Il mega riassuntone del tour norvegese

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     Dopo 3 mesi passati girando il sud della Norvegia è arrivato il momento di offrire la mia esperienza sulla cultura culinaria di questo meraviglioso e particolare paese scandinavo.

     Sarebbe inutile parlare di un argomento specifico, anche perché ci sarebbe poco da dire; ma una volta aver fatto una “certa esperienza”, è giusto raccontare cosa offre il paese ma soprattutto cosa amano i norvegesi in cucina.

     Cominciamo a dire che mi sono trovato tra i fiordi del nord-Europa per questioni lavorative. Il mio viaggio parte da Oslo dove ho alloggiato per cinque settimane e successivamente mi sono spostato verso il sud-est costeggiando le tortuose sponde del paese che fanno concorrenza alla costiera di casa nostra.

     Sono stato a Drammen, una colonia turca dove il kebab la fa da padrone, e man mano ho avuto occasione di visitare la naturalistica Kongsberg con un fiume e mini-cascate naturali che spaccano il centro città, la meravigliosa Tonsberg con una Chinatown in miniatura molto suggestiva, fino a toccare Skien dove sembra di tornare indietro nel tempo e finire nella super-posh Kristiansand con un porto meraviglioso, nuove costruzioni e giardini pubblici super curati ed artistici.

Bene… cosa offre la Norvegia e cosa vogliono i norvegesi?

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     Partiamo con lo stereotipo del salmone che poi stereotipo non è! In televisione si vantano di essere i re dell’Omega 3, dove pubblicità e promozioni varie valorizzano la qualità del salmone che, udite udite, è quasi esclusivamente salmone di allevamento.

     Meno di un anno fa usciva anche un articolo di giornale che criticava o che almeno metteva in dubbio la qualità del suddetto pesce. In seguito Panorama.it intervistò Henrik Stenwig, Direttore dell’ambiente e settore veterinario della Norvegia Seafood Federation di Oslo, dove assicurò che non esiste nessun allevamento intensivo in Norvegia anche a causa dei controlli serrati e delle multe salatissime eventualmente da pagare con annessa chiusura dell’attività.

     Per non entrare nello specifico, menzioniamo solamente due punti:

  1. lo standard base delle gabbie di allevamento deve essere composto dal 97,5% d’acqua e meno del 2,5% di salmone per garantire un ambiente sano e pulito dove crescere;
  2. il mangime dei salmoni è composto da olio di gamberetti, olio di colza, proteine di piselli, orzo, sali minerali, vitamina D e minime dosi di antiossidanti oltre che astaxantina che consente al pesce di ottenere un colore più rosato.

Questo business muove ogni anno 75 miliardi di Nok (corona Norvegese).

     Detto questo, ad Oslo si vive come in una grande città e quindi dal punto di vista del food&beverage abbiamo le solite catene di ristoranti, pizzerie e caffetterie.

Indovinate quali sono le catene più ricche, famose e popolari in Oslo e in Norvegia?

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     Peppe’s pizza: pura pizza italiana; devo ammettere, un prodotto anche soddisfacente. I norvegesi hanno una cultura della pizza molto sviluppata, cosa che mi ha sorpreso; ci sono molti posti che fanno una pizza di qualità più che buona anche se a caro prezzo. Lo standard di vita è il più elevato d’Europa, secondo nel mondo; una pizza seduto a tavolo costa 35/40 euro troppo e troppo spesso.

     Deli DeLuca: pasticceria e rosticceria italiana. Uno dei pochissimi posti dove possibile mangiare pasta, tra cui la carbonara (terribile), lasagna (buona), penna all’arrabbiata (non ancora provate), ecc… Poi c’è l’angolo dolci con il caro tiramisù – buono di sapore ma dalla testura troppo “gommosa” e questo fa perdere molti punti – e vari dolci spacciati per italiani, ma che di italiano hanno ben poco. In sostanza possiamo dare un buon giudizio finale.

     Egon restaurant: classico italiano per turisti, pizza a 40 euro da prendere e buttare, bruschetta già preparata e scongelata servita e spacciata come fresca di giornata, pietanze varie a livello di “quattro salti in padella” e chi più ne ha, più ne metta. Una fila per sedersi al limite dell’assurdo, dei prezzi affordabili per norvegesi, giapponesi, russi e categorie specifiche. Famosissimo e ricercato, c’è comunque una buona atmosfera, ottimo servizio e sicuramente avrà i suoi punti forti che non mi è dato scoprire.

Nel frattempo…

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     In città come Drammen, famosa per i campionati di sci che si organizzano ogni anno, c’è un monopolio turco. Il kebab… questa carne che tanto amo, trova una qualità ottima in tutta la Norvegia e soprattutto appunto in Drammen. Sono i lavoratori più accaniti, gli unici aperti 7/7 fino a tardi. Il kebab lo amo, i turchi come persone mi piacciono, niente da aggiungere. Dico solo: bella scoperta!

     Tonsberg invece offre un’altra faccia del cibo che sempre apprezzo: l’orientale. Supermarket, ristoranti e bubble bar di matrice est-asiatica che mi fanno sempre felice. Noodles, involtini primavera, sushi… cose che fanno piangere mia nonna in pratica.

     Un accenno al bubble bar, che in vita mia ho trovato precedentemente solo a Londra nella zona di Soho. Questi thé dal sapore orientale o tropicale che sono caratterizzati da bolle ripiene a loro volta di thé. Si bevono con cannucce extra-large che permettono a questi pallottoloni di entrare in bocca ed esplodere a contatto col palato. Fresco, buono, leggero, niente zucchero (almeno io non ne ho avvertito), una delle poche bibite dissetanti nel vero senso della parola. Aggiungo solo: Grazie Tonsberg!

Il resto è abbastanza standardizzato.

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     In Norvegia si lavora in ufficio nelle multinazionali e si produce ricchezza, poco tempo è dato a tutto il resto. Nei supermercati c’è pochissima varietà di pasta, a volte del tutto assente; carne e salumi esclusivamente imbustati, una discreta varietà di formaggi, banchi freezer con ogni ben di Dio, pasti pronti da mettere comodamente nel microonde e similari. Sono molto amanti della frutta.

     Dopo Londra e Rotterdam, per la terza volta in vita mia, trovo a Skien il “dragon fruit”, in pratica un kiwi bianco dalla forma di una patata con una buccia rosa, arancione e verde che ricorda, anche dalla composizione, le squame di un drago (usando un po’ di fantasia).

     Sono obbligato moralmente e istintivamente a nominare la bellezza delle ragazze norvegesi. Ma questa ahimè, è un’altra storia.

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