In Liguria lo sciroppo di rosa torna di attualità.

Nomini la Liguria ad un gastronomo e subito la mente, per uno strano e intrigante gioco di associazioni e dejà vu, fa affiorare anche alle papille gustative, il pesto genovese con i suoi profumi ed i suoi sapori.
Ma la Liguria non è solo pesto, o prescinsuea, o salsa di noci o olio taggiasco. Liguria, terra di fiori e di sapori, è anche rose e sciroppo di rosa.
Un tempo lo sciroppo di rose era una presenza costante nella dispensa di ogni cucina genovese.

In particolare nella Valle Scrivia, quella conca formata dai torrenti Laccio, Brevenna e Pentemina, che formano poi lo Scrivia che bagna Montoggio e scende a mare passando per Torriglia e Busalla, ed in parte anche in Valle Sturla, era molto diffusa la coltivazione delle rose per la produzione dello sciroppo, che erano presenti non solo nei giardini e negli orti, ma anche nei parchi delle ville padronali e nei monasteri, particolarmente apprezzate per le loro proprietà officinali oltre che estetiche.

Oggi come allora, lo sciroppo si ricava dall’infusione dei petali della rosa, con l’aggiunta di solo zucchero e dalla filtratura del liquido che viene poi successivamente inserito nei vasetti di vetro o nelle caratteristiche bottigliette dal collo lungo.

Lo sciroppo di petali di rosa ha un colore e un odore intensi ed è un’ottima bevanda dissetante per l’estate, se allungato con acqua fredda, o diventa un efficace calmante per la tosse in inverno, se sciolto in acqua tiepida.
Le migliori varietà usate per la produzione di sciroppo sono la Rosa Rugosa, originaria del Giappone e della Manciuria, la Muscosa e la Gallica, già presenti nei giardini dei Greci e dei Romani.
Sono tutte varietà antiche, con i fiori molto profumati e per questo molto adatte non solo per la produzione di sciroppo, ma anche per confetture e liquori, tanto che i petali prodotti in Valle Scrivia sono richiesti anche dalla confetteria Romanengo di Genova, una delle più antiche pasticcerie ancora esistenti.

Lo sciroppo di rose era, però, diventato una rarità a seguito dell’abbandono sempre più accelerato della campagna e dei costi sostenuti per il mantenimento delle ville padronali e dei terreni ad esse connessi.
Soltanto grazie all’iniziativa di alcuni “lungimiranti”, nel 2000 si diede vita ad un’associazione di produttori locali: l’associazione “Le Rose della Valle Scrivia”, formata dai produttori e dai coltivatori locali che si proposero di promuovere il recupero della produzione delle antiche cultivar di rose da sciroppo della Valle.

Ma vuoi per gli incentivi alla produzione proposti dalla stessa Associazione, vuoi per un ritorno dei giovani ad una forma di agricoltura locale e contenuta seguendo fedelmente le antiche tradizioni locali, vuoi anche per un recupero ed una valorizzazione di antichi usi, lo sciroppo di rose, ai giorni nostri, è diventato estremamente attuale e la produzione comincia a toccare interessanti livelli in termini di quantità e di rientro economico.
Oggi si assiste ad una produzione a più ampio spettro, diffusa ormai in quasi tutto il territorio del genovesato ed, in parte anche fuori provincia, dove si mantiene ancora lo stretto legame con le varietà di rose antiche e il fedele rispetto per la ricetta tradizionale anche se qualcuno comincia ad apportare alcune aggiunte ai tradizionali ingredienti che restano, lo ripeto, esclusivamente petali di rose, acqua e zucchero.
Per l’importanza che questo prodotto riveste nella tradizione locale, l’associazione internazionale Slow Food l’ha inserito fra i suoi presidi da salvaguardare.

di Salvo Schiavone
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