di Giustino Catalano
Se vi menzionassi la zuppa inglese molti di voi oggi saprebbero di cosa parlo. Ma se dicessi “Zuppa del Duca” o, ancor meglio, “Trifle” sono certo che saremmo davvero in pochi a sapere di cosa parlo.
La promessa è quella di farvi avere ogni singola ricetta di quelle che menzionerò ma, prima dei futuri articoli, è necessario capire che il notissimo Tiramisù è molto probabilmente la sintesi di alcune preparazioni che nel corso dei secoli hanno contribuito alla sua creazione. Fra queste il Dolce Torino dell’Artusi, del quale vi riporto la ricetta, è solo la sintesi immediatamente precedente.
Una prima premessa su tutte è che il Tiramisù è frutto di 3 intuizioni in pasticceria:
1. La crema come farcitura
2. l’abbinamento alla crema di una torta imbevuta
3. la copertura del tutto per poi servire freddo
Tutto molto probabilmente nasce in Inghilterra nella metà del 1500 quando per la prima volta in un testo di Thomas Dawson “Good Houswifes Jewell” del 1585 compare il dolce Trifle.
Questo era in sostanza una derivazione più elaborata del Fruit Fool (un dolce al cucchiaio composto da crema e liquore ed accompagnato con gli short bread), dolce coevo fatto con clotted cream ossia una panna montata di latte non pastorizzato in uso nella Cornovaglia.
Oggi il Trifle è un dolce composto da frutta, crema pasticcera e biscotti savoiardi o pan di spagna imbevuti di vino liquoroso come lo Sherry. Può essere guarnito con panna montata e altri ingredienti.
Esistono diverse varianti del dolce, come il trifle al cioccolato, caffè o vaniglia.
In Scozia viene preparato il Tipsy laird, che si distingue dal Trifle perché è preparato con Drambuie (un liquore scozzese all’aroma di miele ed erbe ricavato da whisky, miele di brugo e una miscela segreta di erbe e spezie) o Whisky.
Negli Stati Uniti meridionali viene preparata la Tipsy cake, un dolce al cucchiaio contenente Brandy quasi sicuramente portato qui dagli Scozzesi.
In Austria viene preparata la Punschtorte, un dolce alla frutta ricavato dagli scarti di torte cucinate precedentemente.
La zuppa inglese, che viene preparata in Emilia-Romagna, nell’Italia centrale e a Napoli è un’altra specialità simile al Trifle che viene preparata usando l’Alchermes o il Rosolio.
Come è facile intuire quindi la base dell’attuale Tiramisù viene posta dal Trifle e poi via via nel corso del tempo da tante varianti che si susseguono in differenti luoghi.
Sulla crema pasticciera va aperto un breve inciso. Fonti ne vogliono la sua nascita ad opera di François Massialot, un importante cuoco nato nel 1660 a Limoges in Francia e autore del testo “Le Cuisinier Royal et Bourgeois” del 1705 considerato il primo dizionario di cucina, che l’avrebbe servita a regnanti e personaggi dell’aristocrazia.
La modifica del Trifle, così come lo conosciamo oggi, e dolci come la punchtorte o la zuppa inglese sono sicuramente successivi nella loro composizione alla nascita di questa preparazione.
La nostrana zuppa inglese infatti nasce prima con il pane e la panna, poi grazie alla Corte Estense subisce un balzo in avanti con la sostituzione del pane con il pan di Spagna (dolce italo francese) – i savoiardi arriveranno dopo – e della panna montata con la crema pasticcera verso la fine del 1600.
Questa quindi la nostra rielaborazione del Trifle inglese e il primo passo verso il Tiramisù dove un contributo importante lo daranno i pasticcieri di corte del Granducato di Toscana che su disposizione di Cosimo III de’ Medici, Granduca di Toscana, avrebbero creato in epoca pressappoco coeva la Zuppa del Duca, un dolce farcito con crema e pan di Spagna imbevuto nel caffè. Ma con una crema inglese, ossia di consistenza più blanda e liquida.
Per il dolce Torino quindi viene da sé che la paternità dell’Artusi è frutto dei suoi viaggi e della sua provenienza, infatti siamo in presenza di un dolce a base di savoiardi, cioccolato, nocciole e alkermes
L’Artusi la codificò nel suo libro “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” del 1891.
Il resto viene da sé ma è certo che da qui nasce definitivamente il tiramisù.
Ricetta n. 649
Formate questo dolce sopra un vassoio o sopra un piatto e dategli la forma quadra.
- Savoiardi, grammi 100.
- Cioccolata, grammi 100.
- Burro fresco, grammi 100.
- Zucchero a velo, grammi 70.
- Un rosso d’uovo.
- Latte, cucchiaiate n. 2.
- Odore di zucchero vanigliato.
Tagliate i savoiardi in due parti per il lungo e bagnateli col rosolio oppure, il che sarebbe meglio, metà col rosolio e metà con l’alchermes per poterli alternare onde facciano più bella mostra. Lavorate dapprima il burro con lo zucchero e il rosso d’uovo; ponete al fuoco la cioccolata, grattata o a pezzetti, col latte, e quando sarà bene sciolta versatela calda nel burro lavorato, uniteci l’odore e formate così una poltiglia mescolando bene.
Disponete sul vassoio un primo strato dei detti savoiardi e spalmateli leggermente con la detta poltiglia; indi sovrapponete un altro strato di savoiardi, poi un terzo strato ancora, spalmandoli sempre leggermente. Il resto della poltiglia versatelo tutto sopra ed ai lati pareggiandolo meglio che potete. Il giorno dopo, prima di servirlo, lisciatelo tutto alla superficie con la lama di un coltello scaldata al fuoco, e in pari tempo, piacendovi, ornatelo con una fioritura di pistacchi oppure di nocciuole leggermente tostate, gli uni e le altre tritate finissime. Grammi 40 di nocciuole pesate col guscio o grammi 15 di pistacchi potranno bastare. Già saprete che questi semi vanno sbucciati coll’acqua calda.
È una dose per sei o sette persone.
Di formazione classica sono approdato al cibo per testa e per gola sin dall’infanzia. Un giorno, poi, a diciannove anni è scattata una molla improvvisa e mi sono ritrovato sempre con maggior impegno a provare prodotti, ad approfondire argomenti e categorie merceologiche, a conoscere produttori e ristoratori.
Da questo mondo ho appreso molte cose ma più di ogni altra che esiste il cibo di qualità e il cibo spazzatura e che il secondo spesso si mistifica fin troppo bene nel primo.
Infinitamente curioso cerco sempre qualcosa che mi dia quell’emozione che il cibo dovrebbe dare ad ognuno di noi, quel concetto o idea che dovrebbe essere ben leggibile dietro ogni piatto, quella produzione ormai dimenticata o sconosciuta.
Quando ho immaginato questo sito non l’ho pensato per soddisfare un mio desiderio di visibilità ma per creare un contenitore di idee dove tutti coloro che avevano piacere di parteciparvi potessero apportare, secondo le proprie possibilità e conoscenze, un contributo alla conoscenza del cibo. Spero di esservi riuscito.
Il mio è un viaggio continuo che ho consapevolezza non terminerà mai. Ma è il viaggio più bello che potessi fare.