La scoperta dell’aquafaba.

Francesca Luise
tenerina vegan (Photo Credit: Francesca Luise)

La scoperta dell’aquafaba.

L’acqua di cottura dei legumi nella pasticceria vegetale contemporanea 

Il termine aquafaba nasce dall’unione del latino aqua (acqua) e faba (fagiolo), ma nella pratica si riferisce specificamente al liquido di cottura dei legumi, in particolare dei ceci.

Si tratta di un sottoprodotto domestico o industriale, ricavato dal processo di lessatura, che si presenta come un liquido viscoso, traslucido, leggermente ambrato.

È solo nel 2014 che lo chef francese Joël Roessel ne intuisce le proprietà montanti, osservando che il liquido dei ceci, una volta lavorato, forma schiume stabili simili a quelle delle meringhe.

L’anno seguente, Goose Wohlt, un ingegnere informatico statunitense, contribuisce a diffondere il termine aquafaba e a sistematizzarne l’uso nella pasticceria vegana, con la creazione di un sito web collaborativo e una crescente attenzione mediatica[1].

Sto parlando dell’aquafaba: in altri termini l’acqua di governo dei legumi.

Un ingrediente che negli ultimi anni ha iniziato a farsi largo nel gergo degli addetti ai lavori, ma che forse non tutti sanno ancora cos’è e come si fa.

L’aspetto sorprendente dell’aquafaba è la sua capacità di emulare il comportamento delle proteine dell’albume d’uovo: può essere montata a neve, stabilizzata, utilizzata come legante o emulsionante, offrendo una soluzione completamente vegetale.

Le proprietà dell’aquafaba

La straordinarietà dell’aquafaba risiede nella sua composizione molecolare.

Sebbene il liquido non contenga proteine strutturalmente identiche a quelle dell’uovo, presenta una combinazione di amidi solubili, saponine, zuccheri complessi e una frazione proteica leggera, tutti elementi che, in sinergia, permettono la formazione di schiume stabili e l’emulsione di grassi.

Uno studio pubblicato nel 2018 ha analizzato la composizione chimica dell’aquafaba e ha dimostrato come la sua capacità schiumogena sia legata soprattutto alla concentrazione delle saponine e all’interazione tra polisaccaridi solubili e proteine leggere[2].

Un’altra ricerca ha confermato che l’aquafaba contiene tra 1 e 5 grammi di proteine per 100 ml, a seconda della concentrazione e della tipologia di legume utilizzato.[3]

Non si tratta dunque di un alimento definito ricco sotto il profilo nutritivo, ma di un ingrediente tecnico, utile per ottenere consistenze e strutture.

L’aquafaba può essere montata, stabilizzata con agenti acidi come il cremor tartaro o il succo di limone, incorporata in impasti o in emulsioni.

La sua densità può variare a seconda del tempo di cottura, del tipo di legume e del rapporto tra acqua e legumi.

Aquafaba homemade

Preparare l’aquafaba in casa è semplice e non richiede ingredienti aggiuntivi, se non legumi secchi di buona qualità (preferibilmente biologici) e acqua.

I ceci sono i più indicati, ma anche i fagioli bianchi e le lenticchie offrono risultati interessanti.

Il punto di partenza è una cottura lenta e controllata, che permetta al liquido di concentrarsi e acquisire viscosità.

Dopo aver messo in ammollo i legumi secchi per almeno 8–12 ore, si scolano e si cuociono in acqua pulita, senza sale né bicarbonato.

È preferibile usare una quantità di acqua moderata, in modo che al termine della cottura il liquido residuo risulti denso ma non gelatinoso.

A cottura ultimata, si filtra il liquido con cura, lo si lascia raffreddare e si conserva in frigorifero per almeno 12 ore.

Il raffreddamento ne accentua la viscosità, rendendolo più adatto all’uso in cucina.

In alternativa, si può utilizzare anche il liquido di governo dei ceci in scatola, purché privo di conservanti o sale: è una scorciatoia valida, anche se la resa può essere meno prevedibile.

L’aquafaba si utilizza per montare a neve, per legare, per emulsionare.

L’impiego dell’aquafaba

La sua funzione può sostituire l’albume in moltissime preparazioni: meringhe, mousse, pancake, biscotti, ma anche maionese vegetale, salse cremose, dolci lievitati o soufflé salati.

Una delle sue applicazioni più iconiche è la maionese vegana, realizzata emulsionando aquafaba con olio, succo di limone e senape.

La consistenza è liscia, la stabilità elevata, il gusto neutro.

In pasticceria, si può montare con zucchero per ottenere spume simili a chantilly, oppure usata come base per una ganache leggera, se mescolata con cioccolato fondente fuso.

L’aggiunta di acidificanti e stabilizzanti ne migliora la tenuta, rendendola compatibile con tecniche più spinte, come la cottura al forno.

Non ha un sapore forte, né un odore invadente: ben lavorata, si integra nel piatto senza lasciare tracce leguminose e questa sua neutralità la rende particolarmente versatile.

Oltre alla sua funzionalità, altro aspetto molto interessante di questo ingrediente è la sua natura di “recupero”: nasce come scarto, si trasforma in risorsa tecnica a supporto della pasticceria vegana, raccontando un’idea diversa di cucina, in cui ogni parte dell’alimento può trovare un nuovo ruolo.

Tenerina vegana all’aquafaba

Ingredienti (stampo da 22 cm):

180 g di cioccolato fondente al 70%; 100 ml di aquafaba (fredda da frigorifero); 80 g di zucchero integrale fine; 50 g di farina tipo 1; 30 g farina di mandorle; 40 ml di olio di semi di girasole alto oleico; 1 cucchiaio di fecola di patate; 1 cucchiaino di estratto di vaniglia; un pizzico di sale; zucchero a velo per decorare; ribes rosso fresco (facoltativo, per guarnire).

Per l’aquafaba:

500 g ceci; 1 lt acqua; 5 cm alga kombu.

Per la realizzazione dell’aquafaba, lascia in ammollo i ceci in abbondante acqua fredda per 24 ore, cambiando l’acqua almeno un paio di volte.

Poi mettili in una pentola dai bordi alti insieme all’acqua e all’alga kombu e porta a bollore.

Cuoci con fuoco al minimo per circa 3 ore, coprendo con un coperchio, poi lascia raffreddare, filtra con un colino a maglie strette e riponi il liquido in un contenitore ermetico (tipo un vaso) in frigorifero per 1 giorno.

Il giorno seguente l’aquafaba è pronta per essere utilizzata.

Spezzetta il cioccolato fondente e fallo sciogliere a bagnomaria o al microonde, mescolando fino a ottenere una crema liscia.

Lascialo intiepidire.

Nel frattempo, monta l’aquafaba con le fruste elettriche a media velocità finché diventa bianca e spumosa (ci vorranno 10-15 minuti).

Aggiungi poco alla volta lo zucchero, continuando a montare fino a ottenere una consistenza simile a quella degli albumi a neve morbida.

A parte, unisci il cioccolato fuso con l’olio e l’estratto di vaniglia.

Aggiungi la farina setacciata con la fecola e un pizzico di sale, amalgamando con delicatezza.

A questo punto incorpora in 2–3 riprese la mousse di aquafaba, usando una spatola e movimenti ampi dal basso verso l’alto, per non smontare l’impasto.

Versa l’impasto in uno stampo rotondo foderato con carta forno e livella leggermente.

Cuoci in forno statico preriscaldato a 170°C per 25–28 minuti: la superficie dovrà essere asciutta e appena croccante, l’interno ancora umido.

Sforna, lascia raffreddare completamente e spolvera con zucchero a velo.

Decora con ribes freschi o altra frutta di stagione se desideri un contrasto acidulo.

[1]https://aquafaba.com/history.html; https://www.veganok.com/aquafaba/ (ultima consultazione 10/09/2025 ore 18:00)

[2]  https://www.cibo360.it/alimentazione/cibi/legumi/aquafaba.html (ultima consultazione 07/09/2025 ore 19:27)

[3]R. Mustafa et al., Aquafaba, Wastewater from chickpea canning, functions as an egg white substitute in food foams and emulsions, in International Journal of Food Science & Technology, 2018.

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Sono Francesca Luise, in arte Cookeneim. Ho un PhD in filosofia e nella vita ricerco, spadello, scrivo e fotografo—grandi passioni che, strada facendo, sono diventate la mia professione. Vivo a Venezia e la città lagunare non solo fa da sfondo, ma ispira e nutre i miei piatti. Nel 2021 ho aperto una IAD (impresa alimentare domestica). La mia cucina è vegetale per motivazioni etiche e di salvaguardia dell'ambiente, convinta che questo rappresenti un'opportunità per il futuro. Mi puoi leggere su www.francescaluise.it dove pubblico tutte le mie sperimentazioni in ambito gastronomico e ogni mese sulla rivista Terra Nuova, con cui collaboro dal 2000.
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