La Vinakoper di Capodistria in Slovenia

La Vinakoper di Capodistria in Slovenia

Come abbiamo già scritto in un articolo precedente, la Slovenia produce vino in tre regioni: Podravje, Posavje e Primorska. Primorska vuol dire ”sul mare” e comprende le vigne che si trovano lungo i circa 40 km di costa adriatica intorno a Capodistria, a sud di Trieste, che rappresentano l’unico accesso al mare di questo piccolo stato. Qui la viticoltura esiste almeno da due millenni, come in Italia. Plinio il Vecchio parla di un vino istriano fatto da uve di una varietà ”omnium nigerria“, cioè la più nera di tutte, che dovrebbe essere appunto l’antenata del vitigno refošk. Un po’ più tardi si hanno le prime notizie del vitigno teran e tra il XIII e il XIV secolo anche quelle del rebula.

Nel XVII secolo il vescovo Tommasini parla anche del muškat. Nel XVIII secolo l’industriale tessile Gian Rinaldo Carli introdusse l’enologia moderna e sperimentò diversi vitigni anche importati dalla Toscana, come sangiovese e trebbiano, e sembra davvero che sia stato il primo a saper sfruttare il grande potenziale del vitigno malvazija. Nella seconda metà del XIX secolo la ditta francese J. Champion & C.ie Vins de Champagne di Reims produceva anche qui i suoi spumanti. Dato che a quei tempi la legislazione vinicola francese non era ancora abbastanza severa, non è escluso che qualche sua bottiglia venduta allora con l’etichetta dello Champagne venisse magari da questa zona.

Nelle cantine di qui però non ne sono state trovate. Come non sono state trovate bottiglie di vino locale con più di un ventennio di affinamento. Infatti prima non s’imbottigliava molto. Proprio in quelli che furono i locali della compagnia francese s’insediarono in seguito gli uffici della cooperativa ”Vino Koper” che commercializzava sì il vino, ma anche altre bevande, per esempio la Tonic Water Excorrado. Mutando il nome in ”Vinakoper d.o.o.”, questa cooperativa in poco tempo diventò il maggiore produttore di vino della zona vinicola capodistriana e quindi ristrutturò seriamente da cima a fondo tutte le cantine.

Con 586 ettari, la loro capacità è di circa 32.000 ettolitri, cioè sicuramente più di un terzo della produzione vinicola della regione (l’amico “”enomaniaco” Wiktor Bruszewski che l’ha visitata recentemente pensa piuttosto che sia circa la metà). Gli altri due terzi sono dei piccoli produttori privati, ma pochi di loro vivono di vitivinicoltura. Vinakoper era stata fondata nel 1947 come cantina commerciale proprio con il compito di acquistare le eccedenze di mercato dei viticoltori privati dell’ex Zona B del Territorio Libero di Trieste. Era una mossa azzeccata, ma è stata premiata da un rapido aumento della mole d’affari.

Già nel 1953 venne costruita a San Canziano una cantina nuova e più spaziosa, attrezzata anche per la conservazione e la vinificazione dell’uva proveniente dai vigneti delle cooperative e da quelli statali che stavano sorgendo proprio allora. In seguito aveva però sofferto la crisi della federazione jugoslava della fine degli anni ’80, ma con la conquista slovena dell’indipendenza è diventata una ditta solida, raggiungendo la posizione di leader nell’enologia slovena.

Oggi l’azienda lavora in proprio la maggior parte dei vigneti che si affacciano sul mare (alcuni a soli 5 metri dal bagnasciuga) con almeno 15 vitigni diversi, ma acquista anche una parte del raccolto dai propri vicini ed è l’unico esempio sloveno di vini di buona qualità prodotti su vasta scala, con un costante rinnovamento nei vigneti, nella tecnologia di cantina e nel marketing.

A dimostrazione che anche nei Balcani quantità e qualità non sempre si azzuffano. Ho assaggiato soprattutto i vini rossi, che in questa zona trovano le condizioni naturali migliori. Ho trovato ricco di colore, di estratti e ben bilanciato il Capris Refošk. Mi è piaciuto molto Il Capris Rdeče, un taglio bordolese da Merlot, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Refošk di colore rubino intenso e che ha un bouquet potente, robusto quanto il vino in giovane età, con fragranze di ribes nero e rosso, un vino che migliora e si affina notevolmente con il tempo perché sa invecchiare come i più grandi vini del mondo.

Una nota particolare merita anche il Capris Cabernet Sauvignon, se non altro per gli alti punteggi ricevuti dalle commissioni internazionali di assaggio a diversi concorsi ”open”, un bel vino che onora certamente l’enologia istriana. Poi la situazione si è evoluta. Un paio d’anni fa, come ha scritto l’amico ”enomaniaco” polacco Wiktor Bruszewski, l’enorme Vinakoper produceva sempre circa la metà dei vini sloveni provenienti dalle vigne sul mare, che in gran parte però venivano ancora venduti sfusi e principalmente alla gastronomia locale con una qualità decorosa e un’offerta già ampia.

Dei vini in bottiglia gli erano piaciuti gli onesti e non costosi vini bianchi monovarietali e le rosse cuvée della linea Capris, mentre lo avevano deluso tuttavia quelli della prestigiosa (in teoria) linea Capo d’Istria, che non valevano però il prezzo proposto. Oggi Vinakoper esporta per esempio in Austria, Belgio, Canada, Danimarca, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia, Stati Uniti, Svezia e Svizzera.

A una degustazione di Cracovia ho apprezzato tre vini della linea Capris (Malvazija, Refošk e Plemenito Rdeče), il Cabernet Sauvigno della linea Capo d’Istria e il Vrhunsko Vino Sladki Muškat. Si può dire che si sono notati ancora dei miglioramenti, a partire dalle idee più chiare della direzione dell’azienda, che ha ristrutturato la produzione secondo la destinazione di mercato dei vini: la linea Capris per la ristorazione; la linea Capo d’Istria con i vini in teoria più prestigiosi da uve selezionate e maturati in barriques nuove per le enoteche straniere; la linea dei kakovostna vina con i vini a denominazione d’origine locale, freschi, non maturati in barrique, dalle etichette molto colorate, tutti secchi compreso il Malvazija; la linea dei vrhunska vina per il mercato locale e infine la linea degli spumanti. Almeno c’è maggior chiarezza per chi compra e che può così identificare ogni linea con il suo particolare stile di vinificazione dichiarato.

Si evitano così quelle spiacevoli sorprese come il servizio in tavola al ristorante di vini purtroppo saturi di legno, duri, chiusi, da lasciar affinare per lunghi anni in cantina o, al contrario, l’inutile conservazione nella cantinetta domestica di vini che sono buoni da giovani, ma che più di un lustro non riescono a reggere.

Della linea Capris vale la pena citare per il gusto e il prezzo il Capris Plemenito Rdeče (35% Merlot, 30% Cabernet Sauvignon, 30% Cabernet Franc, 5% Refosco, maturato in piccole botti di rovere sloveno), un vino da coniglio e agnello con rosmarino e patate e il Capris Cabernet-Shiraz (50% e 50%, maturato in barriques di rovere francese). Un vino interessante è il Capris Refošk, robusto ma non rustico, con una bella acidità, dai tannini maturi e imbrigliati, per carni rosse grigliate. Gli altri vini sono i rossi Capris Merlot, Capris Cabernet Sauvignon e i bianchi Capris Malvazija (acacia e zagare in evidenza, dal finale piacevolmente mandorlato) e Capris Plemenito Belo. Anche della linea Capo d’Istria citerei, ma solo per i riconoscimenti avuti, il Cabernet Sauvignon, il Malvazija maturato 18 mesi in barrique e il Refošk che, pur costando di più, non mi è piaciuto quanto quello della linea Capris.

Invece della linea dei kakovostna vina posso dire che sono i classici vini da bere giovani a tutto pasto e pur non avendo grandi ambizioni mostrano un decoroso tono di freschezza e di pulizia gustativa anche se soltanto per qualche anno ancora dopo la vendemmia. Fra i rossi c’è un interessante Kabernet (45% Cabernet Franc, 40% Cabernet Sauvignon e 15% Merlot) accanto a Merlot e Refošk, da bere secondo me tutti sui 16-17°C, mentre fra i bianchi c’è un onesto Chardonnay, ma incuriosisce senz’altro di più il Malvazija secco. La linea dei vrhunska vina comprende i monovarietali rossi Refošk e Merlot accanto ai monovarietali bianchi Malvazija, Chardonnay Labor, Chardonnay Ricorvo, Sivi Pinot (Pinot Grigio), Rumeni Muškat, Sladki Muškat e Sauvignon. Gli abitanti del posto li preferiscono certamente agli incomprensibili vini di stile direi anglosassone della linea Capo d’Istria, e non certo per una questione di prezzo. Specialmente i moscati, soprannominati ”sole della Slovenia”. Vinakoper produce anche un Refosco dolce e tre spumanti metodo Charmat: i due bianchi Capris Millennium e Allegro kakovostno biser vino e il rosso Capris Peneči Refošk. Non c’è che dire, una bella gamma.

Ma quanto si allontanano sempre più velocemente i vecchi tempi delle produzioni di massa di vini anonimi! E senza dover andare per forza nel minuscolo e fare magari dei vini da garage o da cuccia del cane. La mentalità, la missione di questi vignaioli di grandi dimensioni che si sono ritrovati di riffa o di raffa tanti ettari da gestire dopo il crollo della federazione jugoslava è senz’altro nella giusta direzione.

Nell’ottobre del 1980, commentando dei Sassicaia del 1968 e del 1973, allora ancora ”vino da tavola” per più o meno 18.000 bottiglie prodotte l’anno e solo nelle annate eccezionali, ricordo cosa mi dissel’indimenticabile amico Loris Scaffei che lavorava alla Marchesi Antinori: «Siamo capaci di fare vini di altissima qualità ma i Francesi ancora ci battono perché noi riusciamo a farne solo 20.000 bottiglie a fatica e nemmeno tutti gli anni mentre loro riescono a farne a quel livello anche un milione e a ogni vendemmia». Ai ben sei tipi di Refošk della Vinakoper faccio i miei migliori auguri che almeno uno riesca a diventare una stella di grandezza mondiale. Se questi istriani lavoreranno sul vino Refosco con lo stesso spirito non dico dei nostri produttori giuliani (per esempio Rodaro, Miani, Pighin, d’Attimis Maniago), ma dei loro stessi predecessori in loco, quelli che hanno fatto l’enologia slovena come lo sperimentatore Gian Rinaldo Carli, chissà a che livello arriverà Vinakoper fra qualche anno ancora!

Rolando Marcodini

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