Viveva in una vecchia casa di campagna, di quelle poste su un piccolo poggio, esposta a sud con davanti una “toppia” (pergola) di uva fragola sotto la quale c’era un lungo tavolo fatto di assi grigie per la pioggia e il tempo, come pure le panchine poste ai lati del tavolo.
Per noi bambini che ci facevamo le vacanze estive, quello era un posto incantato
Su quel tavolo , al mattino, portavamo le scodelle di latte caldo e le fette del pane di campagna per la colazione.
A destra c’era” la peschiera” (stagno)che ospitava qualche tinca e c’era l’orto.
Tra la toppia e la peschiera c’era il pozzo da cui si attingeva acqua fresca e limpida col secchio di zinco poiché non vi era rubinetto nella casa e si beveva direttamente dalla “casurela” detta comunemente “cassa”
La casa era su due piani e al pianterreno, sulla destra , sulla terra battuta c’era la cucina . A sinistra c’era il pollaio, le conigliere, gli attrezzi da lavoro e il fucile .
La cucina aveva un fornello a due fuochi in una nicchia che un tempo era un focolare, un “putagè” che serviva sia per cucinare che per scaldarsi e una credenza scura con due antine sormontate da un lungo cassetto .
Nel cassetto il nonno ci metteva le uova..
Una lunga e diritta scala tra i due locali del pianterreno portava al piano di sopra che aveva altrettante stanze, una a sinistra e una a destra. Quella di sinistra era il deposito del grano, quella di destra la camera da letto
Dietro la casa c’era un albero di mele cotogne e tanti noccioli.
Un breve sentiero portava dal poggio alla strada bianca e dopo qualche centinaia di metri di vedevano le vigne. In verità si vedevano le 4 casette delle api, ormai sbiadite, che un tempo, avevano il colore del cielo.
Quando andavamo nella vigna l’uva era ancora da maturare, ma noi andavamo a raccogliere le peschine bianche, profumatissime che erano state piantate tra i filari della vite.
Il miele lo accoglieva il nonno, come pure le nocciole.
Le nocciole si tostavano nel putagè prima ancora di sgusciarle. Il profumo delle nocciole tostate è sempre stato,per me, meraviglioso.
Quando il nonno voleva fare il torrone lo sapevamo da qualche giorno….sembrava che meditasse a voce alta le sue intenzioni. Noi ascoltavamo in silenzio, solo i più piccoli chiedevano sempre: “ Quando?”
“Da si n‘poc” rispondeva lui.
Poi un giorno ci alzavamo col profumo del miele che cuoceva con le chiare d’uovo imbiancate . Lui rimestava con un cucchiaio di legno.
Facevamo colazione ….e il nonno rimestava.
“Quando finisce? “
“Nonno è pronto?”
“Ehhh, ai va pasiensa!” rispondeva
“Nonno, ho fame !”
“Ehhh, porta pasiensa” faceva il nonno, divertito.
A noi bambini toccava rompere i gusci delle nocciole con dei sassi. Poi si tenevano i frutti tra le mani giunte e si strofinava per eliminare la pellicina marrone.
Quando il nonno faceva così fatica a rimestare da alzare la spalla e il braccio che reggeva il cucchiaio di legno, era ora di aggiungere le nocciole e di togliere il tegame dal putagè.
Poi rovesciava l’impasto sul marmo del tavolo che prima era stato oliato e poi lo livellava.
Il torrone era pronto, per la gioia dei nostri occhi e palati.
Lo fanno i vecchi il torrone !
…Ci vuole pazienza! Ecco perché ora lo faccio io.
Bisogna mescolare a fuoco basso. Il bianco non deve granulare e deve montare.
Torrone
300g di nocciole o mandorle
4 albumi
400g di miele
buccia di limone non trattato
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– Scottare in acqua bollente 300g di nocciole o mandorle, spellarle e farle tostare a fuoco bassissimo in un pentolino senza acqua o grassi. (io le ho tostate al microonde, piatto crisp 7 minuti circa girandole a metà tostatura)
– Versare in una casseruola 4 etti di miele. Montare 4 albumi a neve ben ferma e aggiungerli al miele. Mettere sul fuoco bassissimo e rimestare per 2 ore, finchè diventa faticoso perchè l’impasto si fa sempre più denso. (decidete a questo punto se preferite un torrone più morbido o più duro)
– Aggiungere le nocciole o le mandorle dimezzate e un cucchiaino di buccia di limone.
– Foderare un vassoio di carta forno , versare l’impasto alto un dito e dividere in pezzi.