La lampuga in umido.

Finalmente estate, tempo di mare e di bagni, di sole e di relax a tutto spiano.
E tempo di battute di pesca nei week end e non solo.
Quindi niente di meglio che prendere una buona canna da pesca, riunire gli amici fraterni e imbarcarsi dirigendosi verso il largo così da allontanarsi dalle coste gremite di bagnanti in cerca dell’abbronzatura perfetta.
Via dal caos e dal rumore e dall’aria “cittadina” per respirare a pieni polmoni lo iodio benefico.
E si parte da Marzamemi verso le acque profonde del canale di Sicilia, in direzione Malta, alla ricerca di prede ambite con nella mente e negli occhi sognanti, il ricordo della tremenda e lunga lotta tra l’uomo e il pesce spada, cercando di rivivere, sia pure in parte ed adattato ai nostri giorni, la mitica e mai dimenticata scena de “Il vecchio e il mare” di Hemngway.
Questa volta siamo a caccia … ops, a pesca di lampughe.
La lampuga, o “pesce capone” appartiene alla grande famiglia dei pesci azzurri.
E’ un pesce pelagico dei mari tropicali che ha trovato un habitat adatto nel mar Ionio, sopra tutto nella fascia che scende da Catania fino a Malta e oltre, dove migra per la deposizione delle uova nei periodi da settembre a novembre.
Non si avvicina mai alla costa per cui la sua pesca deve necessariamente essere condotta in acque profonde e per questo diventa particolarmente impegnativa, sia per i tipi di imbarcazioni adatte alla navigazione extra costiera, sia per la combattività stessa del pesce che resta una delle prede più ambite dai pescatori sportivi che vi si confrontano, spesso senza successo.
I pescatori professionisti siciliani hanno realizzato un sistema di richiamo particolarmente valido:
intrecciano delle foglie di palma in una sorta di ampio ventaglio (cannicci) che poi legano ad una cima lasciata andare in profondità con dei pesi di zavorra che la trattengano al fondo per evitare che siano trascinate via dalle correnti.
Questi grandi ombrelli formano sulla superficie una discreta zona di ombra che attira le lampughe che vi si ricoverano sotto, in cerca di un po’ di riposo nei loro lunghi viaggi migratori.
Le imbarcazioni circondano i cannicci e con le reti riescono a catturare diversi esemplari.
I cannicci sono anche furbescamente impiegati dai pescatori sportivi che, passando vicino con canne da traina, riescono a riempire il paniere senza eccessivo sforzo.
La lampuga ha carni sode ed è molto apprezzata e ricercata per il sapore e per il contenimento delle parti non commestibili, una volta pulito.
Le sue carni possono essere cucinate in diversi modi ma la ricetta che viene più usata, quella che nasce dalla tradizione raccontata dai pescatori di Portopalo di Capo Passero, vuole la lampuga in umido che esalta particolarmente il sapore di questo pesce stagionale che non è sempre disponibile nelle pescherie o nei ristoranti.

Ingredienti
1 kg di lampughe
2 spicchi d’aglio
Mezza cipolla
50 gr capperi
100 gr olive verdi snocciolate
Un ciuffo di prezzemolo
Sale e pepe q.b.
Mezzo bicchiere di vino bianco secco
Olio extravergine d’oliva
500 grammi pomodori pachino, pelati tagliati a cubetti
50 gr farina di riso

Procedimento
Dopo aver pulito il pesce, tagliarlo a tranci e infarinarlo leggermente con farina di riso.
In un grosso tegame, che poi si possa coprire, soffriggere con poco olio, la cipolla e l’aglio ttritati finemente.
Unire il pesce, lasciarlo dorare leggermente e poi sfumare con il vino lasciando insaporire per qualche minuto.
Aggiungere i pomodori pachino, pelati e tagliati a dadini, un pizzico di zucchero per eliminare l’acidità, quindi aggiungere una generosa manciata di prezzemolo tritato, i capperi precedentemente ben lavati e le olive.
Coprire e portare a cottura.
Servire con l’aggiunta di un altro pizzico di prezzemolo tritato e con una abbondante spolverata di pepe nero macinato al momento.

di Salvo Schiavone
Lampuga

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