Mangiare paesaggio: La saggezza antica dietro la Fontina della Valle d’Aosta
Chi dice Valle d’Aosta dice Fontina.
Un nome che sa di montagne, di pascoli verdi e di tradizione.
Ma dietro ogni forma di questo formaggio c’è molto più di un marchio DOP: c’è un mondo fatto di lavoro, di erba che diventa latte, di stagioni che dettano il ritmo della produzione.
Mangiare Fontina significa, in fondo, mangiare paesaggio, assaporando il risultato di un equilibrio tra agricoltura, allevamento e biodiversità.
Giancarlo Marquis, giovane ma esperto agricoltore di Verrayes (AO), questo lo sa bene. Il suo lavoro non è solo una produzione: è un modo di custodire un territorio e la sua tradizione casearia.
La sua giornata inizia alle 05.30 del mattino con la prima mungitura, e continua, dipendendo dalla stagione, con altre mille attività: preparazione foraggio, cura degli animali, pratiche agricole da aggiornare, controlli veterinari e piccoli lavori di manutenzione.
Quella dell’allevatore celibe è una vita da giocoliere scrupoloso.
Ma Giancarlo non perde mai l’entusiasmo (lo conosco da più di 20 anni, quindi ne ho le prove), riesce a trovare il tempo per lo scialpinismo, la famiglia e anche qualche viaggio.
In un mondo che punta all’industrializzazione, la sua scelta è controcorrente, ma essenziale per preservare la qualità e l’identità di prodotti come la Fontina, ma soprattutto l’identità del paesaggio circostante.
La sua vita ruota attorno alla stalla e al ciclo delle sue mucche.
D’estate, pascolano libere, brucando erba fresca nei prati d’alta quota; un banchetto gourmet, ricco di fiori ed essenze che danno alla Fontina il suo carattere unico. D’inverno, invece, si torna alla dieta di fieno e mangimi.
La Fontina D.O.P. deve essere prodotta con latte di mucche di razza Valdostana (Pezzata Rossa, Pezzata Nera, Castana). Sono più piccole e meno produttive della classica Frisona da latte, ma sono più resistenti, adatte al pascolo libero, con meno problemi al parto.
I grassi del latte trattengono gli aromi del foraggio, per questo ‘mangiamo’ il territorio. Un equilibrio delicato che dipende dalla natura, dall’equilibrio tra tradizione e innovazione e dalla cura di allevatori come Giancarlo.
Dietro ogni forma di Fontina ci sono numeri che raccontano il legame profondo tra agricoltura e gastronomia. Servono circa 10 litri di latte per ottenere 1 kg di formaggio. E per ogni litro di latte? Si stima che una mucca abbia bisogno in media di 4-5 kg di erba fresca o 1,5 kg di fieno.
Nel 2022, la produzione di Fontina DOP in Valle d’Aosta ha raggiunto le 410.000 forme, con un valore complessivo di circa 42 milioni di euro (fonte: Il Sole 24 Ore).
Considerando che per ogni chilogrammo di formaggio sono necessari circa 10 litri di latte, e che una forma di Fontina pesa mediamente 8 chilogrammi, la produzione totale ha richiesto approssimativamente 32.800.000 litri di latte.
Pensando alla cucina, la Fontina è l’ingrediente più pregiato di un piatto ‘povero’ che racconta i lunghi inverni valdostani: la Seupa à la Valpellinentze (il nome deriva dal comune di Valpelline, dove troverete anche il Museo della Fontina).
Questo piatto tradizionale affonda le radici nella storia contadina della regione, dove ogni ingrediente aveva un ruolo fondamentale nella dieta quotidiana.
Cavolo, Fontina, pane nero, brodo di carne, cannella…il tutto cotto al forno in ciotole o pirofile di terracotta.
Il pane nero, preparato una sola volta all’anno, rappresenta la capacità di conservare e valorizzare gli alimenti durante i mesi più freddi. La sua preparazione annuale era un momento di condivisione e tradizione, unendo le famiglie nella creazione di un alimento che avrebbe nutrito per tutto l’inverno.
Il cavolo verza è l’ortaggio che resisteva alle rigide temperature, offrendo nutrimento quando altri ortaggi non erano disponibili.
La sua presenza nella zuppa simboleggia la resilienza e l’ingegno dei contadini nel sfruttare al meglio ciò che la natura offriva.
La cannella, un tocco esotico in un piatto altrimenti composto da ingredienti locali, aggiungeva un accento aromatico che spezza la monotonia delle pietanze invernali. Questo accostamento evidenzia l’apertura culturale e la capacità di integrare sapori diversi nella cucina tradizionale.
La Fontina, formaggio emblematico della Valle d’Aosta, è l’ingrediente che unisce tutti gli altri. La sua cremosità e il suo sapore inconfondibile rappresentano l’identità gastronomica della regione, rendendo la zuppa un’esperienza sensoriale unica.
La Seupa à la Valpellinentze non è solo un piatto; è una narrazione culinaria che racconta la storia, la cultura e la resilienza del popolo valdostano. E di Giancarlo 🙂
Autore
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Valeria Castelli WildKitchen Mi sono persa nel labirinto gastronomico circa vent’anni fa. Mi chiamo WildKitchen perché un giorno sono scappata. Ho cucinato per miliardari e per emarginati (credo in egual misura). Esploro la cucina olistica e la sostenibilità, cercando di far incontrare gli attori delle catene alimentari prima che diventino fantasmi. Scrivo di cibo perché cucinarlo e mangiarlo non mi basta. linkedin https://www.linkedin.com/in/valeria-wildkitchen
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