In dolce volo da Napoli verso Palermo con scalo a Catania: le rame!

In dolce volo da Napoli verso Palermo con scalo a Catania: le rame!

In dolce volo da Napoli verso Palermo con scalo a Catania: le rame!

Dal titolo odierno, non temete, questo articolo non è frutto di un volo pindarico dell’autrice.

Non è mia intenzione mescolare tra loro carte siciliane e napoletane usando spade forgiate con  rame catanese per giocare a solitario.

Atterro or ora sulla terra palermitana e svelo presto il mistero del titolo, che spero abbia incuriosito il lettore.

Mi trovavo in un discount di quartiere per fare la spesa e attraversando il reparto dei dolci, mottini.

Così come molti palermitani chiamano le merendine confezionate – e biscotti, mi cade l’occhio su delle confezioni di dolciumi ricoperti di lucida glassa di cioccolato chiamate “rame di Napoli”.

Le prendo in mano e mentre le soppeso leggo l’etichetta.

Sono prodotte dalla Pasticceria Aurea, un’azienda con sede a Catania che si occupa della produzione e fornitura di dolci tipici siciliani lavorati principalmente a mano, che distribuisce le sue prelibatezze culinarie nei supermercati e nei mini market di Calabria e Sicilia.

Tra i dolci stagionali, oltre ai buccellati ai fichi o alle chiacchiere di Carnevale, la pasticceria Aurea distribuisce le rame di Napoli, biscotti tipi di una delle festività più sentite dai siciliani, la Festa dei Morti.

Immaginate, quindi, la mia meraviglia nell’acquistare a Palermo dei biscotti tipici di Catania il cui nome è rame di Napoli.

Mentre mordicchiavo una rama, ho iniziato a documentarmi sul perché si chiamino rame e su cosa c’entra la città di Napoli.

Le ipotesi sono varie in verità. A proposito della città partenopea, secondo alcune versioni poco accreditate, ad inventarle fu un pasticciere il cui cognome era Di Napoli o solo Napoli.

Secondo altre un po’ più plausibili, questi biscotti furono per la prima volta preparati quando, nel 1816, Ferdinando di Borbone riunì in un’unica entità statuale il Regno di Napoli e il Regno di Sicilia trasformandolo nel Regno delle Due Sicilie.

Per celebrare  questa sorta di unione e far figurare “Napoli” nel nome di questo dolce perché era stato forse omesso dal nome del nuovo stato dell’Italia Meridionale.

Che le rame di Napoli siano dolci festivi è, quindi, fuor di dubbio ma perché si chiamano rame? In dialetto siciliano a rama è il singolare di ramo, ma il plurale di solito è rami, non rame.

Tra le ipotesi accreditate sul nome di questi biscotti si ipotizza che siano stati modellati a somiglianza di quelle monete in lega di rame coniate per sostituire quelle d’oro e d’argento, nei traffici quotidiani proprio dopo la proclamazione del Regno delle Due Sicilie.

Ed effettivamente, sfogliando un piccolo volume dedicato alla monetazione d’oro e di rame coniata a Palermo, risulta che, per contrastare la grande circolazione di moneta di rame false in Sicilia.

Nel  giugno 1814 fu introdotta, dopo provvedimento regio, una nuova monetazione in rame pure di 1, 2, 5 e 10 grani siciliani.

Le rame di Napoli, quindi, sono biscotti tondi come delle monete di rame, inteso, quindi, come metallo, ideate a Catania per suggellare e festeggiare questa sorta di unione tra il Regno di Napoli e il Regno di Sicilia.

Ma come sono fatte?

Di ricette sul web ce ne sono a granelli ma alla scrivente preme sottolineare che, pur essendo dolci tipici catanesi.

Molti sono gli ingredienti che li accomunano ai dolciumi tipici della festa dei morti di Palermo (tetù e teio, quaresimali o reginelle per citarne alcuni).

Farina, zucchero e burro accomunano un po’ tutti i biscotti.

Ma molto usati per questa festa sono il miele e aromi intensi:

la cannella, i chiodi di garofano, il succo, la marmellata e le scorze d’arancia.

I biscotti della festa dei morti, infatti, devono calamitare la vista.

Ma, soprattutto, l’olfatto che, nelle rame di Napoli, è super stimolato perché sono preparati anche con cacao amaro.

I già citati chiodi di garofano e cannella, e una bella colata finale di cioccolato fondente.

Lascia un commento