Il Natale in Norvegia: la tradizione dei 7 biscotti fatti in casa
- Anita Taglialatela
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Il Natale in Norvegia: la tradizione dei 7 biscotti fatti in casa
Manca poco al Natale, eppure in Norvegia si respira aria natalizia sin dai primi giorni di novembre, si chiama Julestemning e si percepisce ovunque e in qualunque cosa tu faccia:
Julelys (luci di Natale), sono lucine di colore bianco caldo, le più semplici sistemate sui davanzali delle abitazioni, le più artistiche lungo le strade pubbliche e sulle facciate dei negozi e delle grandi strutture
Julemarked (mercatino di Natale), dallo spettacolare Villaggio di Natale “Jul i Vinterland” della capitale Oslo, ai numerosi piccoli mercatini di quartiere che si svolgono secondo un fitto calendario
Julebord (tavola di Natale), ovvero le cene organizzate tra persone accomunate da un interesse comune (lavoro, hobby, vicinato…)
Julevarer, generi alimentari comuni decorati a festa: le confezioni di latte, farina, yogurt etc. recano immagini natalizie tipiche norsk come per esempio lo Julenissen, un simpatico gnomo che incarna lo Spirito del Natale e che svolge le stesse funzioni di Babbo Natale.
Julemat, generi alimentari tipici esclusivamente del periodo natalizio e impossibili da trovare il resto dell’anno: Juleøl, la birra di Natale caratterizzata da un sentore di caramello; Julebrus, una bevanda analcolica alternativa alla Juleøl, e poi Pinnekjøtt, Ribbe, Lutefisk che sono i componenti fondamentali dei principali piatti natalizi norvegesi.
Julekaker, Julekaker e ancora Julekaker ovverosia i dolci natalizi, che per lo più sono deliziosi biscotti, i quali, pur nella loro semplicità, dicono moltissimo sulla cultura norvegese.
In teoria il termine Julekaker ha un significato ampio, indicandosi con esso tutti i dolci che si producono nel periodo natalizio, dalle poche torte/dessert al cucchiaio ai numerosi biscotti/dolcini secchi; tuttavia, quando in Norvegia si pronuncia la parola Julekaker, al 99% ci si riferisce proprio a questi dolcini secchi.
Le Julekaker sono molto amate e si producono in ogni famiglia norvegese ma si trovano anche in commercio, da quelle del supermercato a quelle dei fornai.
Insomma, sono come la pastiera napoletana: si vendono anche nei negozi, ma ogni famiglia produce le proprie, in rigoroso ossequio alle ricette della nonna.
Esistono circa 200 (!!) tipi di Julekaker, anche se le più amate e quindi le più comuni sono circa una ventina e queste sono protagoniste della scena dolciaria norsk sin dal mese di novembre, quando inizia la loro preparazione.
La tradizione impone che a Natale ci siano a tavola esattamente 7 tipi di Julekaker e che queste siano preparate a partire da 7 settimane prima, procedendo con un tipo a settimana.
Così ai primi di novembre si inaugura la stagione delle Julekaker, che vengono man mano riposte in bellissime scatole di latta, una scatola per ogni tipo, le quali vengono custodite fino al Natale, anzi fino alla sera del 23 dicembre (Lille Juleaften / Piccola Vigilia di Natale).
Le più famose Julekaker sono senza dubbio le Pepperkaker, biscotti di pan di zenzero dalle varie forme, più nota di tutte la formina dell’omino.
Ma quali sono i criteri attraverso i quali scegliere solo 7 tra le circa 200 varietà possibili?
Ebbene non si tratta affatto solo di gusto personale, bensì, a voler essere rigorosi, vige una norma di base precisa, solo una volta rispettata la quale allora si può esercitare una residua facoltà di scelta.
Mi spiego.
Le Julekaker possono essere divise in 3 gruppi a seconda della modalità di cottura:
Ovnsbakte kaker – cotte infornate
Smultstekte kaker – cotte fritte
Jernstekte kaker – cotte con piastra di metallo
Un esempio di Ovnsbakte kaker sono (a parte le suddette amatissime Pepperkaker) quelli che vengono chiamati “Biscotti”, sì proprio così in italiano, i quali sono una sorta di cantucci.
Un esempio di Smultstekte kaker sono gli Smultringer, tanto amati al punto da avere un’apposita postazione di vendita all’interno del Villaggio di Natale “Jul i Vinterland”.
Giusto per capirci sono come delle piccole graffe/zeppole senza zucchero intorno.
Un esempio di Jernstekte kaker sono le Gorokaker, ossia un rettangolo di delicata cialda intarsiata per mezzo dei ghirigori della piastra metallica con la quale sono cotte.
Le Gorokaker ricordano le Ferratelle abruzzesi.
Ovviamente le Smultstekte kaker (fritte) e le Jernstekte kaker (cotte in piastra) sono di gran lunga più antiche delle Ovnsbakte kaker (al forno), introdotte solo dopo l’avvento dell’energia elettrica.
Ebbene la regola impone che le 7 Julekaker siano equamente distribuite tra i 3 gruppi, quindi: 2 fritte, 2 al forno, 2 in metallo, 1 a piacere.
Volendo rispettare rigorosamente la tradizione, quindi, i norvegesi non potrebbero scegliere 7
Julekaker che non siano così scrupolosamente equilibrate tra loro. Ma perché proprio 7?
7 è un numero esoterico:
per i pitagorici è il simbolo della totalità
per il buddismo è il simbolo della completezza 7 i giorni in cui Dio creò il mondo
le virtù cristiane 7 i peccati capitali
sono le meraviglie del mondo 7 i chakra
le note musicali
i colori dell’arcobaleno 7 i giorni della settimana
Il 7 quindi non appare un numero come un altro, ma porta in sé diversi messaggi e significati.
Photocredit meny.no
Quando ho scoperto la tradizione delle Julekaker, mi sono molto incuriosita, soprattutto perché qualcosa non mi tornava, considerato che i norvegesi, a mio avviso, sono molto pratici e pragmatici e immaginarli “impelagati” in un rituale (per giunta culinario) così lungo e articolato mi suonava strano.
Ho anche pensato “perché 7 e non invece 3 Julekaker?!” considerato che anche il 3 è un numero carico di messaggi e al tempo stesso è certamente più coerente con la praticità norvegese, riducendo considerevolmente le energie da impiegare in questo rituale.
Ebbene col trascorrere degli anni e degli inverni qui in Norvegia, ho capito che i motivi per i quali si è radicata la tradizione delle 7 Julekeker da preparare in un così lungo periodo sono molto più profondi e vanno ben al di là della numerologia.
Gli inverni norvegesi sono rigidi.
Lo scorso anno abbiamo raggiunto a Oslo meno 25 gradi.
Il mese di novembre è quello più duro da affrontare quanto al fattore buio, il sole sorge alle 9 circa e tramonta alle 15 circa.
Probabilmente è il momento più duro perché si viene dal lungo periodo di luce e sai che sei solo all’inizio del lungo periodo (per lo più) di buio, che culminerà nel solstizio d’inverno quando il sole sorge alle 10 circa e tramonta alle 14 circa.
Se non affronti tutto ciò con lo spirito giusto, la sopravvivenza diventa difficile: in queste circostanze l’approccio è fondamentale!
I norvegesi in questo sono maestri, come quando dicono che non esiste il bello o il cattivo tempo ma solo l’abbigliamento giusto o sbagliato.
Photocredit tine.no
Per questo a inizio novembre comincia quello che agli occhi di chiunque altro appare come un Natale anzitempo, mentre per chi vive qui è semplicemente un modo per creare un’atmosfera confortevole nonostante tutto.
Così biscottini, luci, colori, musica, spettacoli, cene, feste, concerti, mercatini… ovunque, a qualsivoglia livello, costantemente.
Ed è proprio in questo contesto che si inserisce la tradizione delle Julekaker.
A ben vedere l’usanza di ingannare il tempo del lungo inverno norsk attraverso attività ricreative ha radici molto profonde.
Avrete ormai intuito che il termine norvegese Jul significa Natale, viste tutte le parole composte sin qui citate, ma detto termine esisteva già e si riferiva a ben altro prima che esso fosse associato alla festività del Natale tramite la diffusione del cristianesimo in Norvegia.
Photocredit Julivinterland.no
L’attuale termine Jul deriva dal norreno Jól, che indicava un preciso periodo di tempo di tre giorni in pieno inverno in cui i vichinghi compivano riti che servivano a esorcizzare il buio e il freddo inverno norvegese e a propiziare una buona primavera.
Photocredit ScandinaviaArchaeology.com
Ciò accadeva attraverso feste e banchetti.
In virtù di un certosino lavoro di storici e di archeologi sappiamo che il periodo esatto in cui ricorrevano i tre giorni dello Jól era la metà del mese di gennaio e che sia stato re Håkon il Buono (930-960), cristiano illuminato e lungimirante, a gestire i rapporti tra il rito pagano dello Jól e il rito cristiano del Natale.
Con un lavoro di sopraffina diplomazia Håkon non vietò lo Jól, e bene fece perché il divieto avrebbe certamente fomentato ribellioni, atteso che la Norvegia è forse il paese in cui il paganesimo ha resistito al cristianesimo più delle altre nazioni.
Håkon strategicamente ne anticipò la data di un paio di settimane, facendola coincidere esattamente con il Natale cristiano, in modo che tutti i norvegesi festeggiassero negli stessi giorni: i pagani lo Jól, i cristiani il Natale.
Col trascorrere del tempo e con il diffondersi del cristianesimo il Natale cristiano prevalse sullo Jól pagano.
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In questo modo la sovrapposizione delle due festività e la conseguente commistione di riti e credenze hanno generato il particolare fermento e la sorprendente vivacità del Natale norsk, il quale mantiene tuttora il nome dell’antica festività pagana.
Quanto si nasconde dietro quelli che sembrano semplici biscottini!
Se volete sperimentare qualche Julekaker vi lascio il link di MatPrat, ente che promuove la cultura culinaria norvegese (Google traduttore vi aiuterà): https://www.matprat.no/sok/recipes/1/julekaker?
A questo punto non mi resta altro da dire se non: God Jul e God Jól a tutti!!