La cassola ebraica
- Giustino Catalano
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Storia di un recipiente e ricetta di un dolce di disarmante bontà.
(si ringrazia per la ricetta e il supporto storiografico Umberto Pavoncello)
Se dico Cassola molti di voi assoceranno a giusta ragione questo con la Cassouela, sontuosa minestra di verze e salamini (i verzini) che si prepara proprio di questi tempi in Lombardia.
Infatti non siete assolutamente distanti dalla sua etimologia che si divide con altre ricette, anche giudaico romanesche e ancor prima arabe moresche ( e ci spiace per i puristi separatisti lombardi!)
La storia è la seguente
Durante la cacciata degli Arabi dalla penisola iberica, e in particolare dalla città di Valencia, gli spagnoli acquisirono un recipiente di cottura insolito. Era realizzato in terracotta, di forma svasata con l’interno vetrificato e i Mori lo chiamavano “qasūla”.
Questo strumento si utilizzava per la preparazione di stufati di montone e pollo e aveva una dimensione intermedia tra i grandi paioli e le piccole pentole profonde di terracotta, una vera scoperta e rivoluzione nella cucina medievale per le cotture in umido. Fu esportato in altri paesi.
I marrani, ovvero gli ebrei spagnoli costretti a convertirsi al cristianesimo durante la Reconquista, dovettero sostituire le carni bovine, ovine e avicole con quelle del maiale come prova della loro conversione.
Questa trasformazione culinaria coatta ebbe un grande successo
Il tipico piatto ebreo chiamato “adafina” (brodo di montone, ceci e cavoli) si trasformò in una variante che avrebbe avuto un ruolo importante nella storia delle varianti della cassoeula: la famosa “olla podrida” (letteralmente “pentola marcia”).
Il barocchismo spagnolo e la tendenza ad aggiungere ingredienti anziché eliminarli hanno portato alla creazione di molte varianti, che hanno anche contaminato gli stufati.
Ad esempio, ci sono i “casseulets” della Linguadoca e una cassoeula seicentesca anconetana che, insieme a piccioni, uccelletti, prosciutto, pancetta di maiale, testicoli e animelle di agnello, include persino vongole e cannolicchi. Questa tradizione è sopravvissuta fino ai giorni nostri, come testimoniano le innumerevoli varianti regionali lombarde della cassoeula.
Quindi un cambiamento di pochi chilometri può significare una differenza nella ricetta
In sintesi: l’etimologia è araba, la casseruola è originariamente ebraica, l’importazione è sicuramente spagnola, la diffusione iniziale è napoletana e siciliana. E la Lombardia sta a guardare.
In quello che fu il Ghetto e che oggi è il bellissimo Quartiere Ebraico di Roma, in tutte le case si confezionava un dolce molto povero e semplice ma gustosissimo che si chiamava Cassola proprio a causa della pentola nella quale veniva cotto e che in un certo qual modo potremmo ritenere, alla larga l’antesignano della Cheesecake.
La cassola
Ho chiesto ad Umberto, che mi ha aiutato in queste ricerche la ricetta della sua famiglia che lui ripropone nel suo locale al Portico di Ottavia nella Piazza del quartiere.
Ricetta della Cassola di “Nonna Betta”
Ingredienti per 4 persone
4 uova
4 cucchiai di zucchero
400 grammi di ricotta
una spolverata di cannella
un pizzico di sale.
Iniziare lavorando la ricotta con zucchero e cannella, aggiungere le uova e il sale, impastare il tutto, mettere in forno a temperatura media e quando brunisce è fatta.
In alcune case si aggiunge all’impasto l’uva passa.
Di formazione classica sono approdato al cibo per testa e per gola sin dall’infanzia. Un giorno, poi, a diciannove anni è scattata una molla improvvisa e mi sono ritrovato sempre con maggior impegno a provare prodotti, ad approfondire argomenti e categorie merceologiche, a conoscere produttori e ristoratori.
Da questo mondo ho appreso molte cose ma più di ogni altra che esiste il cibo di qualità e il cibo spazzatura e che il secondo spesso si mistifica fin troppo bene nel primo.
Infinitamente curioso cerco sempre qualcosa che mi dia quell’emozione che il cibo dovrebbe dare ad ognuno di noi, quel concetto o idea che dovrebbe essere ben leggibile dietro ogni piatto, quella produzione ormai dimenticata o sconosciuta.
Quando ho immaginato questo sito non l’ho pensato per soddisfare un mio desiderio di visibilità ma per creare un contenitore di idee dove tutti coloro che avevano piacere di parteciparvi potessero apportare, secondo le proprie possibilità e conoscenze, un contributo alla conoscenza del cibo. Spero di esservi riuscito.
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