La Chiazza: la pizza che unisce come una piazza
A Racale c’è un profumo che si riconosce da lontano: quello del legno che brucia piano e della pizza che si gonfia in forno.
È da qui che nasce la storia di Davide Caggiula classe 1979, pizzaiolo per caso e per destino, anima e mani de La Chiazza, una pizzeria che cerca di diventare luogo d’incontro e appartenenza come un tempo era la piazza dei nostri paesi.
“La mia passione per i lievitati è nata nel 2006 per caso, quando mio padre rilevò una pizzeria a Gallipoli” ci racconta Davide “Non avevo mai impastato prima, ma da quell’urgenza è nata la scintilla: un amore vero per il mondo dell’arte bianca”.
Un amore che nel tempo è diventato mestiere tra studio, ricerca ed infine un nuovo progetto di vita.
Il suo banco è un piccolo teatro fatto di farina, lieviti e gesti antichi che sanno di appartenenza.
Anni di prove, di farine cambiate, di impasti riusciti e falliti, fino a trovare quella consistenza che oggi è la sua firma: una pizza che è al tempo stesso croccante e morbida, equilibrata e riconoscibile.
Un nome che racconta la comunità
Il nome “La Chiazza” è nato molto prima del locale, quasi come un’idea da custodire.
“L’ho scelto perché richiama la piazza del paese, il luogo in cui la gente si ritrova” spiega Davide “Ho voluto che la mia pizzeria fosse questo: uno spazio di incontro, di bambini che giocano, di anziani che si fermano a parlare, di madri che si riposano un attimo guardando i loro figli”.
All’interno le volte a stella e il pavimento riprendono quello delle piazze salentine e creano una continuità naturale con l’esterno.

È una pizzeria che cerca di diventare metafora del paese stesso, una casa collettiva dove il cibo è veicolo di relazione.
“La Chiazza è la pizzeria della gente, fatta per la gente” dice sorridendo il fondatore.
In un’epoca in cui tutto tende a uniformarsi, questo progetto riporta il gesto più semplice mangiare insieme al centro di una dimensione condivisa, autentica e quotidiana.
La filosofia di Davide
La filosofia di Davide si fonda su tre parole chiave: umiltà, spontaneità e gusto.
“Non mi sento superiore a nessuno. Penso solo che, se io voglio mangiare bene, devo far mangiare bene anche chi entra qui” afferma con convinzione.
Dietro la sua semplicità c’è però uno studio rigoroso sugli impasti.
Dopo anni di prove, ha trovato il suo equilibrio perfetto con la farina Casillo, che considera “gustosa e completa, capace di restituire un profumo e una struttura unici”.
Lavora prevalentemente con pre-fermento e biga con un idratazione variabile tra il 65% e l’80%, a seconda del risultato desiderato.

Forno a legna e ingredienti
Per Davide, la cottura è sacra.
Il suo forno a legna non è solo uno strumento, ma un elemento identitario.
“Dopo tanti anni di lavoro posso dire che il legna resta il migliore: è vivo, imprevedibile, richiede attenzione ma ti ripaga con una cottura omogenea, perfetta”.
Ogni pizza diventa frutto di una catena di scelte consapevoli: i pelati Solania, l’olio Guglielmi, le conserve Carbone, prodotti che parlano di Sud, di sole e di stagioni.
“Scelgo ingredienti che assaggio io per primo” ci racconta “Perché voglio che ogni morso sia fresco, profumato, mai pesante”.
Anche nei salumi cerca equilibrio e pulizia di gusto.
“Preferisco sapori che non coprano, ma accompagnino. Pochi ingredienti, ma buoni. Così la pizza rimane viva, riconoscibile, sincera”.
Le pucce fritte e la follia creativa
Accanto al menu delle pizze, La Chiazza nasconde una piccola sorpresa: le pucce fritte.
Un esperimento nato in un momento di noia e di un ultimo panetto di pizza.
“Un giorno ho deciso di schiacciare un impasto e friggerlo. Poi l’ho aperto come una puccia e l’ho farcito” racconta emozionato.
Il risultato è un piatto che unisce tradizione e audacia: impasto leggero, fritto asciutto e ripieni gourmet.
Una delle più amate è quella con capocollo di Martina Franca, gambero viola crudo, stracciatella e rucola.
“Al primo morso esplode tutto: il mare, la terra, la freschezza del latticino. È una sinfonia che sorprende e che mi ha convinto si da subito”.
Ma la creatività di Davide non si ferma qui: ogni pizza nasce come un racconto, spesso ispirato da chi gli sta vicino.
“Con il mio amico fotografo Alessandro Mauramati abbiamo un feeling speciale: lui lancia un’idea, io la traduco in pizza” ci spiega.
Così è nata U Pacciu, una “diavola rivisitata” con scamorza affumicata, ventricina piccante, datterino giallo e pepite ripiene di formaggio.
“È una pizza ignorante, nel senso buono: schietta, sincera, senza regole”.

Un futuro che profuma di libertà
Sul futuro della pizza, Davide ha una visione chiara:
“Oggi la pizza è diventata una moda, ma non deve smettere di essere popolare” riflette. “Il segreto è reinventarsi ogni giorno, trovare la propria voce. Il gourmet non è seguire la tendenza, ma crearla”.
La pizza deve restare un atto di libertà e fantasia, come un abito cucito addosso.
“Ognuno di noi ha una sua originalità, come un artigiano che mette sé stesso in ciò che fa. È quello che cerco di trasmettere ogni sera: autenticità, calore e soprattutto un sorriso.”
Photo Credit: Alessandro Mauramati







