La festa dell’uva di Tarcal e un salto a Tokaj in Ungheria

All’inizio di settembre a Tarcal, un pittoresco centro vinicolo della Tokaj-Hegyalja a cinque minuti di strada da Tokaj, si fa una grande festa dell’uva. Niente di meglio di questa occasione per una visita enogastronomica in quella bellissima zona ungherese. Siamo partiti da Udine alle 9 del mattino, in 2 ore eravamo a Graz e subito dopo Gleisdorf siamo usciti dall’autostrada in direzione Budapest. Dal confine ungherese fino alla capitale Budapest pensavo di metterci di meno, visto che è una strada europea, ma non avevo fatto i conti con l’Ungheria, che è un Paese fondamentalmente agricolo e per gran parte della tratta fino alla Riserva del fiume Mura si attraversano paesini con tanto di lavori in corso, dietro una coda di TIR che dal centro Europa vanno verso la capitale magiara e oltre, verso l’Ucraina.

Da Graz per Budapest sarebbero circa 3 ore, ma ci siamo fermati in una simpatica trattoria di campagna tutta di legno con un piazzale enorme, alcune auto e molti camion, quindi buon segno. Un salutare approccio con l’ottima cucina ungherese ci voleva proprio. Qui si ordina in genere un piatto unico, perché le porzioni sono molto abbondanti, proprio da camionisti. Ne abbiamo ordinato uno diverso per ciascuno, così ce li siamo poi divisi a mo’ di assaggini e siamo ripartiti. Dopo il ponte, finalmente è cominciata l’autostrada M7 (E71) percorribile acquistando prima (meglio già al confine) un bollo da mettere bene in vista sul parabrezza, così si può andare veloci lungo le colline della sponda del grande lago Balaton, evitando gli incroci con le numerose stradine dei villeggianti.

A Budapest, prima tutto il flusso delle auto che vanno verso Tokaj passava proprio dal centro, ma adesso dalla periferia occidentale una circonvallazione molto lunga (M0) aggira la capitale e riprende alla periferia opposta, quindi si viaggia molto bene (occhio soltanto al modo di guidare degli ungheresi, che non guardano mai negli specchietti retrovisori), perciò in altre 2 ore siamo arrivati nella zona dei vini bianchi dolci più famosi del mondo. Come tutte le altre volte, mi sono fermato a dormire qualche chilometro dopo Szerencs e appena prima di Tarcal e Tokaj, in mezzo ai vigneti alle pendici dei monti Zémplen tra Mezőzombor e Mád, proprio a un tiro di schioppo dal rondò dove comincia la grande tenuta Disznókő, al motel e campeggio Bortó Panzió (tel/fax +36.47.369124 e GPS 48.176356, 21.3007897), che è ben segnalato sulla strada ed è aperto da fine marzo a metà dicembre.

Questo posto mi ricorda la Nurra, in Sardegna, manca soltanto il mare, ma è uno dei più tranquilli e bucolici che conosca. Camere con bagno, ma senza nessuna pretesa, in linea con la campagna e l’atmosfera da campeggio sul laghetto, che è pescoso e balneabile; in compenso il silenzio è assicurato, la colazione al mattino è molto ricca e si parcheggia l’auto davanti alle camere, tutte a pianterreno in uno stabile che un tempo era una fattoria incastonata tra pruneti e vigne e con un terreno di proprietà molto vasto e molto verde. Metà settembre, dunque metà zanzare…

La mattina della festa siamo andati subito a Tarcal di buon’ora per vedere la gente e i bambini, provenienti da tutti i Zémplen, che a folti gruppi si aggregavano nei coloratissimi costumi tradizionali lungo il viale principale e nella piazzetta dietro il grande negozio di generi alimentari per ballare, bere e mangiare finché non erano stufi.

Tante iniziative, per esempio la cantina Királyudvar aperta, ma anche la sala comunale con il piccolo museo della località, molte bancarelle con i prodotti tipici, dalle salsicce ai formaggi, insomma un’allegra sagra paesana. Infatti abbiamo pranzato molto volentieri al sacco, ma per un buon caffè abbiamo dovuto fare un salto in centro a Tokaj. Per entrare in paese abbiamo lasciato sulla destra il famoso ponte della confluenza dei fiumi Bodrog e Tisza, dalle acque con una sicura differenza di temperatura che genera spesso le nebbie, benefiche per la muffa nobile botrytis cinerea che appassisce gli acini prima della vendemmia, condizione indispensabile per fare il vino Tokaji.

Siamo stati da Gróf Degenfeld Kastélyszálló in Tarcal (tel. +36.47.580400 e GPS 48.143744, 21.334264), un hotel ristorante circondato da un bel parco molto ombroso per vivere una favola d’altri tempi nello stile classico che contraddistingue il posto e con la stessa eleganza che abbiamo ritrovato anche nell’altro hotel ristorante dello stesso proprietario, il Degenfeld Palota Étterem a Tokaj (tel. +36.47.552202, fax +36.47.552174 e GPS 48.126022,21.408328), sulla quieta piazza della chiesa in una caratteristica palazzina ben ristrutturata, il caffè con i dolci, che osiamo dire insuperabili. Vi si trovano anche appartamenti con l’aria condizionata e questi sì che hanno tutti i comfort.

Già che eravamo in paese, ne abbiamo approfittato per degustare qualche ottimo Tokaji nelle storiche cantine che si affacciano sulla piazzetta o nelle vie immediatamente circostanti, da Àrvay, Rákóczi e Himesudvar per esempio, con tunnel antichissimi scavati sotto il monte che vale la pena di percorrere. Ma non senza qualche sorpresa.

Un po’ più in là, sulla strada verso la periferia settentrionale e il porto sul fiume Bodrog, tra le casette tutte basse che caratterizzano l’abitato e rallegrano i passanti, di fronte a un bar con un’insegna da enoteca, ecco un tavolino per la vendita ai passanti di bottigliette di pálinka, la grappa locale, e anche di ”vino” in bottiglie di plastica da un litro e mezzo, riciclate dopo averne bevuta l’acqua… ma che schifezza! Anche nella cosiddetta enoteca servivano calici della stessa roba, i famigerati vini ”del contadino”, con strani odori più o meno di idrocarburi e che costavano la metà rispetto agli ottimi vini di Degenfeld, ma tutti da sputare.

Siamo perciò ritornati di corsa a rifarci la bocca sulla veranda del maestro Degenfeld, poi alcuni acquisti e infine la santa messa del sabato sera. Ci ha colpito molto questa chiesa pittoresca, perché sorge in pieno centro del paese più ricco d’Ungheria, eppure è molto contadino, molto povero, tanto che non giravano nemmeno i cestini per raccogliere le offerte. Il sacerdote, molto anziano e sofferente, alla fine ci ha inseguito fin sulla porta, vestito ancora dei paramenti sacri, per donarci un dischetto di gesso con l’immagine in rilievo proprio di questo posto sacro, un invito a ritornare, forse perché il sagrestano lo aveva informato che avevamo messo una banconota straniera nella cassetta delle offerte.

Siamo tornati a Tarcal in tempo per veder ballare i sopravvissuti delle straordinarie bevute della giornata e poi, prima di rientrare al nido nel vigneto, abbiamo cenato al ristorante della villa reale della tenuta vitivinicola Disznókő (GPS 48.166581, 21.302553), la “maison jaune” Sárga Borház (GPS 48.165469, 21.303218) costruita in stile liberty, molto accogliente tra le sue vecchie mura, dove secondo me c’è il miglior rapporto qualità prezzo di tutta il circondario.

La mattina dopo, ancora una splendida giornata di questo settembre che sarà ricordato a lungo come uno dei più straordinari per la maturazione dei grappoli, quindi ci siamo tuffati subito nei vigneti, raccogliendo qua e là dei grappoli per assaggiarne le dolcissime uve già mature ma ancora sane e godendoci un silenzio da capogiro.

Un sole caldo, una brezza fresca, un paesaggio mozzafiato. Niente trattori, niente auto, solo delle coppie di falchi che dall’alto scrutavano queste colline da cinghiali. Disznókő significa appunto “muso di cinghiale” e le vigne e i frutteti, specialmente nella pittoresca valle che si apre dietro il laghetto di Bortó Panzió tra le pendici dei monti Király-Erdő e Bomboly verso l’interno selvatico del monte Galambos, sono ancora segnati qua e là dal loro passaggio.

Fra i filari si cammina benissimo, le vigne sono ben curate, ma s’incontrano anche delle vecchissime vigne abbandonate che ancora danno ottimi frutti e la gente viene dalla città a prenderne qualche cassetta, peccato buttarla. Come le prugne; infatti nel vecchio pruneto rimasto incolto alle pendici della collina di fronte c’era una famiglia arrivata con una vecchia Trabant appunto per raccoglierne soltanto qualcuna. Invece il contadino dell’altro pruneto vicino, ben zappato e molto in ordine, le prugne le stava raccogliendo con degli aiutanti fin dall’alba e a parecchie decine di cassette. Abbiamo notato anche due filari ben curati di uve rosse che da una posizione piuttosto lontana dalla cantina risalivano verso la cima del monte, dove abbiamo visto due piccole casette.

Strano, non c’è alcuna produzione di vino rosso a Disznókő e il disciplinare di produzione del Tokaji non ne prevede. Avrei voluto chiedere all’amico András Egyedi di Tokaj Renaissance, ma quando l’ho cercato István Szepszy mi ha detto che era a Bruxelles a fare l’eurodeputato . Non me la sono sentita di dire al re degli enologi di Tokaj di questi filari scoperti nella scarpinata, era in festa con tutta Tarcal, perché rovinargliela? Sembravano uve di pinot noir o di kékfrankos, forse sperimentazioni, visto che la tenuta ora è in mano ai francesi della AXA Millésimes e comunque vi producono anche l’Eszencia, mosto pulito dalla lunghissima fermentazione che una volta veniva venduto come medicina nelle farmacie ma oggi non è in vendita, viene soltanto offerto ai turisti in visita, perfino ai bambini. Anche mio figlio l’ha assaggiato, l’ha trovato troppo dolce, ma chi non lo sognerebbe dopo una salutare scampagnata come questa che ci è rimasta nel cuore e che consiglio a tutti? Per tutte le informazioni necessarie si può cercare su www.tokaj.hu. Buon viaggio!

Rolando Marcodini

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