di Sarah Galmuzzi
Qualche settimana fa un amico, che è poi il papà amorevole di questo blog, mi dice ‘ma come, tu sei giornalista, e allora devi scrivere pure tu su Di testa e di gola’.
Il che più o meno mi rimanda a quelle surreali discussioni con mia madre, che in virtù del sudato tesserino dell’ordine, ritiene plausibile invitarmi a scrivere dalla lista della spesa fino ai biglietti di cordoglio.
Approfitto di questo piccolo spazio messomi a disposizione, per ricordare che saper coniugare decentemente due verbi non fa di noi giornalisti dei tuttologi, né, nella fattispecie, degli esperti di cucina.
Ma tant’è: per ragioni che non starò qui ad elencare era difficile sottrarmi all’invito, per’altro reiterato con frequenza. E quindi eccomi qui, chiamata a scrivere di cose per me, abbastanza lontane. Io che ho perso l’olfatto dopo un quarto di secolo passato in compagnia di rinazina e le sue sorelle, io che non conosco la differenza tra grana e parmigiano, io che il tè lo faccio con le bustine del supermercato.
Ho scelto di chiamare questa libera, sufficientemente inutile rubrica, L’insalata, non perché mi ispiri all’umiltà della pietanza, giammai, ma perché l’insalata è quel piatto che tanto dentro ci puoi mettere quello che vuoi, sempre insalata è.
Al suo interno mi divertirà raccogliere pensieri sparsi, libri, aneddoti, strane storie, purchè abbiano una attinenza minima con l’argomento cucina. Che sennò il papà, ancorchè amorevole, ci si arrabbia.