La torta di “menjar blanc”: il dolce sapore di Alghero che ci parla di terre lontane e tempi antichi

Laura Manunta
La torta di “menjar blanc”

La torta di “menjar blanc”: il dolce sapore di Alghero che ci parla di terre lontane e tempi antichi

Alghero con la bandiera catalana
Alghero con la bandiera catalana

Alghero, la piccola perla catalana in Sardegna.

Alghero, cavalli al galoppo con lo sfondo di Capo Caccia (foto: Giovanni Strinna)
Alghero, cavalli al galoppo con lo sfondo di Capo Caccia (foto: Giovanni Strinna)

Il centro storico, il cuore della città, è rimasto intatto nel tempo.

Conosciuta anche come “Barceloneta de Sardegna”, la città ha infatti conservato l’uso della lingua catalana, di cui è un’isola linguistica e il 22,4% dei suoi abitanti lo parla nella variante algherese, riconosciuta dalla Repubblica Italiana e dalla Regione Sardegna come lingua minoritaria.

Alghero venne fondata nei primi anni del XII secolo dalla più potente famiglia di Genova, i Doria, i quali decisero di fortificare la città per difenderla dalle continue scorribande Pisane e Saracene.

Per la sua posizione strategica, Alghero sosteneva un ruolo molto ambito nei commerci che si svolgevano all’interno del Mar Mediterraneo.

La città rimase sotto i Doria fino al 1353, fin quando gli aragonesi sconfissero i genovesi in una battaglia navale e la dominarono per ben quattro secoli.

Dal 1354 la città viene occupata dai catalani-aragonesi, i quali restaurarono e ampliarono il sistema difensivo.

Cinta muraria difensiva di Alghero
Cinta muraria difensiva di Alghero

Oggi, lungo le mura della città si contano 7 torri e 3 fortezze.

Il centro storico, compatto e facile da girare a piedi, è suddiviso in tre nuclei principali lungo i bastioni.

I suoi vicoli labirintici e le piazze vivaci con le mura color miele che addolciscono le architetture vi faranno innamorare dei Alghero a prima vista.”

Lungomare di Alghero (foto: Giovanni Strinna)
Lungomare di Alghero (foto: Giovanni Strinna)

Esplorando i deliziosi dolci tradizionale della Sardegna

Da nord a sud dell’isola, la Sardegna si racconta attraverso un viaggio gustativo unico: i più caratteristici dolci tradizionali rivelano la ricchezza e la diversità della sua tradizione gastronomica.

I nomi dei dolci come “Seadas”,”Papassinas”, “Coricheddos”, “Casadinas”, “Tabaqueres” e “Torta di Menjar” Blanc” (si pronuncia “mengiarbranc”) sembrano estranei tra loro, ma in realtà rappresentano le tantissime sfaccettature della vastità e della varietà dei dolci sardi.

Menjar Blanc, la torta dei catalani di Sardegna
Menjar Blanc, la torta dei catalani di Sardegna

Cos’è il “Menjar Blanc”?

La torta di Menjar Blanc, dolce tipico di Alghero, è una prelibatezza che conquista i palati con la sua consistenza cremosa e il suo gusto delicato.

Torta di menjar blanc(foto: Le tenere dolcezze di Resy)
Torta di menjar blanc(foto: Le tenere dolcezze di Resy)

Preparata con ingredienti semplici ma sapientemente combinati, questa torta è composta da una crema di latte, amido, zucchero e scorza di limone.

La superficie della “pasta violada” che racchiude la delicata crema bianca è ricoperta da una spolverata di zucchero che a fine cottura conferisce gradevole croccantezza.

La versione Tabaqueres di Menjar Blanc è una variazione più compatta, una monoporzione di questo dolce tradizionale algherese.

Tabaqueres de menjar blanc (foto: Sale & Pepe)
Tabaqueres de menjar blanc (foto: Sale & Pepe)

Sono realizzate con la stessa crema al latte della torta, ma modellati in forme più piccole e compatte, ideali per essere gustati comodamente con le mani.

In entrambe le sue forme, il Menjar Blanc di Alghero rappresenta una celebrazione della ricchezza culinaria e culturale della Sardegna, invitando i visitatori a immergersi in una tradizione gustosa che unisce sapori unici e una storia affascinante. 

La sua storia: da “Biancomangiare” a “Manjer Blanc”

Biancomangiare o Menjar Blanc?

Il biancomangiare
Il biancomangiare

La principale differenza tra biancomangiare e menjar blanc risiede nella presenza di uno scrigno di “pasta violada” presente nella versione algherese.

Il nome “Blanc manger” è di origine francese e indica chiaramente “il mangiare bianco”, un composto preparato da ingredienti di colore bianco la cui diffusione era estesa a tutta l’Europa già nella cucina medievale.

Tavola medioevale
Tavola medioevale

Sicuramente l’espressione “menjar blanc” ha però un’origine ancora più antica proveniente dal nome arabo “ispidba” oppure arabo-persiana “sepidba”.

E’ una pietanza di origine antica quindi che veniva preparata sia dolce che salata per “mangiare in bianco” in caso di indisposizione.

Di questa specialità sono giunte fino a noi molte ricette appartenenti ad epoche e culture differenti.

In un libro egizio del II sec. d.C., che insegna a preparare un piatto di carne e verdure curativo per chi soffre di stomaco, sono riportate prescrizioni mediche e la ricetta per guarire questo tipo di problema.

“giaggiolo, carne di piccione nel mezzo che sia cotta con oca, finocchio, una mistura di fave, acqua calda, polvere assorbente, infuso di grano, due palle di cicoria; triturare finemente, filtrare, bere.”

Ricette si trovano anche in “De agricultura” (secolo II a. C.) di Catone il Vecchio e nel “Cibarium” (secolo I d. C.) di Marco Gavio Apicio.

Negli antichi ricettari arabi si possono trovare ricette di creme di riso, ma ancora non di vero e proprio “manjar blanco”: si trattava in genere di una vivanda di colore bianco preparata con latte, polvere di mandorle, petti di pollo, addensata con l’aggiunta di farina o riso.

La ricetta si ritrova poi in quasi tutti i trattati di cucina medievale europea e veniva chiamata: blanmangeri, blanche mangieri, blanc-manger, bramagere.

Esso non mancava mai nei banchetti medievali dove veniva utilizzato come intermezzo.

Per quel che riguarda la preparazione sarda, questa segue metodi di sicura origine catalano-spagnola, influenzati da metodi e ricette medievali arabe.

Gli arabi lo chiamavano “zirbaj” e lo preparavano con mandorle, carne di gallina, acqua di rose, aceto e pasticcio di pollame.

L’antico “biancomangiare” in Italia e nella letteratura

Si diffuse nel nostro paese in molte parti del Mezzogiorno italiano, particolarmente in Sicilia e in Sardegna.

I primi ricettari occidentali a proporre questo genere di ricette sono riconducibili ad alcune aree dell’Italia meridionale: si tratta rispettivamente del “Liber de Coquina “e dei manoscritti oggi noti con il nome di “Anonimo Meridionale”.

Ambedue i testi furono redatti tra XIII e XIV secolo alla corte di Napoli ed in questi sono presenti alcune ricette di bianco mangiare.

Questa pietanza è anche citata tra quelle preparate da Matilde di Canossa per riappacificare papa Gregorio VII ed Enrico IV di Franconia.

Viene inoltre riportato nella “Descrizione del pranzo di nozze tra Maria de’ Medici e Enrico IV di Francia”, redatta da Michelangelo Buonarroti.

Persino Leonardo da Vinci scriveva:

”Per me un piatto che si chiama “biancomangiare” è si bianco ma si sdegna se sa di dolce o di pesce”. La ricetta è in fine riportata da Pellegrino Artusi nel suo famoso libro “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene.”

La prima edizione del volume di Pellegrino Artusi
La prima edizione del volume di Pellegrino Artusi

La moderna Alta Cucina ha trasformato il Biancomangiare storico seguendo le attente indicazioni codificate dal cuoco francese Careme nel XIX secolo.

Nel suo “cammino per Barcellona”, Cervantes fa mangiare il “manjar blanco” a don Quijote e a Sancho Panza.

Nei secoli XVII e XVIII la versione salata ancora si mangiava abbondantemente in Catalogna, dove i sapori agrodolci erano caratteristici della cucina dell’epoca, e il dessert era tradizionale del giorno di San José (19 di marzo) e di Carnevale.

Dolce quaresimale della cucina catalana

Il “manjar blanco” è apparso nella cucina medievale catalana come un dessert adattato al periodo della Quaresima: una versione di crema catalana alla quale si tolgono le uova e si sostituisce il latte (di mucca) con il latte di mandorla.

Concretamente, sembra che il “manjar blanco” come dessert quaresimale sia stato creato a Scala Dei (un monastero ai piedi della Sierra de Montsant), una volta che i monaci si videro costretti a servire un grande ágape durante la Quaresima.

L’attuale Biancomangiare

E’ una crema dolce aromatizzata con cannella e scorza di limone che solitamente si consuma come dessert, ancor oggi conosciuta in tutte le regioni d’Italia, dalla Valle D’Aosta alla Sicilia, Basilicata compresa.

E’ stato introdotto in Sardegna durante la dominazione catalana dell’isola: periodo storico che ha lasciato un’impronta indelebile sulla cultura e la gastronomia di Alghero.

Ricordiamo, come già accennato, che la differenza tra biancomangiare e “menjar Blanc” risiede nella presenza di uno scrigno di “pasta violada” nella seconda preparazione.

La versione “povera”

La versione che oggi si realizza in Alghero, è forse quella “povera”, con ingredienti essenziali: l’amido di riso o di grano usato come addensante (ci perviene  in Europa tramite la cultura araba), stemperato nel latte, con l’aggiunta zucchero e buccia di limone.

Raggiunta la giusta consistenza la crema viene racchiusa in un involucro di pasta e ripassata in forno.

Cagliari e Alghero

Ad Alghero come in Catalogna si chiama “menjar blanc” e se ne fanno anche dei ravioli chiamati “tabaqueres”, in quanto la forma ricorda quella delle antiche scatolette in cui si riponeva il tabacco.

A Cagliari e nel Campidano il procedimento è simile ma viene chiamato su “papai-biancu” e più frequentemente è preparato nella versione senza involucro di pasta.

Con questo si prepara anche il ripieno dei culingioneddus (ravioli dolci), che si friggono e si servono con il miele o con lo zucchero.

Usanze e tradizioni algheresi

Torta di “menjar blac”(foto: Le tenere dolcezze di Resy)
Torta di “menjar blanc”(foto: Le tenere dolcezze di Resy)

Il Menjar Blanc è un dolce tradizionale, un tempo veniva consumato durante le festività e le celebrazioni speciali, come Natale, Capodanno e altre occasioni religiose.

Attualmente viene consumato tutti i giorni e spesso è servito come dessert dopo i pasti, accompagnato da una spruzzata di cannella o una spolverata di zucchero a velo.

È anche comune condividerlo con amici e parenti durante le visite o come regalo simbolico di benvenuto.

E’ un piatto distintivo della cucina algherese, che continua a essere apprezzato e tramandato di generazione in generazione.

È un simbolo della ricca storia culturale di Alghero e della sua unica identità gastronomica che mescola sapientemente influenze catalane e tipiche della Sardegna.

Corpus del Patrimoni Culinari Català”

Il corpus del “patrimoni culinari de l’alguer”
Il corpus del “patrimoni culinari de l’alguer”

Il menjar blanc è presente nel volume “Corpus dei patrimoni culinari de l’Alguer.

Raccolta delle ricette della cucina tradizionale di Alghero di Tiziana Del Rio, Cristina Innocenti, Nadia Marrosu.

Straordinaria raccolta di ricette che riflette l’identità culturale e gastronomica della città di Alghero.

Conservate per secoli dalle famiglie algheresi, tramandate, con qualche variante, nell’uso quotidiano e nella tradizione orale.

Le 329 ricette sono proposte in italiano e in algherese per consentire una più ampia conoscenza e divulgazione della cucina e della lingua algherese.

“Settimane del Menjar Blanc”

Locandina della “settimana del Menjar Blanc”
Locandina della “settimana del Menjar Blanc”

Manifestazione proposta ad Alghero dal consorzio “Alghero in Centro” e con la collaborazione tecnica della Confraternita Enogastronomica NordOvest Sardegna.

Diversi ristoranti e locali propongono la degustazione di questo dolce, promuovendo la riscoperta di un’antica tradizione culinaria.

Un evento che aiuta a diffondere e tutelare la gastronomia di Alghero e che racconta le tradizioni che con fatica ma anche tanto amore per la propria città si è cercato di mantenere vive.

Settimane del Menjar Blanc” [foto, agosto 2025]

Dove mangiare il menjar blanc?

“La Bavarese di Dante”

La “Bavarese di Dante a Sassari"
“La Bavarese di Dante a Sassari”

Giuseppe Cossu è figlio d’arte: il padre, il signor Antonello, diede vita a La Bavarese, storica pasticceria di Alghero.

Giuseppe Cossu e sua moglie Rita, titolari della pasticceria “La Bavarese di Dante” a Sassari
Giuseppe Cossu e sua moglie Rita, titolari della pasticceria “La Bavarese di Dante” a Sassari

A 20 anni iniziò a viaggiare in Italia e all’estero frequentando corsi di specializzazione e facendo conoscere i propri dolci.

Nel 2017 insieme alla moglie Rita apre la sua pasticceria a Sassari, in viale Dante dove crea nuovi prodotti dolciari strizzando l’occhio alla tradizione.

Articolo della Nuova Sardegna sulla pasticceria “La Bavarese di Dante”
Articolo della Nuova Sardegna sulla pasticceria “La Bavarese di Dante”

Davvero ottimo il suo Manjan’branc, preparato seguendo la ricetta di famiglia.

Buonissimi tutti i dolci da lui creati, anche in versione senza latte o glutine per intolleranti.

Il locale è davvero accogliente, un salotto dove accomodarsi e degustare le tante delizie proposte accolti dalla squisita gentilezza dei proprietari.

L'interno della Bavarese di Dante a Sassari
L’interno della Bavarese di Dante a Sassari

Un “enclave” algherese a Sassari con i dolci della tradizione ma anche con gustosissime innovazioni tutte da provare.

Specialità della pasticceria “La Bavarese di Dante”
Specialità della pasticceria “La Bavarese di Dante”

La Bavarese di Dante

viale Dante 16, Sassari

La ricetta di Giuseppe Cossu

Ricetta della torta Menjar Blanc di Giuseppe Cossu
Ricetta della torta Menjar Blanc di Giuseppe Cossu

Gli Ingredienti:

Per il mangiarbianco:2 litro di latte, 150 gr di amido di mais, 2 uova, 150g di zucchero, 1 scorza di limone intera, 1 pizzico di vaniglia

Per la pasta: 500 gr di farina, 150 gr di zucchero, 250 gr di burro, 2 uova, Acqua q.b

Il Procedimento:

Versare in un pentolino lo zucchero, le uova intere e l’amido e miscelare bene versando lentamente il latte. Aggiungere la scorza di limone e la vaniglia. Portare sul fornello dopo aver sciolto bene i grumi e cuocere a fuoco lento mescolando fino ad un leggero bollore. La crema diventerà densa. Togliete dal fuoco e lasciate freddare. Preparare la pasta lavorando in una ciotola la farina, lo zucchero e le uova, successivamente aggiungere il burro. Lasciare riposare per 30 minuti coperta con pellicola trasparente. Stendere la pasta in due sfoglie di 4 mm. Con una sfoglia foderare una tortiera versarci il mangiarbianco e coprire con l’altra. Rifilare i bordi e pizzicare bene. Spolverare con zucchero semolato. Cuocere fino a completa doratura in forno a 180 ° C circa 35 minuti. Lasciare raffreddare. Ne viene anche proposta anche una versione senza lattosio sostituendo il burro con margarina vegetale e facendo uso di latte senza lattosio

La ricetta “storica” del Bianco Mangiare dall’antico volume di Pellegrino Artusi

Antica ricetta del Biancomangiare dal libro di Pellegrino Artusi
Antica ricetta del Biancomangiare dal libro di Pellegrino Artusi

“681. Bianco mangiare

Mandorle dolci con tre amare, grammi 150

Zucchero in polvere, grammi 150

Colla di pesce in fogli, grammi 20

Panna o fior di latte, mezzo bicchiere a buona misura

Acqua, un bicchiere e mezzo

Acqua di fior d’arancio, due cucchiaiate

Prima preparate la colla di pesce ed è cosa semplice; pigiatela colle dita in fondo a un bicchiere, e coperta di acqua, lasciatela stare onde abbia tempo di rammollire, e quando ve ne servirete, gettate via l’acqua e lavatela.

Sbucciate e pestate le mandorle in un mortaio, bagnandole di quando in quando con un cucchiaino d’acqua, e quando le avrete ridotte finissime, diluitele con l’acqua suddetta e passatele da un canovaccio forte e rado, procurando di estrarne tutta la sostanza.

A tal punto, preparate uno stampo qualunque della capacità conveniente; poi mettete al fuoco in una cazzaruola il latte delle mandorle, la panna, lo zucchero, la colla, l’acqua di fior di arancio; mescolate il tutto e fatelo bollire per qualche minuto.

Ritiratelo dal fuoco e quando avrà perduto il calore, versatelo nello stampo immerso nell’acqua fresca o nel ghiaccio.

Per sformarlo basta passare attorno allo stampo un cencio bagnato nell’acqua bollente.

La bollitura è necessaria onde la colla di pesce si incorpori col resto; altrimenti c’è il caso di vederla precipitare in fondo.”

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Laura Manunta, è nata a Roma da famiglia con antiche origini che si dipanano tra diverse aree geografiche della Sardegna, le cui tracce documentali trovano riscontro sul territorio già dal XV secolo. All'isola è profondamente legata e suddivide il suo tempo vivendo a cavallo tra la città di Sassari e la capitale. È custode e conservatrice di un antico archivio documentale e fotografico che comprende testimonianze relative a molteplici contesti storici e tradizionali sardi. In questo ambito collabora con istituzioni e associazioni dedite all’approfondimento di tematiche culturali, alla rievocazione storica e alla conservazione del patrimonio delle antiche corporazioni d’arti e mestieri della città di Sassari. I suoi studi si sono svolti presso la facoltà di farmacia dell’università La Sapienza di Roma dove ha effettuato una tesi sperimentale in metodi fisici in chimica organica con lunga esperienza di laboratorio e di preparazione farmaceutica. La lunga pratica in ambito musicale la ha condotta all'approfondimento della musica antica rinascimentale, barocca e dell’antica tradizione persiana, perfezionandosi presso il conservatorio “Alfredo Casella" dell'Aquila. Numerosi viaggi la hanno portata a conoscere e approfondire le culture di molteplici paesi, tra cui in particolare quella del sud est asiatico connessa con la tradizione del tè in tutte le sue declinazioni. La passione per le culture orientali la ha condotta poi ad ottenere attestati relativi alla degustazione e alla conoscenza del tè e a fondare nel centro storico della capitale la sala da tè Fiorditè, specializzata nella somministrazione e nella vendita del tè in foglia. Luogo vocato alla promozione della cultura e della conoscenza di questa bevanda, punto di riferimento per esperti e amatori, nei circa vent’anni di attività è stata insignita di numerosi premi e riconoscimenti da parte della stampa e di organizzazioni del settore. Si è dedicata inoltre alla promozione e alla conoscenza del mondo del cioccolato e del caffè "d'autore" ricevendo formazione specifica, ospitando e promuovendo molteplici iniziative di divulgazione e approfondimento.
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