La terracotta e il vino

La terracotta e il vino

Eccoci ancora a parlare di Anfore. Nel 2015 raccontavo e tessevo le lodi della terracotta come contenitore di fermentazione e affinamento, oggi siamo alla terza edizione della biennale dedicata ai vini in anfora italiani e stranieri: La terracotta e il vino, 24 e 25 Novembre, presso l’Antica Fornace Agresti, in Impruneta, Firenze.

La location è d’eccezione, già nel 1700 la famiglia Agresti di Impruneta cuoceva qui le superbe terrecotte toscane per creare manufatti artigianali di alta qualità. Restaurata e aperta al pubblico nel 2014 , oggi è un magico luogo di incontro.

L’edizione 2018 della biennale ha visto la partecipazione di un gran numero di aziende, italiane, francesi, slovene, portoghesi, spagnole, greche, armene, australiane, statunitensi. Una rappresentanza alquanto interessante.

Se per i Georgiani e gli Armeni, rispettando una secolare tradizione, la vinificazione in anfora rimane il metodo per eccellenza, nell’Europa occidentale è stata una riscoperta. Movimento di nicchia fino a qualche anno fa, quando rimanevo meravigliato e incuriosito dalle sperimentazioni di Giusto Occhipinti a Vittoria in Sicilia – erano gli inizi degli anni duemila – si parla oggi di una consapevole scelta stilistica, metodo di vinificazione e affinamento con caratteristiche note e definite.

E’ attraverso il racconto dei produttori che il quadro della produzione in anfora si delinea nelle sue peculiarità: fermentazioni in anfora interrate parzialmente o nella sua interezza per il controllo naturale della temperatura; inserimenti di percentuali variabili di raspi, secondo la scuola del Rodano, per il miglioramento dei tannini; lieviti indigeni; agricolture biologiche e biodinamiche. Dopo le svinature i vini ritornano in anfore sigillate, non più interrate, per l’affinamento in ossigenazione e la concentrazione del vino. Mi raccontano che in anfore imprunetane di ottocento litri il vino concentra a un tasso del 5% al mese, non male. Da non dimenticare poi che la vinificazione in anfora è un metodo produttivo atto a esaltare le caratteristiche territoriali e varietali dei vitigni.

Tra i produttori alcuni colgono la mia curiosità; è il caso della Tenuta Casadei, azienda poliedrica con vigneti in Chianti Rufina, a Suvereto in Maremma e a Olianas in Sardegna. Fu Stefano Casadei, durante un progetto in Azerbaijan, a scoprire il mondo delle anfore e a rimanerne affascinato, tanto da portare al 30% la produzione in anfora dell’azienda. Dei vini proposti in degustazione ha colto la mia attenzione il Syrah Toscana Igt 2017, di razza maremmana. Agricoltura biointegrale, anfore georgiane e toscane, fermentazione di un mese in anfore interrate con aggiunta sul fondo del 30% dei raspi e rottura degli acini per gravità e successive follature per una macerazione completa. Affinamento successivo di 6 mesi in anfore esterne per spingere sulla ossigenazione. E’ un vino dalla decisa acidità e da tannini fini e piacevoli con note decise di frutta rossa matura, mirtillo e ribes, pepe nero e note balsamiche. Elegante.

Come non parlare dell’Azienda Cacciagalli in Roccamonfina, Campania. Realtà tanto giovane quanto consolidata dalla passione di Diana e Marco. Territorio di grandissima potenzialità, l’area vulcanica di Roccamonfina regala personalità e spessore ai vini. Il Fiano Zagreo 2017 Igt Roccamonfina, vinificato e affinato in anfora, rende giustizia ad un vitigno spettacolare. Vino complesso, morbido e di grande freschezza. Fiori bianchi e sentori di mela le note olfattive. Interessantissimo il Phos 2017 Igt Roccamonfina, Aglianico in purezza, complesso ed intenso, di decisa acidità e tannini piacevoli seppur giovani. Note di frutta rossa, ciliegie e frutti di bosco, spezie e note vegetali. Impetuoso.

Il fulcro della manifestazione non può che essere il simpaticissimo ed esuberante Zorik Gharibian. Siamo in Armenia, la sua Azienda, Zorah, alle pendici del monte Ararat, dispone di vitigni a 1400-1600 mt, con escursioni termiche dell’ordine dei venti gradi e inverni rigidi. Altezze improbabili per la viticultura europea. Siamo nel luogo di nascita della Vitis Vinifera, dove Zorik alleva l’Areni, vitigno a piede franco autoctono della regione, non imparentato con nessun vitigno europeo. Due i vigneti ad Areni, il primo di venti anni da cui ricava il Karasi, l’altro ultrasecolare da cui ricava lo Yeraz.

L’ Armenia non è un paese che si è improvvisato a fare vini. E’ in Armenia la scoperta della cantina più antica: l’“Areni 1 Cave” risalente a 6.000 anni fa, si trova a Voyots Dzor, ironia della sorte, di fronte alle cantine di Zorik. Nel periodo sovietico l’Armenia fu destinata alla produzione di Brandy mentre la Georgia al vino, il progetto di Zorik è il primo a credere nei vitigni autoctoni armeni.

Le anfore della sua cantina provengono dai villaggi limitrofi.

Yeraz Areni Noir 2014, da vigne secolari ad alberello, blend di diversi cloni dello stesso vitigno, vinificato in cemento ruvido con lieviti indigeni, affinamento di due anni in anfore di diversa capienza e successivo passaggio in botte grande non tostata per omogeneizzare il vino e ammorbidire i tannini. Riposa un anno in bottiglia prima di essere messo in commercio. Vino morbido e alcolico, con tannini morbidi e piacevoli. Al naso frutti di bosco, viole e spezie, note balsamiche di erbe officinali. Ricco e intenso.

Altri produttori hanno sicuramente colto la mia attenzione: Trofeo Estate dall’Australia, con un bellissimo 2016 Chosen Few Amphora Shiraz, lo statunitense Beckham Estate Vineyard, produttore delle sue anfore, l’Azienda Agricola Visintini, Udine, con un piacevole Friulano 2016 Colli Orientali del Friuli DOP. In Abruzzo l’Azienda Agricola Cirelli, DOC Cerasuolo d’Abruzzo 2017 Amphora

Fra due anni appuntamento con la quarta edizione e sono certo il mondo dei vini in anfora avrà fatto altri adepti.

La terracotta e il vino

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