La torta di “menjar blanc”: il dolce sapore di Alghero che ci parla di terre lontane e tempi antichi
- Alghero, la piccola perla catalana in Sardegna.
- Esplorando i deliziosi dolci tradizionale della Sardegna
- Cos’è il “Menjar Blanc”?
- La sua storia: da “Biancomangiare” a “Manjer Blanc”
- L’antico “biancomangiare” in Italia e nella letteratura
- Dolce quaresimale della cucina catalana
- L’attuale Biancomangiare
- La versione “povera”
- Cagliari e Alghero
- Usanze e tradizioni algheresi
- “Corpus del Patrimoni Culinari Català”
- “Settimane del Menjar Blanc”
- Dove mangiare il menjar blanc?
- La ricetta di Giuseppe Cossu
- La ricetta “storica” del Bianco Mangiare dall’antico volume di Pellegrino Artusi

Alghero, la piccola perla catalana in Sardegna.

Il centro storico, il cuore della città, è rimasto intatto nel tempo.
Conosciuta anche come “Barceloneta de Sardegna”, la città ha infatti conservato l’uso della lingua catalana, di cui è un’isola linguistica e il 22,4% dei suoi abitanti lo parla nella variante algherese, riconosciuta dalla Repubblica Italiana e dalla Regione Sardegna come lingua minoritaria.
Alghero venne fondata nei primi anni del XII secolo dalla più potente famiglia di Genova, i Doria, i quali decisero di fortificare la città per difenderla dalle continue scorribande Pisane e Saracene.
Per la sua posizione strategica, Alghero sosteneva un ruolo molto ambito nei commerci che si svolgevano all’interno del Mar Mediterraneo.
La città rimase sotto i Doria fino al 1353, fin quando gli aragonesi sconfissero i genovesi in una battaglia navale e la dominarono per ben quattro secoli.
Dal 1354 la città viene occupata dai catalani-aragonesi, i quali restaurarono e ampliarono il sistema difensivo.

Oggi, lungo le mura della città si contano 7 torri e 3 fortezze.
Il centro storico, compatto e facile da girare a piedi, è suddiviso in tre nuclei principali lungo i bastioni.
I suoi vicoli labirintici e le piazze vivaci con le mura color miele che addolciscono le architetture vi faranno innamorare dei Alghero a prima vista.”

Esplorando i deliziosi dolci tradizionale della Sardegna
Da nord a sud dell’isola, la Sardegna si racconta attraverso un viaggio gustativo unico: i più caratteristici dolci tradizionali rivelano la ricchezza e la diversità della sua tradizione gastronomica.
I nomi dei dolci come “Seadas”,”Papassinas”, “Coricheddos”, “Casadinas”, “Tabaqueres” e “Torta di Menjar” Blanc” (si pronuncia “mengiarbranc”) sembrano estranei tra loro, ma in realtà rappresentano le tantissime sfaccettature della vastità e della varietà dei dolci sardi.

Cos’è il “Menjar Blanc”?
La torta di Menjar Blanc, dolce tipico di Alghero, è una prelibatezza che conquista i palati con la sua consistenza cremosa e il suo gusto delicato.

Preparata con ingredienti semplici ma sapientemente combinati, questa torta è composta da una crema di latte, amido, zucchero e scorza di limone.
La superficie della “pasta violada” che racchiude la delicata crema bianca è ricoperta da una spolverata di zucchero che a fine cottura conferisce gradevole croccantezza.
La versione Tabaqueres di Menjar Blanc è una variazione più compatta, una monoporzione di questo dolce tradizionale algherese.

Sono realizzate con la stessa crema al latte della torta, ma modellati in forme più piccole e compatte, ideali per essere gustati comodamente con le mani.
In entrambe le sue forme, il Menjar Blanc di Alghero rappresenta una celebrazione della ricchezza culinaria e culturale della Sardegna, invitando i visitatori a immergersi in una tradizione gustosa che unisce sapori unici e una storia affascinante.
La sua storia: da “Biancomangiare” a “Manjer Blanc”
Biancomangiare o Menjar Blanc?

La principale differenza tra biancomangiare e menjar blanc risiede nella presenza di uno scrigno di “pasta violada” presente nella versione algherese.
Il nome “Blanc manger” è di origine francese e indica chiaramente “il mangiare bianco”, un composto preparato da ingredienti di colore bianco la cui diffusione era estesa a tutta l’Europa già nella cucina medievale.

Sicuramente l’espressione “menjar blanc” ha però un’origine ancora più antica proveniente dal nome arabo “ispidba” oppure arabo-persiana “sepidba”.
E’ una pietanza di origine antica quindi che veniva preparata sia dolce che salata per “mangiare in bianco” in caso di indisposizione.
Di questa specialità sono giunte fino a noi molte ricette appartenenti ad epoche e culture differenti.
In un libro egizio del II sec. d.C., che insegna a preparare un piatto di carne e verdure curativo per chi soffre di stomaco, sono riportate prescrizioni mediche e la ricetta per guarire questo tipo di problema.
“giaggiolo, carne di piccione nel mezzo che sia cotta con oca, finocchio, una mistura di fave, acqua calda, polvere assorbente, infuso di grano, due palle di cicoria; triturare finemente, filtrare, bere.”
Ricette si trovano anche in “De agricultura” (secolo II a. C.) di Catone il Vecchio e nel “Cibarium” (secolo I d. C.) di Marco Gavio Apicio.
Negli antichi ricettari arabi si possono trovare ricette di creme di riso, ma ancora non di vero e proprio “manjar blanco”: si trattava in genere di una vivanda di colore bianco preparata con latte, polvere di mandorle, petti di pollo, addensata con l’aggiunta di farina o riso.
La ricetta si ritrova poi in quasi tutti i trattati di cucina medievale europea e veniva chiamata: blanmangeri, blanche mangieri, blanc-manger, bramagere.
Esso non mancava mai nei banchetti medievali dove veniva utilizzato come intermezzo.
Per quel che riguarda la preparazione sarda, questa segue metodi di sicura origine catalano-spagnola, influenzati da metodi e ricette medievali arabe.
Gli arabi lo chiamavano “zirbaj” e lo preparavano con mandorle, carne di gallina, acqua di rose, aceto e pasticcio di pollame.
L’antico “biancomangiare” in Italia e nella letteratura
Si diffuse nel nostro paese in molte parti del Mezzogiorno italiano, particolarmente in Sicilia e in Sardegna.
I primi ricettari occidentali a proporre questo genere di ricette sono riconducibili ad alcune aree dell’Italia meridionale: si tratta rispettivamente del “Liber de Coquina “e dei manoscritti oggi noti con il nome di “Anonimo Meridionale”.
Ambedue i testi furono redatti tra XIII e XIV secolo alla corte di Napoli ed in questi sono presenti alcune ricette di bianco mangiare.
Questa pietanza è anche citata tra quelle preparate da Matilde di Canossa per riappacificare papa Gregorio VII ed Enrico IV di Franconia.
Viene inoltre riportato nella “Descrizione del pranzo di nozze tra Maria de’ Medici e Enrico IV di Francia”, redatta da Michelangelo Buonarroti.
Persino Leonardo da Vinci scriveva:
”Per me un piatto che si chiama “biancomangiare” è si bianco ma si sdegna se sa di dolce o di pesce”. La ricetta è in fine riportata da Pellegrino Artusi nel suo famoso libro “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene.”

La moderna Alta Cucina ha trasformato il Biancomangiare storico seguendo le attente indicazioni codificate dal cuoco francese Careme nel XIX secolo.
Nel suo “cammino per Barcellona”, Cervantes fa mangiare il “manjar blanco” a don Quijote e a Sancho Panza.
Nei secoli XVII e XVIII la versione salata ancora si mangiava abbondantemente in Catalogna, dove i sapori agrodolci erano caratteristici della cucina dell’epoca, e il dessert era tradizionale del giorno di San José (19 di marzo) e di Carnevale.
Dolce quaresimale della cucina catalana
Il “manjar blanco” è apparso nella cucina medievale catalana come un dessert adattato al periodo della Quaresima: una versione di crema catalana alla quale si tolgono le uova e si sostituisce il latte (di mucca) con il latte di mandorla.
Concretamente, sembra che il “manjar blanco” come dessert quaresimale sia stato creato a Scala Dei (un monastero ai piedi della Sierra de Montsant), una volta che i monaci si videro costretti a servire un grande ágape durante la Quaresima.
L’attuale Biancomangiare
E’ una crema dolce aromatizzata con cannella e scorza di limone che solitamente si consuma come dessert, ancor oggi conosciuta in tutte le regioni d’Italia, dalla Valle D’Aosta alla Sicilia, Basilicata compresa.
E’ stato introdotto in Sardegna durante la dominazione catalana dell’isola: periodo storico che ha lasciato un’impronta indelebile sulla cultura e la gastronomia di Alghero.
Ricordiamo, come già accennato, che la differenza tra biancomangiare e “menjar Blanc” risiede nella presenza di uno scrigno di “pasta violada” nella seconda preparazione.
La versione “povera”
La versione che oggi si realizza in Alghero, è forse quella “povera”, con ingredienti essenziali: l’amido di riso o di grano usato come addensante (ci perviene in Europa tramite la cultura araba), stemperato nel latte, con l’aggiunta zucchero e buccia di limone.
Raggiunta la giusta consistenza la crema viene racchiusa in un involucro di pasta e ripassata in forno.
Cagliari e Alghero
Ad Alghero come in Catalogna si chiama “menjar blanc” e se ne fanno anche dei ravioli chiamati “tabaqueres”, in quanto la forma ricorda quella delle antiche scatolette in cui si riponeva il tabacco.
A Cagliari e nel Campidano il procedimento è simile ma viene chiamato su “papai-biancu” e più frequentemente è preparato nella versione senza involucro di pasta.
Con questo si prepara anche il ripieno dei culingioneddus (ravioli dolci), che si friggono e si servono con il miele o con lo zucchero.
Usanze e tradizioni algheresi

Il Menjar Blanc è un dolce tradizionale, un tempo veniva consumato durante le festività e le celebrazioni speciali, come Natale, Capodanno e altre occasioni religiose.
Attualmente viene consumato tutti i giorni e spesso è servito come dessert dopo i pasti, accompagnato da una spruzzata di cannella o una spolverata di zucchero a velo.
È anche comune condividerlo con amici e parenti durante le visite o come regalo simbolico di benvenuto.
E’ un piatto distintivo della cucina algherese, che continua a essere apprezzato e tramandato di generazione in generazione.
È un simbolo della ricca storia culturale di Alghero e della sua unica identità gastronomica che mescola sapientemente influenze catalane e tipiche della Sardegna.
“Corpus del Patrimoni Culinari Català”

Il menjar blanc è presente nel volume “Corpus dei patrimoni culinari de l’Alguer.
Raccolta delle ricette della cucina tradizionale di Alghero di Tiziana Del Rio, Cristina Innocenti, Nadia Marrosu.
Straordinaria raccolta di ricette che riflette l’identità culturale e gastronomica della città di Alghero.
Conservate per secoli dalle famiglie algheresi, tramandate, con qualche variante, nell’uso quotidiano e nella tradizione orale.
Le 329 ricette sono proposte in italiano e in algherese per consentire una più ampia conoscenza e divulgazione della cucina e della lingua algherese.
“Settimane del Menjar Blanc”

Manifestazione proposta ad Alghero dal consorzio “Alghero in Centro” e con la collaborazione tecnica della Confraternita Enogastronomica NordOvest Sardegna.
Diversi ristoranti e locali propongono la degustazione di questo dolce, promuovendo la riscoperta di un’antica tradizione culinaria.
Un evento che aiuta a diffondere e tutelare la gastronomia di Alghero e che racconta le tradizioni che con fatica ma anche tanto amore per la propria città si è cercato di mantenere vive.
Settimane del Menjar Blanc” [foto, agosto 2025]
Dove mangiare il menjar blanc?
“La Bavarese di Dante”

Giuseppe Cossu è figlio d’arte: il padre, il signor Antonello, diede vita a La Bavarese, storica pasticceria di Alghero.

A 20 anni iniziò a viaggiare in Italia e all’estero frequentando corsi di specializzazione e facendo conoscere i propri dolci.
Nel 2017 insieme alla moglie Rita apre la sua pasticceria a Sassari, in viale Dante dove crea nuovi prodotti dolciari strizzando l’occhio alla tradizione.

Davvero ottimo il suo Manjan’branc, preparato seguendo la ricetta di famiglia.
Buonissimi tutti i dolci da lui creati, anche in versione senza latte o glutine per intolleranti.
Il locale è davvero accogliente, un salotto dove accomodarsi e degustare le tante delizie proposte accolti dalla squisita gentilezza dei proprietari.

Un “enclave” algherese a Sassari con i dolci della tradizione ma anche con gustosissime innovazioni tutte da provare.

La Bavarese di Dante
viale Dante 16, Sassari
La ricetta di Giuseppe Cossu

Gli Ingredienti:
Per il mangiarbianco:2 litro di latte, 150 gr di amido di mais, 2 uova, 150g di zucchero, 1 scorza di limone intera, 1 pizzico di vaniglia
Per la pasta: 500 gr di farina, 150 gr di zucchero, 250 gr di burro, 2 uova, Acqua q.b
Il Procedimento:
Versare in un pentolino lo zucchero, le uova intere e l’amido e miscelare bene versando lentamente il latte. Aggiungere la scorza di limone e la vaniglia. Portare sul fornello dopo aver sciolto bene i grumi e cuocere a fuoco lento mescolando fino ad un leggero bollore. La crema diventerà densa. Togliete dal fuoco e lasciate freddare. Preparare la pasta lavorando in una ciotola la farina, lo zucchero e le uova, successivamente aggiungere il burro. Lasciare riposare per 30 minuti coperta con pellicola trasparente. Stendere la pasta in due sfoglie di 4 mm. Con una sfoglia foderare una tortiera versarci il mangiarbianco e coprire con l’altra. Rifilare i bordi e pizzicare bene. Spolverare con zucchero semolato. Cuocere fino a completa doratura in forno a 180 ° C circa 35 minuti. Lasciare raffreddare. Ne viene anche proposta anche una versione senza lattosio sostituendo il burro con margarina vegetale e facendo uso di latte senza lattosio
La ricetta “storica” del Bianco Mangiare dall’antico volume di Pellegrino Artusi

“681. Bianco mangiare
Mandorle dolci con tre amare, grammi 150
Zucchero in polvere, grammi 150
Colla di pesce in fogli, grammi 20
Panna o fior di latte, mezzo bicchiere a buona misura
Acqua, un bicchiere e mezzo
Acqua di fior d’arancio, due cucchiaiate
Prima preparate la colla di pesce ed è cosa semplice; pigiatela colle dita in fondo a un bicchiere, e coperta di acqua, lasciatela stare onde abbia tempo di rammollire, e quando ve ne servirete, gettate via l’acqua e lavatela.
Sbucciate e pestate le mandorle in un mortaio, bagnandole di quando in quando con un cucchiaino d’acqua, e quando le avrete ridotte finissime, diluitele con l’acqua suddetta e passatele da un canovaccio forte e rado, procurando di estrarne tutta la sostanza.
A tal punto, preparate uno stampo qualunque della capacità conveniente; poi mettete al fuoco in una cazzaruola il latte delle mandorle, la panna, lo zucchero, la colla, l’acqua di fior di arancio; mescolate il tutto e fatelo bollire per qualche minuto.
Ritiratelo dal fuoco e quando avrà perduto il calore, versatelo nello stampo immerso nell’acqua fresca o nel ghiaccio.
Per sformarlo basta passare attorno allo stampo un cencio bagnato nell’acqua bollente.
La bollitura è necessaria onde la colla di pesce si incorpori col resto; altrimenti c’è il caso di vederla precipitare in fondo.”



