La pastiera: regale, sacra, divina

Pastiera, elogio della primavera, tripudio del mondo rurale, risveglio di profumi e sapori che coincide con la ripartenza del ciclo stagionale.

Se la colomba sa troppo di panettone adattato alla Pasqua, e l’uovo, per quanto buono possa esserne il cioccolato, non marca un’identità territoriale e culturale ben precisa, la pastiera invece va a connotare la tradizione gastronomica della festività pasquale a Napoli più che in altri territori come naturale conseguenza di un legame con la terra. Apprezzata da ogni ceto sociale, in quanto dolce povero che però si può eseguire con enorme finezza, fu capace di far sorridere Maria Cristina di Savoia che pare fosse piuttosto seriosa per il suo integerrimo animo religioso, e il marito Ferdinando II di Borbone trovò poco da consolarsi nel pensare che per rivederla sorridere avrebbe dovuto aspettare la Pasqua successiva, ma del resto quando sposi una regina che però verrà addirittura beatificata qualche domanda sul tuo ménage dovrai pur fartela. Dalla dimensione regale a quella sacra, dunque, non solo per la quasi santità della regina dal sorriso difficile, ma anche perché le immancabili suore di conventi perduti nel centro storico di Napoli non mancano nemmeno stavolta nelle storie sulle origini di questo dolce, come per le sfogliatelle e le zeppole, tanto per dire, dal che se ne deduce che le monache passassero forse molto più tempo in cucina che sull’inginocchiatoio. Che ci fossero riti pagani collegati ad alcuni degli ingredienti che contribuiscono a creare questo capolavoro della pasticceria ma anche delle cucine di casa è sicuro, ma questo non basta a dire che la pastiera sia diretta conseguenza di quelle pratiche.1demichele-uova

Feste legate alla mietitura, celebrazioni della primavera e simbolismo della nascita nelle uova sono indizi un po’ troppo vaghi e troppo scarsi per vederne i primordi della pastiera. Molto più plausibile un’influenza o una discendenza comune tra la cassata siciliana – quella originaria al forno – e la pastiera, alla quale ovviamente si aggiungono ingredienti ulteriori, tra i quali spiccano le acque aromatizzate ai fiori, per sentire in ogni fetta la nuova stagione che apre le sue porte. Perciò invece di lanciarsi in troppo ipotetiche ricostruzioni pseudo storiche su come sia nata la pastiera, è molto più piacevole rivedere la leggenda di Partenope, la sirena dal bel canto alla quale sette fanciulle napoletane recarono in omaggio da parte della città farina, ricotta, uova, grano, zucchero, acqua e spezie, che la sirena pensò bene di portare direttamente agli dei i quali in un attimo, molto meglio di qualsiasi pasticciere, diedero forma alla prima pastiera divina.3demichele-ricotta

Come divina è quella di Camillo e Marianna della pasticceria De Michele, che con la consueta disponibilità aprono le porte del loro laboratorio e condividono con noi i loro segreti. Che le pasticcerie aggiungano al ripieno anche della crema pasticciera è innegabile, perché la ingentilisce e non c’è da scandalizzarsi, anche perché per una pasticceria avere della crema a disposizione è come avere l’acqua mentre a casa se ne può fare tranquillamente a meno, altrimenti dovreste prepararla di proposito. Ma per questa volta Camillo ce la prepara come se la faceste a casa vostra.

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Altra diatriba sempiterna: se il grano vada o non vada passato. Non è solo questione di de gustibus, in realtà non c’è nessuna prova che il grano non venisse passato anche in tempi andati, senza contare che una volta per fare la pastiera si partiva dal grano vero, la cui cottura casalinga tende a sfaldarlo molto di più di quanto lo sia quello in barattolo comunemente in commercio. Quasi sempre Camillo adotta una virtus che stat in medio, e fa fare al grano un passaggio tra i rulli per ridurne un po’ lo spessore. Con grande rammarico mi annuncia invece la quasi definitiva scomparsa dei canditi, su espressa richiesta di parte della clientela, dalla pastiera come dal sanguinaccio, persino da panettoni e colombe, e se qualcuno ce lo si mette sugli struffoli è perché resta ben visibile e si può scartare facilmente, ma purtroppo pare che al pubblico cedro, zuccata e altri frutti proprio non vadano a genio.

E si arriva a profumi e aromi.

Un pasticciere ha una dotazione non certo paragonabile a quella di un pur bravo e appassionato pasticcione casalingo, per questo Camillo aggiunge al ripieno poche preziosissime gocce di neroli che però non vi consiglio nemmeno di provare a procurarvi a meno che non abbiate appena ereditato ingenti somme; molto meglio la consueta acqua, millefiori o solo fiori d’arancio a piacere vostro. Stesso discorso per la cannella, che si usa in stecche per aromatizzare, oppure in estratto, una goccia del quale vale cento vasetti di quella già macinata, che rischia anche di non sciogliersi del tutto, ma anche qui nella versione casalinga meglio puntare a ciò che è più facile procurarsi. La pastiera, come già detto, ha il suo pregio nell’essere un dolce trasversale, non solo in termini sociali – dal povero al ricco – ma anche nella gamma e nella collocazione contestuale, essendo un dolce non stucchevole, capace di regalare sensazioni calde e fresche, adatto a tutte le ore, al fine pasto del pranzo pasquale, alla striscetta rubata dal ruoto nel quale la pastiera rimane continuando a maturare, finanche a sostituire un pasto intero mangiandone una bella fetta. E ora, rimboccatevi le maniche che la Pasqua è vicina e le dritte di Camillo sono pronte (anche le pastiere in vetrina, per chi non vuole cimentarsi ma solo degustare).

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Ingredienti (in percentuale)
Per la pasta frolla:
100 % farina
50 % strutto o burro
50 % zucchero
1 uovo ogni 2 etti di farina
Per il ripieno:
100 % grano cotto
100 % ricotta
100 % zucchero
1 uovo circa ogni etto di grano
1 tuorlo d’uovo ogni 250 g. di grano
Acqua o latte
Strutto o burro
Sale
Cannella
Acqua di millefiori
Vaniglia
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Unisci tutti insieme gli ingredienti della frolla, impastando rapidamente soprattutto con le dita, finché raggiunge un minimo di amalgama ma senza arrivare a un impasto liscio, poi copri con pellicola e fai riposare più che puoi in frigo, così la pasta non solo si stenderà meglio perché fredda ma soprattutto perché le fibre saranno distese. Metti il grano a cuocere coperto a filo di acqua o latte, con una noce di strutto o burro e un pizzico di sale, finché il liquido si asciuga.

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Setaccia la ricotta e incorpora lo zucchero, batti le uova intere e i tuorli e poi unisci i due composti amalgamando. A questo punto aggiungi il grano, la cannella, la vaniglia e l’acqua di millefiori. Stendi la pasta frolla col mattarello, rivestendo le teglie apposite e conservando la pasta in eccesso che servirà per la copertura.

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Versa il composto all’interno della teglia rivestita di pasta fino a pochi millimetri dall’estremità. Stendi la pasta avanzata e ricavane strisce da un centimetro di spessore.

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Con le strisce, componi la classica rete a rombi. In forno già caldo, a 180/200 gradi, la pastiera in genere è cotta quando si gonfia, e ci vorrà circa un’ora, ma poi puoi lasciarla in forno spento ad asciugare ancora un po’ per sicurezza, di modo che il fondo sia cotto bene. Tutto questo devi farlo entro la sera del giovedì santo, e metterti l’anima, il cuore e lo stomaco in pace fino alla domenica di Pasqua. Solo allora l’alchimia della pastiera si rivelerà in tutta la sua essenza regale, sacra e divina.

Pasticceria De Michele
Vico Acitillo 110
80128 Napoli
Tel. 081 5799596
di Sergio Cima

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