Il valore dell’olfatto

Olfatto

Chi non conosce les madelaines? Ciascuno di noi, quotidianamente, si trova in odori che rimandano all’infanzia, profumi particolari a cui si dà immediatamente un nome. L’odore è il biglietto da visita di qualsiasi alimento e tutti, prima di degustarlo, siamo automaticamente portati ad afferrarne le note odorose per capire se ci piacerà o no.

A questo punto la prima domanda che ci dobbiamo porre è: c’è una relazione fra odore e gusto? Possiamo noi cogliere l’intero valore dell’alimento che ci apprestiamo ad assaggiare soltanto attraverso l’odore? In generale no. Le molecole che determinano le note odorose sono volatili, al di sotto di 5 atomi di carbonio (terpeni, acidi, chetoni, aldeidi), quelle responsabili del gusto sono non volatili, al di sopra di 6 atomi di carbonio (polifenoli). Però c’è una certa relazione fra i due gruppi, anche se non sempre positiva.

Lasciamo da parte i difetti, che in genere dipendono dalla tecnica di produzione, penso per esempio a tutti quei prosciutti e formaggi maleodoranti per questione di igiene del latte o di scarsa maturazione della carne. Se noi avvertiamo un odore fiacco, leggero o viceversa intenso e variegato, non necessariamente il gusto di quell’alimento sarà fiacco o intenso. Ho assaggiato formaggi da pascolo bianchi e senza odore, ma il gusto era lunghissimo, perché nel periodo in cui avevano pascolato gli animali l’erba era quasi secca, quindi povera di volatili ma ricca di polifenoli. Quindi possiamo dire che l’odore ci dà un segnale su possibili difetti, ma come dobbiamo interpretarne l’intensità o meno?

A questo punto siamo pronti per la seconda domanda: quali molecole ne sono responsabili? Nel precedente articolo abbiamo visto che sul gusto le idee sono poche e confuse. Invece le molecole odorose sono state abbondantemente studiate. Già agli inizi degli anni ottanta del secolo scorso i francesi avevano capito che i terpeni nel latte provenivano dalle erbe dei pascoli. Adda, un ricercatore di Digione, propose i sesquiterpeni come marcatori del territorio e del pascolamento. Buona intuizione ma pessima proposta perché, come una rondine non fa primavera, anche una molecola non può e non deve fare la differenza. E poi, su quella scia, numerosi ricercatori hanno perso tempo e soldi a trovare i marcatori del territorio. Come funzionano queste molecole? Come ha bene spiegato Moio nel suo libro I sentori del vino, ogni nota odorosa è legata ad una zavorra e si libera quando interviene un enzima prodotto dai fermenti. Ogni fermento produce un solo enzima, ecco perché, quando utilizziamo nel latte un fermento industriale, il gusto diventa mono tono, non si apre ma da sempre la stessa tonalità. Quindi, nel caso dell’odore, gli studi sono numerosi, si conoscono le molecole responsabili e i meccanismi di liberazione nel mezzo in cui si trovano ad agire.

E ora veniamo ai fattori che ne determinano la presenza. Un paio di anni fa, per cercare di capire il mondo del grano, telefonai ad un mio collega, uno dei massimi esperti di cerealicoltura e gli posi una domanda secca: se voglio fare un pane che abbia odore che grano devo comprare? La risposta fu: bella domanda. Io vengo dal mondo dei formaggi, dove i luoghi comuni sono all’ordine del giorno. Realizzai allora che nel mondo del grano il racconto era identico: la proteina. Quindi, se facciamo sempre eccezione per il vino, che sta decenni più avanti, negli altri settori questo tema non viene affrontato. Ho provato a fare una bibliografia su gran parte degli alimenti e non ho trovato una sola pubblicazione che mettesse in relazione l’odore con il sistema di produzione. C’è qualcosa sul sesto degli ulivi e sul numero di piante per ettaro, ma i temi di interesse oggi in tutto il mondo sono le varietà, le razze. Ora, che la biodiversità sia un valore, possiamo considerarlo un assioma, ma spesso si sfocia nella superiorità e qui il discorso diventa pericoloso. Quando Mussolini, dalla piazza di Trieste, annunciò le leggi razziale le giustificò dicendo che: noi non solo siamo diversi dagli ebrei ma siamo superiori. Tutti abbiamo le stesse molecole e possiamo trovare un vino Sangiovese da un euro e da mille euro. I vini aromatici, il cui bouquet è intenso, non per questo sono carissimi. Anzi.

Nel campo dei formaggi ormai la bibliografia è enorme. Tutti sanno che un formaggio da pascolo è diverso, questo sì superiore, ad un formaggio da stalla. Ma lo stesso mondo scientifico non ha definito la regola che porta alla formazione dell’odore. Tempo fa ho fatto degustare sei caciocavalli diversi, e a intensità screscente, per effetto dell’alimentazione degli animali. Ha riscontrato le differenze, ma quando siamo arrivati ai fattori che ne potevano essere responsabili ha detto che l’alimentazione influisce molto poco.

E potremmo continuare. Perché la frutta non ha più odore e sapore? E la verdura? E le uova?

In conclusione, conosciamo le molecole responsabili dell’odore ma non sappiamo ancora da cosa dipendono. Preferiamo studiare le varietà e sperare che da esse venga qualche novità.

Eppure basta guardare quello che succede nel mondo del vino. A prescindere dalle varietà, se vuoi fare qualità devi abbassare le produzioni. E viceversa.

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