I vrocculu accupateddu della Nonna
- Margherita Musso
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I vrocculu accupateddu della Nonna
In autunno, come già enfatizzato in un altro articolo, uno degli ortaggi più cucinati a Palermo è il broccolo o vrocculu, il parente siciliano green del cavolfiore, che si distingue e se ne differenzia per il suo colore verde brillante, il suo gusto delicato e, soprattutto, il suo odore caratteristico.
Quando, infatti, un familiare o un amico entra in una casa dove è stato messo a bollire un pezzo di broccolo, già dalla porta d’ingresso è frequente sentire esclamare “Sta jurnata vrocculu si mancia!”: quel giorno sarà inutile spruzzare deodorante in ogni stanza, perché la casa odorerà di broccolo e tutto il vicinato ne sarà al corrente.
Una saporita variante culinaria utile a celare il mistero della pietanza da servire a cena in Sicilia è u vrocculu accupateddu, la cui traduzione di “accupatu” o ”accupateddu” dal siciliano all’italiano richiede una breve digressione sul significato del vocabolo e sulle sue declinazioni nella quotidianità: come ha affermato, infatti, il filosofo francese Michel Onfray “
La cucina è la grammatica della convivialità” e, in modo particolare, la cucina locale, con i suoi ingredienti e le sue terminologie, è una forma di identità culturale.
Accupatu e la sua versione “edulcorata” accupateddu derivano dal verbo accuparisi che letteralmente significa soffocare ma, in base al contesto in cui è inserito, assume più sfumature di significato: in siciliano, infatti, si fa una netta distinzione tra accupatu riferito a un essere vivente e accupatu riferito a un elemento inanimato.
Per un essere umano, sentirsi accupato o accupatu equivale a sentirsi mancare l’aria, quasi soffocare, al punto da desiderare di uscire all’aria aperta per riaversi.
Nel caso di elemento inanimato, il cielo o un tempu, ad esempio, è accupatu o accupusu quando è nuvoloso e coperto da nuvole: ma, in generale, per le cose non animate, accupatu equivale a coperto proprio come succede al broccolo quando lo cucini accupatu o accupateddu.
Navigando nel web, prima di restarci accupatu, è facile trovare ricette di broccoli “morti” affucati o fucati o affogati nel vino, ma la ricetta della nonna prevede che la morte di questo broccolo sia effetto di soffocamento e la scrivente vi scrive finalmente come.
Si prende un bel pezzo di broccolo, la cui quantità a porzione cambia in base al gusto o gola personali, e lo si taglia in cime abbastanza piccole in modo da velocizzarne la cottura e lo spappolamento o, come dice la nonna, in modo che “si sfarina prima”.
Dopo averle lavate e asciugate, si tuffano in un tegame con olio e vari spicchi d’aglio e, condite con sale e pepe, si coprono con un coperchio.
La cottura avviene a fiamma medio-bassa senza mai sollevare il coperchio.
Di tanto in tanto è, però, opportuno agitare il tegame, o meglio “risaccare” in modo che u vrocculu non si attacchi sul fondo. Sarà cotto in circa 20-30 minuti.
I vroccula accupateddi sono pronti quando raggiungono una colorazione verde sbiadito e una consistenza morbida e quasi cremosa.

sono un’antropologa culturale e appassionata studiosa di tradizioni culturali ma anche la blogger con lo pseudonimo di Marga Rina di Panormitania (http://panormitania.altervista.org/), dove promuovo eventi culturali e intervisto gli artisti locali che solleticano la mia curiosità. Grande è la mia passione per la scrittura nelle sue molteplici declinazioni: scrivo poesie, racconti, testi incentrati sull’Arte e gli artisti.
Da qualche anno, sono diventata organizzatrice e curatrice di mostre d’arte: oltre a redigere tutti i testi e le poesie e ad occuparmi della loro diffusione ai media con veci da addetto stampa, curo minuziosamente la grafica di ogni evento e la promozione, nella veste di social media manager, sui social network.
Il connubio tra arte e cucina è da qualche tempo divenuto sia un hobby che una vera grande passione.