Lisola ad un anno dall’apertura, come si mangia alla risto-pizzeria di Nino Di Costanzo e Ivano Veccia?
Fuori dal caos estivo di Forio, dove il sole disegna ogni sera uno spettacolo irripetibile, sorge Lisola (una parola), il progetto che un anno fa ha unito tre visioni complementari del gusto e dell’ospitalità grazie all’incontro tra lo chef bistellato stellato Nino Di Costanzo, il pizzaiolo Ivano Veccia e l’imprenditore-designer Federico De Majo, veneziano, creatore del celebre marchio Zafferano e inventore della lampada Poldina, che infatti troverete su ogni tavolo.
Il locale
La struttura di tufo è del 1927, dove prima c’era La Pietra Slow, sapientemente recuperata e valorizzata, si sviluppa su 700 metri quadrati con 150 coperti, con un comodo parcheggio, offrendo una lettura contemporanea del rapporto tra architettura e natura.

Il grande terrazzo esterno, dominato da un ulivo secolare, si articola attraverso cinque privé delimitate da essenze mediterranee, mentre il pergolato sorrentino originale conferisce autenticità agli spazi conviviali.

L’intuizione progettuale di De Majo emerge chiaramente nell’approccio illuminotecnico: ogni ambiente è pensato per esaltare la componente scenografica del tramonto, senza mai sovrastare la naturalezza del contesto.
Ma è alla sera che Lisola mette il suo abito migliore quando le luci danno il tocco magico ad un locale davvero bello dall’allure internazionale con due cocktail bar spettacolari.

Tout est permis – tutto è permesso, recita il menù.
La filosofia
La filosofia culinaria de “Lisola” intende recuperare il concetto di vecchio ristorante-pizzeria degli anni 80, praticamente scomparso: un’ampia offerta tra pizza, pesce e carne che si fonda sulla condivisione di linguaggi diversi ma convergenti nello spirito isolano.
Due i menù degustazione: quello delle specialità ischitane, carne e pesce, “Giro de Isola” 160 € per 2 persone.
La scelta di dedicare un menu specifico all’isola d’Ischia testimonia un approccio consapevole alla valorizzazione del patrimonio gastronomico locale.
Il secondo menù è una degustazione di pizze “Spicchi de Isola”, al costo di 100 € per due persone, volendo in abbinamento con la bollicina Maximum di Cantine Ferrari (partner del ristorante) con + 30 €.
I piatti
Veniamo alle portate assaggiate.
La “Ricciola in ceviche con friggitelli” è molto buona, gustosa ed equilibrata, ottima la sostituzione degli ingredienti peruviani con quelli ischitani, l’habanero piccante è egregiamente rimpiazzato dal peperoncino verde nostrano crudo tagliato a listarelle finissime.

Non posso dire lo stesso del “Branzino zuppetta di pomodoro, lime, burrata”, poco sapore ed elementi scollegati tra loro.

Nino Di Costanzo porta in carta uno dei suoi piatti più rappresentativi, gli spaghettoni ai cinque pomodori, che però non mi ha convinto, solo un lontano ricordo di quello che avevo assaggiato al Danì Maison.
Ma si sa che la memoria fa brutti scherzi.

Sul fronte pizza, Ivano Veccia dimostra una maturità tecnica che ormai trascende i confini regionali.

La dotazione di tre forni (due elettrici e uno a legna) permette una gestione flessibile delle diverse tipologie di impasto, dalla celebre “Lasagna povera” alla pala romana, passando per interpretazioni personali come la “Pizzaiuolo” con provola e 7 tipi di pepe, la pizza ripassata (a doppia cottura) come la “Margherita verace”, davvero buona e il padellino.
Il servizio è cortese e puntuale.
Conclusione
La proposta pizzeria mi ha convinto di più rispetto a quella ristorativa.
D’altro canto, è sempre difficile ripetere la qualità dei piatti iconici di un ristorante stellato in un format.
I dolci sono buoni.
Divertente il “Pata-trac” (zeppole ischitane, crema al limoncello, salsa alle fragole), molto valido il tiramisù al cappuccino che in carta si chiama “Caffè”.

Se l’ambizione del progetto appare chiara e condivisibile, restano alcuni interrogativi sulla sostenibilità di un’offerta così articolata.
La gestione simultanea di cucina, pizzeria e brace richiede un coordinamento operativo complesso che, pur affidato a professionisti di comprovata esperienza, potrebbe generare discontinuità qualitative nei momenti di maggiore affluenza.
Lisola si inserisce in un momento di particolare fermento per l’offerta ristorativa ischitana, intercettando quella fascia di clientela che ricerca esperienze di qualità senza rinunciare alla spettacolarità del contesto e ovviamente gli stranieri alto-spendenti.
La scelta di mantenere l’apertura annuale, superando la logica puramente stagionale, rivela un approccio imprenditoriale maturo e una fiducia nella sostenibilità del progetto anche oltre i picchi turistici estivi.
I primi riscontri sembrano confermare la bontà dell’intuizione, ma sarà il tempo a verificare se questo ambizioso progetto saprà consolidarsi come punto di riferimento duraturo nel panorama enogastronomico isolano.
Un bellissimo locale che merita di essere visitato sia per l’aperitivo che per la cena, con la consapevolezza che progetti di tale complessità richiedono tempo per esprimere appieno le proprie potenzialità.


