica e diritto all’oblio
- Il diritto all’oblio di contro, invece, seppur di gradazione inferiore, può limitare questo diritto. Ma cosa è?
- Motivi principali per la richiesta di cancellazione:
- Quando è possibile estromettersi da una guida?
- Come far valere il proprio diritto e azioni coattive esperibili
- Passaggio 1: Richiesta formale al Titolare del Trattamento
- Passaggio 2: Ricorso al Garante per la Protezione dei Dati Personali
- Passaggio 3: Ricorso all’Autorità Giudiziaria
- Azioni coattive esperibili:
- Criteri per il calcolo delle sanzioni:
- Sanzioni Penali
- Altre Conseguenze
Sono settimane che si vive un’accesa polemica attorno alla 50Top Pizza con dati, smentite, vocali, video e tanto altro.
Il risultato, almeno al momento, è un avvincente dissing tra i tre curatori e il famoso pizzaiolo acerrano Attilio Albachiara.
Se non vi fossero state esagerazioni, la vicenda si sarebbe potuta archiviare come un’ennesima querelle sulla pizza e il suo mondo.
Sta di fatto, che la vicenda ha assunto contorni particolari allorquando, nonostante i Comunicati Stampa e le dichiarazioni dal palco (a me e molti altri note e sentite da almeno 3-4 edizioni) del presentatore Federico Quaranta, si è appreso dalla voce di Luciano Pignataro che le 100.000 visite erano una “cazzata” (altrove “licenza poetica”) del presentatore e che si era in presenza di una selezione di 6-700 esercizi commerciali effettivamente visitati.
A questo avrebbe fatto seguito uno stralcio di un video di un’intervista rilasciata a Report, per tramite di Bernardo Iovene, dove i 150 ispettori dichiarati da sempre sarebbero divenuti 1.000 per bocca di Albert Sapere, peraltro sotto uno sguardo alquanto imbarazzato della dottoressa Barbara Guerra.
In un tal balletto di numeri si è creata una sommossa popolare che ha portato al momento anche alla richiesta di esclusione dalla 50Top Pizza da parte di alcuni.
Sono spariti post di ringraziamento, che ad onor del vero apparivano più dei ciclostilati o dei redazionali da pubblicare.
Sono scomparse foto con le giacche, fino a che non è intervenuto un video del pizzaiolo Albachiara che, come di italianissima abitudine, non è stato letto parola per parola, e sono ricomparse le giacche, salvo risparire dopo essere stati scoperti.
Una vicenda che se non avesse implicazioni economiche di grande impatto e, in un certo qual modo, sbilanciasse il mercato e la libera concorrenza, sarebbe da ridere sia per la codardìa di alcuni pizzaioli che per il servilismo “a 90°” di altri.
That’s the pizza World folks (questo è il mondo pizza, gente)!
Ma facciamo chiarezza.
Cosa è una Guida e cosa è una classifica.
Senza che la cosa assuma i toni del “questo è meglio e questo è peggio” una distinzione di fondo esiste ed è determinante.
La Guida raccoglie autonomamente una serie di indirizzi che, secondo dei criteri di selezione e valutazione o secondo una metodologia ben chiara, meritano di essere suggeriti al suo interno.
Salvo che le singole attività non abbiano al loro interno una valutazione numerica, come ad esempio accade da qualche anno per il Gambero Rosso, tutti gli indirizzi indicati si trovano in posizione paritetica tra loro e non in una sorta di concorrenza.
Anche determinati simboli come la chiocciolina per la Guida Osterie di Slow Food o il premio (novità dell’anno o novità, ecc.) come accade per altre Guide non creano disparità ma solo riconoscimento aggiuntivo dato sempre secondo criteri ben specifici della guida.
Le classifiche invece non sono degli “indirizzari” ma delle vere e proprie competizioni dove le singole attività incluse, volontariamente o involontariamente, vi rientrano con posizionamenti ben specifici.
E questa prima macroscopica differenza apre un varco molto ampio nel diritto dove si scontrano il diritto di critica, e più in maniera ampia quello a fare informazione con tutela costituzionale, e il diritto all’oblio che viene riconosciuto in determinati casi specifici.
La vicenda non ha ancora dei pregressi significativi giurisprudenziali e pertanto non ha una risposta univoca e definitiva.
E pertanto vale la pena di approfondire l’argomento guardandolo da entrambi gli aspetti.
Diritto di critica e diritto all’oblio
Il diritto di critica, come ogni altra libertà, non è assoluto e deve rispettare i limiti imposti dalla legge, in particolare per non ledere l’onore e la reputazione altrui.
I limiti stabiliti dalla giurisprudenza per l’esercizio del diritto di critica, sia da parte di un giornalista che di un cittadino comune, sono i seguenti:
- Verità del fatto: La critica deve basarsi su fatti veri, anche se la soggettività del giudizio non impone la veridicità di ogni singola affermazione, ma solo della base fattuale.
- Pertinenza (o interesse pubblico): Il fatto criticato deve essere di interesse pubblico, nel senso che deve suscitare un interesse nella collettività. Questo requisito non si limita ai fatti di rilevanza politica o sociale, ma si estende a tutto ciò che può essere oggetto di dibattito o valutazione.
- Continenza formale: La critica deve essere espressa in modo “civile”, evitando espressioni gratuite, ingiuriose o offensive che non siano strettamente necessarie per esprimere il proprio dissenso.
La continenza non esclude l’uso di un linguaggio forte, polemico o tagliente, purché sia funzionale alla critica stessa e non si traduca in un mero attacco personale.
Il diritto all’oblio di contro, invece, seppur di gradazione inferiore, può limitare questo diritto. Ma cosa è?
Consiste nella possibilità di richiedere l’estromissione da una guida o da un elenco pubblico e rientra nel più ampio quadro normativo della protezione dei dati personali, regolato dal Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR – Regolamento UE 2016/679).
In particolare, l’articolo 17 del GDPR riconosce il diritto alla cancellazione dei dati personali (“diritto all’oblio”).
Un soggetto può chiedere che i dati che lo riguardano vengano cancellati senza ingiustificato ritardo, e il titolare del trattamento ha l’obbligo di provvedere in tal senso se sussistono determinati motivi. Vediamoli.
Motivi principali per la richiesta di cancellazione:
- I dati non sono più necessari: I dati personali non sono più indispensabili per le finalità per le quali sono stati raccolti o trattati (ad esempio, se un’attività ha cessato la sua attività se un attività non intende partecipare alla competizione o alla gara).
- Revoca del consenso: L’interessato revoca il consenso su cui si basava il trattamento dei dati e non vi è altra base giuridica per il trattamento. Per consenso si intende anche l’autorizzazione ad includerlo nella competizione.
- Opposizione al trattamento: L’interessato si oppone al trattamento dei dati personali, e non sussiste alcun motivo legittimo prevalente per il trattamento da parte del titolare. Questo è spesso il caso di liste o guide a scopo di marketing o di divulgazione non strettamente di interesse pubblico.
- Trattamento illecito: I dati personali sono stati trattati in modo illecito, ad esempio perché sono stati raccolti senza un consenso valido o senza una base giuridica adeguata o mancano, per volontà dell’interessato dell’autorizzazione al loro trattamento.
- Adempimento di un obbligo legale: I dati devono essere cancellati per adempiere a un obbligo legale previsto dal diritto dell’Unione o dello Stato membro a cui è soggetto il titolare del trattamento.
Quando è possibile estromettersi da una guida?
La possibilità di essere estromessi da una guida, come una guida turistica o gastronomica, dipende dal bilanciamento tra il diritto alla protezione dei dati dell’interessato e l’interesse pubblico alla diffusione dell’informazione o il diritto di cronaca (o critica).
- Valutazione caso per caso: Non esiste un’unica regola. Se si tratta di un’attività commerciale (es. un ristorante, un hotel), la sua presenza su una guida è generalmente considerata di interesse pubblico, e la sua inclusione è legata all’attività professionale, salvo che non si sia in presenza di una “gara”, “classifica” alla quale ci si può sottrarre perché se non si è chiesto di parteciparvi o non vi si intende più partecipare, la presenza nella stessa può costituire danno commerciale (concorrente più in alto nella classifica). E a poco vale che in edizioni precedenti in posizioni migliori si sia scelto di rimanervi. Vale il rifiuto a gareggiare.
- Dati non più pertinenti o obsoleti: Un motivo valido può essere se le informazioni contenute nella guida non sono più attuali o pertinenti. Ad esempio, se l’attività ha chiuso o è stata venduta e i nuovi proprietari non desiderano comparire nella guida.
- Informazioni inesatte o lesive: Se la guida riporta informazioni inesatte, obsolete o diffamatorie che danneggiano la reputazione, la richiesta di rimozione è più facilmente accoglibile.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che un gestore di un motore di ricerca (e per estensione, un editore di una guida) deve deindicizzare le informazioni se l’interessato dimostra che sono manifestamente inesatte. La dimostrazione e richiesta non comporta la possibilità di permanenza e rettifica se l’interessato ha palesato la volontà di non farvi parte.
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Come far valere il proprio diritto e azioni coattive esperibili
Per far valere il proprio diritto a non essere inseriti nella guida, è necessario seguire una procedura specifica, che può prevedere azioni stragiudiziali e, in caso di mancato accoglimento, azioni coattive in sede giudiziale.
Passaggio 1: Richiesta formale al Titolare del Trattamento
Il primo passo è inviare una richiesta formale scritta (tramite PEC o raccomandata A/R) al titolare del trattamento dei dati, che in questo caso è l’editore della guida. La richiesta deve specificare:
- I propri dati identificativi.
- Gli URL o le pagine specifiche della guida che si desidera rimuovere.
- I motivi della richiesta, basandosi sui principi dell’art. 17 del GDPR (es. dati non più necessari, trattamento illecito, revoca del consenso).
- Eventuale documentazione a supporto (es. certificato di chiusura dell’attività).
Passaggio 2: Ricorso al Garante per la Protezione dei Dati Personali
Se l’editore non risponde entro un mese dalla richiesta, la nega senza giustificati motivi, o la risposta è ritenuta insoddisfacente, è possibile presentare un reclamo al Garante per la Protezione dei Dati Personali.
Il Garante avvierà un’istruttoria per verificare la legittimità della richiesta e potrà ordinare all’editore la rimozione dei dati, se la richiesta viene ritenuta fondata.
Passaggio 3: Ricorso all’Autorità Giudiziaria
In alternativa o in aggiunta al ricorso al Garante, è possibile ricorrere direttamente all’Autorità Giudiziaria per far valere i propri diritti.
Questa azione può essere utile soprattutto in casi complessi, in cui si rivendica un danno alla reputazione (diffamazione) o quando è necessario ottenere una cancellazione definitiva dei dati e non solo la deindicizzazione.
Azioni coattive esperibili:
- Ricorso al Garante: Il Garante ha il potere di emettere provvedimenti che impongono al titolare del trattamento la cancellazione dei dati e può applicare sanzioni amministrative pecuniarie in caso di inottemperanza.
- Ricorso in Tribunale: L’azione giudiziaria può portare a una sentenza che ordina la rimozione dei dati e, in caso di diffamazione o danno, può prevedere anche il risarcimento dei danni. La sentenza, a differenza di un provvedimento del Garante, è un titolo esecutivo e può essere fatta valere anche con la forza pubblica, se necessario.
È ovvio che avverso questi provvedimenti, soprattutto quelli esperiti dinanzi al Garante della Privacy, non è concessa opposizione alcuna ma se ne subiscono solo le conseguenze.
E quali sono queste conseguenze (sanzioni) per il titolare della Classifica/Guida che non ha adempiuto prima dell’intervento del Garante?
Sono inflitte dal Garante per la Protezione dei Dati Personali e possono essere molto elevate.
Il GDPR stabilisce due fasce di sanzioni massime a seconda della gravità della violazione:
- Fino a 10 milioni di euro o, per le imprese, fino al 2% del fatturato mondiale annuo dell’esercizio precedente, se superiore.
Queste sanzioni si applicano a violazioni considerate meno gravi, come:
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- Mancato rispetto degli obblighi del titolare o del responsabile del trattamento (es. mancata tenuta del registro delle attività di trattamento, omessa designazione del DPO).
- Violazioni degli obblighi degli organismi di certificazione o di controllo.
- Fino a 20 milioni di euro o, per le imprese, fino al 4% del fatturato mondiale annuo dell’esercizio precedente, se superiore.
Questa fascia si applica alle violazioni più gravi, tra cui:
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- Violazione dei principi base del trattamento dei dati (es. liceità, correttezza e trasparenza).
- Violazione dei diritti degli interessati (es. diritto di accesso, di rettifica, all’oblio).
- Trasferimento illecito di dati personali verso Paesi terzi.
- Inottemperanza a un ordine o a un provvedimento del Garante.
Criteri per il calcolo delle sanzioni:
L’importo non è fisso, ma viene determinato dal Garante caso per caso, tenendo conto di diversi fattori come:
- La natura, gravità e durata della violazione.
- Il numero di interessati coinvolti e la natura dei dati personali interessati.
- La natura dolosa o colposa della violazione.
- Le misure adottate per attenuare il danno subìto dagli interessati.
- Il grado di cooperazione con il Garante.
- Eventuali precedenti violazioni da parte del titolare del trattamento.
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Sanzioni Penali
La legislazione italiana prevede reati specifici per le violazioni più gravi. Queste sanzioni sono gestite dalla magistratura ordinaria e non dal Garante. I principali reati includono:
- Trattamento illecito di dati (art. 167 Codice Privacy): Si applica a chiunque, con l’intento di trarre profitto per sé o altri o di arrecare danno, effettua un trattamento illecito di dati personali. Le pene variano in base alla natura dei dati e possono arrivare a diversi anni di reclusione.
- Comunicazione e diffusione illecita di dati personali (art. 167-bis): Reclusione da uno a sei anni per chi comunica o diffonde illecitamente dati personali su larga scala al fine di trarne profitto o arrecare danno.
- Acquisizione fraudolenta di dati personali (art. 167-ter): Prevede la reclusione per chi, attraverso artifici o raggiri, ottiene un archivio di dati personali su larga scala.
- False dichiarazioni al Garante (art. 168): Reclusione da sei mesi a tre anni per chi dichiara o attesta il falso al Garante in un procedimento o accertamento.
- Inosservanza dei provvedimenti del Garante (art. 170): Reclusione da tre mesi a due anni per chi non rispetta un provvedimento del Garante.
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Altre Conseguenze
Oltre alle sanzioni pecuniarie e penali, la violazione della privacy può comportare:
- Risarcimento del danno: Chiunque subisca un danno materiale o immateriale a causa di una violazione ha il diritto di ottenere il risarcimento dal titolare o dal responsabile del trattamento (art. 82 GDPR).
- Provvedimenti correttivi: Il Garante può emettere provvedimenti non pecuniari, come avvertimenti, ammonimenti, o l’ingiunzione di conformare il trattamento dei dati alle norme, fino alla limitazione provvisoria o definitiva del trattamento stesso.
- Sanzioni civili: Le vittime possono agire in sede civile per ottenere il risarcimento dei danni.
Il consiglio spassionato è quindi quello di dare seguito alla richiesta di cancellazione perché ci si fa male davvero e tanto.
In conclusione a chi ci ha chiesto se è vero che una classifica può importi di stare al suo interno rispondiamo con un secco SI, salvo che non venga fatta richiesta all’esclusione.
Al titolare della classifica resta sempre la possibilità di dimostrare “l’interesse pubblico alla classifica”, che è operazione a dir poco diabolica se non impossibile.
Insomma se volete uscirvene da qualche classifica dove non avete richiesto di entrarvi inviate pec e se non accade nulla avviate azione dinanzi al Garante della Privacy ed eventualmente al Tribunale.
Per le ultime due serve un legale. La prima è una semplice mail che si invia da pec su pec.
E’, altresì, ovvio che laddove venga accertato il dolo, anche in via trasversale (esempio favorire un ufficio stampa anziché un altro, favorire un esercizio commerciale in danno di altri, favorire delle vendite di prodotti percependo utili extra classifica) allora il profilo giuridico cambia e si verte principalmente in reati di competenza penale.


