Il cibo e lo spreco. Comprare con il danaro la propria vergogna.

Nel numero di dicembre 1939 de” La cucina italiana” si promuoveva un concorso dal titolo “Utilizzazione dei resti”, con la seguente dicitura:
“Tempi d’economia, son questi, ed è dovere della massaia di non sprecar nulla di quanto può servire all’alimentazione umana. Qualunque ricetta, che, all’esperimento, si riveli saporosa, nutriente, igienica, e di cui i componenti sieno, in parte o in tutto, forniti dai cascami degli alimenti normali, sarà esaminata e, se buona, premiata.”
Un concorso che potrebbe ugualmente essere lanciato ai giorni nostri che viviamo tempi di crisi, ma con l’aggravante che, nonostante la crisi, noi il cibo lo sprechiamo e lo buttiamo.
Ogni anno gli italiani, nelle loro case, sprecano 8,7 miliardi di euro!
Una cifra spaventosa che esemplificata in spiccioli corrisponde, mediamente, in 213 grammi di cibo gettato settimanalmente perché considerato non più edibile, ovvero 7,06 euro settimanali a famiglia. Ossia poco più di 30 euro al mese. Ovvero circa 360 euro all’anno.
Sono dati del Rapporto 2013 sullo spreco domestico realizzato da Knowledge for EXPO con l’apporto dell’Osservatorio nazionale sugli sprechi Waste Watcher.
Lo spreco domestico confrontato con lo spreco della filiera agro-alimentare (aziende agricole, industria alimentare, piccola e grande distribuzione, mercati all’ingrosso, ristorazione collettiva) nel rapporto condotto da Waste Watcher e da Last Minute Market si aggiudica un posto di tutto rispetto, contando per lo 0,5% del Pil.

Gettare o sprecare qualsiasi tipo di cibo è una cosa che mi dà molto molto fastidio e non solo perché penso che sia una grandissima ingiustizia nei confronti di chi veramente non ha niente ,o quasi, di cui sfamarsi.
A casa nostra non si butta via niente e ciò che avanza viene regolarmente riciclato.
Bucce e scarti finiscono nel compost che concimerà il mio orto-giardino.
La mia avversione per lo spreco del cibo risale ai tempi della mia infanzia.
I miei genitori venivano dalla campagna e conoscevano la fatica del lavoro dei campi quando vennero in città per acquistare una piccola drogheria.
Ebbero molti figli e, per fortuna mia che sono la sesta, erano credenti.
Mio nonno mi raccontava la leggenda della Madonna che durante il viaggio in Egitto, scese da cavallo per raccogliere una briciola di pane.
Ho assimilato, insieme al latte materno, il sacro rispetto per il cibo.
La sera, a cena, sul tavolo c’erano 10 scodelle: si mangiava pane e latte e il pane era rigorosamente quello avanzato, il pane raffermo.
Tutto ciò che si avanzava veniva creativamente riciclato dalle mani abili di mamma: la verdura, la carne o il riso diventavano frittate, polpette, minestre o passati.
Per i formaggi avanzati lo specialista era il nonno che abitava con noi: metteva in un barattolo gli avanzi fatti in piccoli pezzetti, le croste grattugiate , aggiungeva la grappa e chiudeva.
Ogni tanto apriva quel barattolo per mescolare e aggiungere altri pezzetti e allora ne usciva un odore molto intenso di formaggio fermentato … dopo un po’ di tempo quell’intruglio si trasformava in una crema, il Bruss, che era molto apprezzata dai grandi, spalmata sul pane.

I miei figli mi raccontano il disagio nel vedere gli amici lasciare in giro per la città cibo avanzato: un mezzo hot dog, una lattina semivuota, un pezzo di pizza, insieme a carta, plastica e alluminio.
Un gesto di sprezzo a confermare il proprio potere d’acquisto, lo status di chi pensa che tutto viene regolato dal denaro e gettare cibo simboleggia quindi l’opulenza. Un gesto di ignoranza, aggiungo io .
L’incapacità di concepirsi parte di un tutto e di sentirsene responsabili.

Quando da piccoli, intorno al tavolo, papà ci imponeva la preghiera di ringraziamento, al di là del gesto “religioso” ora so che c’era l’educazione alla riflessione.
Essa aveva il pregio di ricordare a tutti che il cibo è un bene prezioso, dietro il quale c’è energia e lavoro umano, energia e tempo della Natura, che dietro una bistecca c’è la vita di un animale sacrificato per alimentarci e che avanzare e sprecare è uno sfregio alla vita.

Considerato che è proprio di non spreco di cibo che voglio parlare , ecco le mie parole d ordine: ordine, organizzazione, creatività.

Ed ecco alcune strategie che possono aiutarci a gestire meglio il cibo e a non sprecare:
1.Organizzare un menu di massima settimanale
2.Fare una lista della spesa prima di recarsi al supermercato, in base al menu ipotizzato per evitare di comprare prodotti che non ci servono, preparati nuovi che poi probabilmente non avremo il coraggio di utilizzare
3.Leggere le scadenze dei prodotti al momento dell’acquisto
4.Cucinare di meno per evitare di avanzare
5.Organizzare e tenere sotto controllo il frigorifero
6.Surgelare il cibo preparato o no che immaginiamo di non poter consumare a breve o che è vicino alla scadenza e non si prevede di utilizzarlo.
7.Non gettare a priori prodotti che nella scadenza riportano l’avverbio “preferibilmente”, poiché spesso sono ancora ottimi
8.Mettere in primo piano in dispensa i prodotti con la scadenza più vicina
9.Riciclare i cibi avanzati individuando alcune ricette di polpette, frittate, passati di verdure, che vi darò
10.Se si possiede un piccolo orto, utilizzare gli scarti per fare una concimaia

di Assunta Ronco
Foto reperita sulla rete rimovibile a semplice richiesta

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