La splendida Hvar

Articolo di Mariusz Kapczyński – Traduzione di Mario Crosta

Dopo averci descritto nell’articolo precedente la storia enologica dell’isola di Hvar, che ha appreso da Ivana Krstulović Carić, il nostro “kapka” ci riferisce adesso anche delle degustazioni di vini delle cantine che ha potuto visitare laggiù con un articolo comparso su Vinisfera.pl e sul mensile Rynki Alkoholowe, senza dimenticare di guardare la bella serie delle sue fotografie nella galleria relativa. Era dal 2007 che non parlavamo dei vini dell’isola di Hvar (Lésina), situata e poca distanza dalla costa della Dalmazia, anche se fin dal 2002 Enotime li ha sempre presentati come si deve ai suoi lettori in cinque anni con gli articoli 1, 2, 3, 4, 5 e 6. Una curiosità che posso raccontarvi è relativa alla scelta del titolo. In polacco il titolo è “Hvar na schwał” e “na schwał” non corrisponde proprio esattamente al nostro aggettivo “splendida”, che invece usa il traduttore on line di Google, perciò Mariusz Kapczyńsky era proprio curioso di vedere come gliel’avrei tradotto. “Na schwał” si riferisce di solito a un uomo, non a una donna, a un tipo ben piazzato, un gran bel fusto, alto e slanciato, gagliardo, inteso in senso dinamico. Qui si tratta di un’isola, che in italiano decliniamo al femminile, ma non è un essere umano e “kapka” ha scelto quel titolo, che in polacco rende benissimo l’idea in due brevi parole, perché intendeva sottolineare questa caratteristica di dinamicità nell’assumere piena forma che l’isola sta mostrando splendidamente con i suoi vini. In italiano non bastavano due brevi parole, perciò ho preferito lasciare l’aggettivo “splendida”, ufficialmente usato da quel diffuso traduttore on line.

il traduttore: Mario Crosta

La splendida Hvar

La Strada 116

Su Hvar (Lésina) è meglio arrivare con il traghetto da Drvenik (Zirona).

Dopo una navigazione di mezz’ora si sbarca nel porto di Sučuraj (San Giorgio) e da qui è facile penetrare nell’interno dell’isola sulla strada 116 che percorre in lunghezza l’intero centro dell’isola, tortuosa, stretta e senza protezioni sui dirupi delle coste.

Lungo la strada si vedono i campi di lavanda (è chiamata infatti “isola della lavanda”), gli uliveti, i vigneti e i ficheti.

L’aria è satura del profumo salmastro del mare, dell’aroma della resina dei pini riscaldati dal sole e di quello dei cespugli di alloro, rosmarino e macchia mediterranea.

Lungo il percorso si è sicuri d’incontrare i venditori improvvisati di svariati prodotti “da adescamento dei turisti”.

Ivana Krstulović Carić (Presidente dell’Associazione dei Vitivinicoltori di Hvar), che è stata la mia guida per le cantine dell’isola, si lamentava proprio di questi ultimi.

Sosteneva che i produttori professionisti, oberati di tasse e di controlli, serbano rancore contro lo Stato appunto perché questi “venditori da tavolino” possono vendere impunemente quello che vogliono e come vogliono, cavandosela sicuramente abbastanza bene.

Lo Stato li tratta con indulgenza e chiude un occhio sulle loro attività, come se fossero dei poveretti che stanno racimolando qualche soldino.

Secondo i vitivinicoltori, questa gente rovina l’immagine del vino croato. In ogni caso, Ivana mi ha mostrato alcuni tavolini dove si vendevano ortaggi e frutta comprati al mercato e venduti come “casalinghi”, oltre a un Prošek, un vino tradizionalmente dolce, fatto “in fretta” da mosto d’uva cotto, cioè qualcosa che non aveva nulla a che fare con il vino e che si discostava dai metodi tradizionali con cui avrebbe dovuto essere prodotto. Non era stato certamente fatto come si deve.

Per il vino è più importante la costa meridionale, sulle cui ripide pendici rocciose si trovano le parcelle vitate e le cantine più pregiate (sulla costa settentrionale se ne trovano di meno apprezzate) ma anche i paesi e le calette a maggior traffico turistico. Le principali località dell’isola sono Stari Grad (Civitavecchia), Hvar (Lésina), Jelsa (Gelsa) e Vrboska (Verbosca). Le ottim posizioni e gli angoletti climatici delle vigne celano molte delle turbolente storie di questo luogo.

Qui possiamo trovare piccoli e grandi produttori di vino e anche “adescatori dei turisti” che sulle loro bancarelle vendono grappa e vini fatti in chissà quale maniera. Alcuni stanno chiudendo i battenti.

Una grande cooperativa, la Dalmacijavino, dopo anni di servizio pubblico, problemi economici e cambiamenti di tattica, è fallita e ha cessato la produzione.

Non sappiamo ancora quale sarà il destino di questa cantina. Già 11 professionali di Hvar su 14 si sono associate.

È la mancanza di supporto promozionale e di marketing che tormenta i vitivinicoltori. L’agenzia di promozione turistica locale dispone di una quantità trascurabile di fondi per un eventi speciali dedicati al vino e si organizzano piuttosto dei grandi concerti musicali all’aperto invece di degustazioni. E i turisti? Del vino croato e delle sue cantine non sanno molto e anche questo non aiuta. Ivana dice che ogni degustazione è un lavoro fatto soltanto per recuperare terreno.

La famiglia è una forza

La cantina Carić di Svirče aveva il suo classico portone e anche tutto il resto era come dovunque: pressa, serbatoi di acciaio inox, botti, eccetera. L’unica differenza era costituita da due ragazzini che correvano per tutta la cantina per poi attaccarsi alle gambe del padre frignando e supplicandolo di dar loro un altro bicchiere di vino mescolato con l’acqua.

E così Ivo Carić ha riempito i loro bicchieri e per un attimo almeno c’è stata un po’ di pace e abbiamo potuto continuare la degustazione. Ivana in stato di gravidanza, era stanca, ma ancora piena di voglia di aiutare, di tradurre. Da dove riceveva tanta forza?!? Ivana e Ivo Carić conducono insieme questa cantina. Qui le tecnologiche di famiglia sono molto strette, risalgono a tempi immemorabili.

Ivana Caric – foto da web

Questa è una cantina molto piccola, famigliare, nel tradizionale stile croato. Possiedono cinque ettari in varie località dell’isola.

Comprano anche alcune uve da vignaioli che conoscono bene.

Nei loro vigneti cresce quasi tutto ciò che è tipico in terra di Croazia: bogdanuša, kuč, maraština, plavac mali, pošip e darnekuša. Ivo riconosce probabilmente ogni grappolo, è un esperto nella geo-localizzazione delle piante.

Inoltre, vale la pena ricordare che non è bravo soltanto con il vino, ma ha dimostrato anche di essere un buon cuoco. È a lui che si deve quella taverna con camino che può vantarsi a pieno titolo dell’apprezzamento dei turisti buongustai, la “konoba Kod Komina” che si trova nel vicino villaggio di Pitve sopra Jelsa. Ivo, però, ha deciso a suo tempo di dedicarsi principalmente al vino.

I Carić hanno diversi vigneti frazionati in giro per l’isola. Tra Jelsa e Stari Grad (una zona storicamente indicata per la produzione di vino) c’è un luogo dove gli antichi immigrati hanno piantato i primi vigneti. I Greci lo chiamavano Chora Pharou, i Romani Ager Pharensis.

Oggi, queste aree e i resti delle costruzioni dei primi coloni fanno parte del patrimonio culturale mondiale e sono sotto la protezione dell’UNESCO. Si è riuscito a conservare intatto quest’antico insediamento grazie all’attenzione di cui è stato circondato dalle generazioni che l’hanno curato. È ancora ben visibile dall’alto l’originale parcellizzazione in vigne di 900 metri per 180O.

È su queste terre che la famiglia Carić coltiva soprattutto i vitigni a bacca bianca bogdanuša, kuč, maraština e pošip. La cantina dispone anche di piccoli appezzamenti di vigneti a terrazze, situati sul lato settentrionale dell’isola, dove si coltiva soprattutto plavac mali.

Questi vigneti forniscono le uve per il vino rosato localmente chiamato “Opolo”. I Carić possiedono anche parcelle sulle famose “spiagge”, sulle coste meridionali dell’isola. La più grande si trova a Zavala e la più ripida, lavorata tutta a mano, vicino al villaggio di Ivan Dolac, dove nascono i loro migliori vini Plavac Ploški e Plavac Ploški Barrique.

Analizziamo, pertanto, i vini. Il Bogdanuša 2011 (3 +) è un vino semplice, fresco e leggero (10,8% alc.) che ha note di mela e calcare con aromi e sapori di vinaccioli. È un vino giovane, erbaceo (dragoncello, fieno), dalle sabbie, con una dignitosa acidità, beverino e piacevole.

Il Jobo’v 2011(3) è un vino da tavola rosso. Semplice, con un po’ di brettanomyces (stalla, funghi), cantinoso. Un po’ selvatico, con note di amarena, mobili antichi, lacca. È piccante e speziato.

Il Plavac Ploški 2007 (4) proviene dalle vigne di Ivan Dolac. Ha una buona, densa, struttura, è un po’ contadino, selvatico e duro. Ci sono note di amarena, cioccolato, vecchia pelle, pepe, vinaccioli, ghiaia e legna secca. Un vino piccante e “liquoroso” (15% alc.), leggermente alcoolico, ma equilibrato, pieno e potente. Nel Plavac Ploški Barrique 2008(5 -) si può riconoscere subito un Plavac essenziale e maturo. Il carattere di questo vino è caldo, “coriaceo” e terroso, con un pizzico di note di marmellata e di prugne mature e aromi di castagne arrosto e peperoni secchi sul fondo.

Intenso, speziato, con un lungo finale. Dopo un po’ si mostrano sentori leggeri di stalla, caffè e pepe. Un solido vino possente con un carattere focoso. La famiglia Carić sa cavarsela davvero. 

Il Dionisio di Hvar

Già il primo contatto dimostra che questo è un personaggio fuori dal comune. Capelli bianchi arruffati, barba, piena di energia, un po’ distratto. Andro Tomić. Visionario, artista, idealista, enologo. Fortemente vincolato con Hvar e con il vino. È nato sull’isola e ha dedicato praticamente tutta la sua vita al vino. Le tradizioni enologiche della sua famiglia risalgono a 150 anni fa. Ha studiato enologia a Zagabria, ha fatto pratica per diversi anni in Francia (Bordeaux, Montpellier), quindi ha raffinato la propria abilità in varie regioni della Croazia. Dopo quasi 20 anni di peregrinazioni enologiche è tornato sull’isola e ha cominciato a produrre i suoi vini. Nel 1997 ha fondato la cantina Bastijana, che ha cominciato a operare a Svirče, poi si è spostato in una nuova cantina a Jelsa. Anche questa agghindata nel suo stile.

Andro Tomić – Foto dell’autore – ©

La costruzione è stata completata nel 2007 e vi è stata introdotta la tecnologia moderna. La sala dove abbiamo degustato i vini è stata fatta sul modello delle antiche sale da pranzo romane (mi ha spiegato perfettamente Tomić), come un triclinium.

Con i suoi vini moderni, realizzati con professionalità e con la nuova immagine di Hvar, Bastijana ha ottenuto un successo immediato ed è diventata una delle cantine leader sull’isola. Tomić ha solo 7 ettari di vigneti propri e compra il resto delle uve da 50 coltivatori sotto contratto.

Alcune vigne si trovano su isolette scarsamente popolate vicino a Hvar (come Pakleni Otoci) e nelle zone della viticoltura tradizionale dell’isola, nell’agro di Stari Grad e di Jelsa. Sono in avviamento nuovi impianti su altri 10 ettari vicino alla spiaggia di Vir (Puntadura), nei pressi della città di Hvar. La produzione è di circa 130.000 bottiglie l’anno.

Sebastian, il figlio di Andro, si occupa del commercio e la figlia del marketing. Sebbene a Bastijana si sperimentino diversi vitigni, ci si concentra su quelli locali, come la bogdanuša (“dono di Dio”), una volta molto popolare nell’isola e oggi meno, ma i buoni produttori continuano ad apprezzarla e a coltivarla.

Nei vigneti crescono i rossi plavac mali e plavac veliki e i bianchi pošip, bogdanuša, maraština e prč. Andro apprezza i vini di Bordeaux e lo alletta la realizzazione di un buon taglio bordolese, così nei suoi vigneti crescono anche cabernet sauvignon, cabernet franc e merlot, oltre ai quali ha piantato anche muškat e darnekuša. Vale la pena ricordare che a Bastijana si producono anche i vini dolci tradizionali della Dalmazia, da uve appassite di prošek. E cosa è saltato fuori dai vini?

Il Beleca 2011 (4 -), fatto da un taglio alla pari di pošip e bogdanuša, è un vino floreale, sa di torsolo di mela con accenni freschi di albicocca e pera. Amarognolo ammandorlato, gustoso e vivo. Può piacere per la sua atmosfera floreale (foglie secche, fiori di campo, camomilla, fieno). Un vino lungo, pulito e gustoso (costa 66 kune, cioè quasi 8 €).

L’Opolo Nobile 2011 (3 +) è un vino tipico rosato ottenuto dal plavac. Aromatico, pulito, conciso e roseo. Ha un sacco di materia, tannini, un fruttato piacevole (mela rossa malinówka, lamponi, fragole). È secco, brioso, con un finale equilibrato e pulito (costa 66 kune, cioè quasi 8 €).

Il Plavac 2010 (4 -) ha trascorso quattro mesi in botti usate. Si mostra piccante ed erbaceo, ci sono anche funghi, castagne arrosto e molta amarena. Un vino incoraggiante per briosità, buona acidità e tannino. Molto succoso e accessibile (costa 66 kune, cioè 8 €). Il Plavac mali 2007 barrique (5 -) è un vino robusto, carnoso e succoso (10 mesi in botti di rovere americano, francese e di Slavonia). Un vino dalla veste elegante, equilibrato, con un bel tannino “levigato”, è liscio e vellutato. Ha una buona acidità, non c’è sovrapposizione dei legni né dell’alcool, sebbene ce ne sia un bel po’ (14,3%). Sa di amarene, more, viole, peperone, resina, tabacco.

Tutto ben sistemato e di buon gusto (costa 175 kune, cioè circa 23 €).

Un carattere altrettanto prestante ce l’ha il Caplar 2009 (4 +), che deriva da un taglio alla pari di plavac e cabernet sauvignon. Dopo 6 mesi in botte esprime note di erbe aromatiche, caffè, goudron, prugne, pepe e terra. È più austero e potente del Plavac, laconico, potrebbe essere necessario attenderne l’apertura, ma ha un grande potenziale (costa 250 kune, cioè circa 33 €).

E alla fine un classico Prošek Hektorović 2009 (4 +). Le uve sono state appassite per un mese. Il vino è aromatico e molto interessante. È resinoso, balsamico, con accenni di mele essiccate, pere, uva passa, albicocche e miele. Si mostra fresco, acidulo, ha un carattere piccante (costa 130 kune, cioè circa 17 €).

Fuori mano

Afa all’esterno. È stato un sollievo l’ingresso in un’accogliente taverna scovata fra le mura imponenti, quindi al fresco, di Vrboska (Verbosca), nella parte settentrionale dell’isola, tra Jelsa e Stari Grad. Mi ospitava Vinarija Pinjata in un posto molto tradizionale: la piccola e semplice konoba (mescita, osteria, ristorante) gestita dalla famiglia Gabelić. È un po’ nascosta, ma perfettamente adiacente all’incantevole centro storico della città, vicino alla chiesa di Sv. Marija, una sorta di fortezza della fede, circondata da muraglioni di difesa.

Hanno 2,5 ettari di vigneti (ne pianteranno presto un altro di mezzo ettaro), vendono il vino sul posto e ad alcuni negozi locali. Marija, la proprietaria (chiamata da tutti Marina, NdT), ha detto che in questa zona il vitigno più importante è la bogdanuša, che si fa onore proprio a Vrboska e a Svirče. La terra da queste parti non è molto fertile e alla bogdanuša dà quell’acidità che si fa desiderare in un’isola così calda.

Maria “Marina” Gabelic – Foto dell’autore – ©

Pinjata deve lottare: durante la stagione riceve numerosi turisti, ma non ha vita facile. I proprietari vedono chiaramente che i supermercati soffocano i piccoli negozi ai quali la famiglia Gabelić vende il vino. E i turisti? Si comportano come se a loro andasse bene comunque. Bisogna sopravvivere, così tutti quelli di Pinjata cercano di procurarsi un secondo lavoro.

Il marito di Marina, Ivica, ha lavorato come enologo per Dalmacijavino. Anche Marina durante la stagione guadagna qualcosa in una vicina agenzia d’informazioni turistiche. Se la cavano come possono.

Non producono molto vino. Ne hanno di tipi diversi, tutti un po’ contadini, nel vecchio stile, come ad esempio il Prč 2011 (3), un vitigno abbandonato da molti viticoltori perché non è troppo generoso. In questo vino si trovano aromi di pera, torsolo di mela, argilla, erbe aromatiche. È lungo e speziato.

Il Bogdanuša 2011 (3) è un vino che si mantiene su toni di mela, semplice, fresco, erbaceo e leggero (11,6% alc.). Ha un sacco di note fruttate, anche se non ne è sovraccarico. È un vino che va giù dritto e brioso, sebbene sia leggermente ossidato e abbia un’acidità bassa, morbida. Nel finale ci sono erbe aromatiche e cannella (40 kune, cioè un po’ più di 5 euro).

Il Plavac 2010 (4 -)con il suo 14,5% di alcool è “sapido” e dal carattere molto insulare. Sa di lamponi, resina, frutti di bosco, caffè, fumo. Finale piccante (50 kune, cioè un po’ più di 6,5 €).

In pieno sole

Conoscevo abbastanza bene i vini di un altro produttore di vino che ho visitato: Zlatan Otok Vinarija è importato in Polonia da Solvin (e qui abbiamo descritto i suoi vini, NdA). Questa cantina operava dal 1986 sotto il nome di Vitis e nel 1993 ha cambiato il nome in Zlatan Otok. Lavorava sulla costa meridionale di Hvar. Ha 75 ettari, oggi anche sulla riviera dalmata a Makarska (nella zona di Podbiokova, NdT).

Ha messo l’accento sul plavac mali. La grande varietà di altri vitigni permette una differenziazione stilistica abbastanza grande.

“Avevo avuto infatti una buona esperienza con questi vini già durante la degustazione dei campioni inviati a Cracovia per il concorso Enoexpo 2011, dove ben tre vini che Zlatan Otok fa sull’isola sono stati premiati con la medaglia di bronzo e mi ricordo benissimo che tutti questi vini si distinguono bene uno dall’altro e avevano subito catturato l’attenzione del comitato di valutazione. Medaglie pienamente meritate”.

Zlatan Otok Vinarija – foto da facebook

Si trattava dello Zlatan Otok 2008 Sveta Nedjelja (4 +), dello Crlijenak 2008 (5 -) e del Plavac Grand Cru 2007 (4). Richiamano l’attenzione il vino Crlijeniak 2009 (4 +), uno Zinfandel che sa di amarena e di confetture, è buono, vinoso, denso e il Plavac Grand Cru 2008 (4 +)che è un vino delizioso, denso, ricco di frutti di bosco e pepe. Quando ho provato questi vini (e molti altri), mi ha fatto piacere che abbiano trovato qualcuno che ha deciso di importarli in Polonia.

La scala di giudizio

( 6 ) eccezionale, un vero capolavoro

( 5 ) ottimo, vino di gran classe

( 4 ) buono, interessante

( 3 ) onesto, dignitoso

( 2 ) debole

( 1 ) stare alla larga, vino con evidenti difetti

( – oppure + ) per togliere o aggiungere mezzo punto

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