La ricetta FIC: Morzello catanzarese

Giustino Catalano

La ricetta FIC: Morzello catanzarese.

La nascita del morzello è avvolta da aneddoti e leggende popolari, ma la sua essenza rimane legata alla cultura contadina.

Si racconta che il piatto sia nato per necessità, ideato dalle donne dei “fabbricatori” (i muratori) che lavoravano nei cantieri edili della città.

Al termine della giornata lavorativa, le donne raccoglievano le interiora di vitello, considerate scarti, e le cucinavano in grandi pignatte di terracotta. Il morzello era così la “merenda” dei lavoratori, un pasto sostanzioso e nutriente, facile da consumare a metà giornata.

Il nome stesso, “morzello”, deriva dal dialetto catanzarese, “morseddu”, che significa “piccolo pezzo” o “bocconcino”, in riferimento alla lavorazione delle carni, tagliate a pezzetti.

Questo gesto di cura e attenzione per ogni singola parte dell’animale riflette la filosofia del non-spreco tipica della tradizione calabrese.

Il morzello viene preparato con le interiora del vitello (trippa, milza, polmone, fegato, cuore), pomodoro, peperoncino, origano e altri aromi.

La cottura, lenta e prolungata, in una pignatta di terracotta, permette ai sapori di amalgamarsi perfettamente, creando un ragù denso e avvolgente.

Il morzello si gusta tradizionalmente con la “pitta”, un pane a forma di ciambella, che serve per raccogliere il sughetto e gustare ogni “morzello” fino all’ultimo boccone.

Accanto alla leggenda delle donne dei muratori, una teoria alternativa suggerisce che le sue radici affondino nel periodo della dominazione saracena in Calabria.

Questa ipotesi, sebbene non supportata da documenti, trova solida conferma nelle caratteristiche stesse del piatto.

Catanzaro, la città “fra i due mari”, con la sua posizione strategica, fu a lungo un crocevia di culture, subendo attacchi e influenze da parte dei Mori.

Si ritiene che proprio durante queste epoche turbolente i saraceni abbiano introdotto nella gastronomia locale il loro sapere culinario, raffinato e complesso.

La cucina araba, infatti, eccelleva nell’uso di spezie, nella cottura lenta e nella valorizzazione delle interiora di animali, per preparare piatti saporiti e nutrienti.

Il morzello, con il suo ragù a base di frattaglie di vitello, cotto per ore in un tegame di terracotta, rispecchia perfettamente queste tecniche. Anche il peperoncino, pur arrivato dopo, e l’origano si combinano per creare un sapore che evoca le calde e speziate atmosfere mediorientali.

Il legame si rafforza con la pitta, il pane a ciambella che accompagna il morzello. La sua forma ricorda quella dei pani arabi, un indizio ulteriore di una possibile matrice comune.

Pertanto, il morzello non sarebbe solo il pasto frugale dei lavoratori, ma la testimonianza di un profondo scambio culturale, un piatto che ha assorbito secoli di storia e che continua a raccontare, con ogni saporito boccone, l’anima complessa e affascinante di Catanzaro.

Ricetta a cura della Unione regionale Cuochi Calabria (URCC) della FIC

1 kg. di trippe miste

1 kg. di frattaglie

2 peperoncini piccanti

3 foglie di alloro

1 kg. di passata di pomodoro

50g di doppio concentrato

origano secco q.b.

100 gr olio extravergine di oliva

sale fino q.b.

200 gr. di cipolla di tropea

100 gr. vino secco

 

Procedimento

Per facilitarsi la vita acquistare le trippe già cotte e dargli un’ulteriore cottura avendo cura con l’ausilio di un mestolo di togliere il grasso che affiora.

Scaldare in una casseruople l’olio, la cipolla tritata e aggungervi lo spezzatino di trippe e frattaglie , con il peperoncino, le fogrlie di alloro e l’origano secco. Salare bene e soffriggere tutti gli ingredienti.

Aggiungere la passata e il concentrato di pomodoro. Se necessita aggiungere qualche mestolo di acqua di cottura della trippa  tenuta da parte.

Far cuocere a fuoco lento per ameno 60-70 minuti. A cottura ultimata aggiungere altro origano.

Servire il morzello nella tradizionale pitta calabrese.

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Di formazione classica sono approdato al cibo per testa e per gola sin dall’infanzia. Un giorno, poi, a diciannove anni è scattata una molla improvvisa e mi sono ritrovato sempre con maggior impegno a provare prodotti, ad approfondire argomenti e categorie merceologiche, a conoscere produttori e ristoratori. Da questo mondo ho appreso molte cose ma più di ogni altra che esiste il cibo di qualità e il cibo spazzatura e che il secondo spesso si mistifica fin troppo bene nel primo. Infinitamente curioso cerco sempre qualcosa che mi dia quell’emozione che il cibo dovrebbe dare ad ognuno di noi, quel concetto o idea che dovrebbe essere ben leggibile dietro ogni piatto, quella produzione ormai dimenticata o sconosciuta. Quando ho immaginato questo sito non l’ho pensato per soddisfare un mio desiderio di visibilità ma per creare un contenitore di idee dove tutti coloro che avevano piacere di parteciparvi potessero apportare, secondo le proprie possibilità e conoscenze, un contributo alla conoscenza del cibo. Spero di esservi riuscito. Il mio è un viaggio continuo che ho consapevolezza non terminerà mai. Ma è il viaggio più bello che potessi fare.
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