Per molti la polacca aversana è un dolce assolutamente sconosciuto. Ma coloro che hanno avuto modo di provarlo non lo dimenticano facilmente.
Nella sua versione originale è una torta bassa formata da due dischi di pasta che potremmo descrivere tra la sfoglia e la briosche con all’interno la farcitura di un centimetro e mezzo (anche due) di crema pasticcera e generosa guarnizione di amarene sciroppate.
Quali siano le origini di questo dolce è complicato dirlo. Accanto alla visita di una regina polacca del cui passaggio non v’è traccia e di una novizia polacca residente in uno dei tanti conventi della città che nel 1050 l’avrebbe inventata, in barba all’inesistenza della crema pasticcera ancora per qualche secolo, esistono invece dati più attendibili e certi.
Tempo fa parlammo del pasticciotto tracciandone le origini da far passare attraverso la varchiglia cosentina (per saperne di più vi consigliamo di leggere QUI). In effetti a detta di qualcuno la polacca prenderebbe le mosse da questo dolce risultando però in versione più piccola prima e poi a forma di torta.
Il nome polacca sarebbe da attribuire soprattutto al dolce in formato piccolo che sarebbe nato nella città casertana nota già negli anni trenta per le calzature e tra queste per le polacchine la cui forma ricorda in parte il dolce da colazione.
In effetti a ben guardare la polacchina che potremmo definire “da passeggio” per distinguerla da quella da tavola, ha poca similitudine con le scarpe se non fosse che le polacchine si chiamano così in relazione di una calzatura medioevale che si chiamava Poulaine e aveva la forma di comode babbucce.
Se qualcuno va a cercare le calzature in parola troverà dei calzari con una lunga punta. L’evoluzione delle poulaine nel tempo fu quela di perdere la punta e restare arrotondate.
In sintesi ci potrebbe senza dubbio stare la similitudine delle scrpe degli anni 20-30 con il dolce aversano.
La della torta invece sarebbe invece da attribuire in maniera quasi univoca alla famiglia Munciguerra tenutaria in Aversa di una pasticceria dal 1926 che non sarebbe però la più antica ma la seconda dopo la Pasticceria Pelosi che risale al 1919.
Ma l’evoluzione della polacca da passeggio in torta polacca non è consequenziale. Ossia, la polacca piccola è ben diversa dalla grande. La piccola ricorda pasta brioche e la farcitura di crema e amarena. Un lato fragrante con cuore morbido e crema calda e amarene.
Diversa la torta polacca che ho già descritto come due dischi di pasta all’interno dei quali vi èuna ricchissima farcitura di crema pasticcera e amarene.
La ragione di questa versione sarebbe la naturale propensione dei ricchi del luogo verso un dolce molto in voga dagli inizi del 1900 in tutta la Campania. La zuppa inglese.
La torta polacca avrebbe racchiuso all’interno di quei due dischi di pasta l’essenza della zuppa inglese. La crema e l’amarena.
Oggi gli indirizzi dove gustare una buona polacca sono vari e vanno dall’Antica Pasticceria Munciguerra alla Pasticceria Pelosi e Pasticceria Marino locali storici aversani per approdare anche in pasticcerie come Ponticiello, Palma e molti altri che hanno sede nell’agro aversano dove ormai è sempre più facile trovare il dolce.
Molti ritengono che sia un dolce sostanzialmente molto semplice da realizzare. Nulla di più sbagliato. L’equilibrio tra pasta, crema e amarena è una delle “quadrature del cerchio” più complesse da realizzare in pasticceria.
Se ne avete opportunità provatela!
Di formazione classica sono approdato al cibo per testa e per gola sin dall’infanzia. Un giorno, poi, a diciannove anni è scattata una molla improvvisa e mi sono ritrovato sempre con maggior impegno a provare prodotti, ad approfondire argomenti e categorie merceologiche, a conoscere produttori e ristoratori.
Da questo mondo ho appreso molte cose ma più di ogni altra che esiste il cibo di qualità e il cibo spazzatura e che il secondo spesso si mistifica fin troppo bene nel primo.
Infinitamente curioso cerco sempre qualcosa che mi dia quell’emozione che il cibo dovrebbe dare ad ognuno di noi, quel concetto o idea che dovrebbe essere ben leggibile dietro ogni piatto, quella produzione ormai dimenticata o sconosciuta.
Quando ho immaginato questo sito non l’ho pensato per soddisfare un mio desiderio di visibilità ma per creare un contenitore di idee dove tutti coloro che avevano piacere di parteciparvi potessero apportare, secondo le proprie possibilità e conoscenze, un contributo alla conoscenza del cibo. Spero di esservi riuscito.
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