Si è detto tantissimo di Michele, d’un tratto il nome proprio di persona più inflazionato del web.
La soffiata sull’apertura dei Condurro in Porta Romana è venuta alla luce con lo stesso clamore mediatico di un’indiscrezione di calciomercato, e alcuni magazine generalisti, nella corsa alla pubblicazione, hanno confuso nomi, cognomi e famiglie, tradizioni e generazioni.
Il Michele Condurro che ha aperto in via Orti qualche giorno fa è il figlio del figlio del fondatore di quel “Michele a Forcella” che ha fatto la storia della pizza nel mondo. Cinquant’anni, sorriso genuino e una disponibilità senza limiti, Michele è al forno con il figlio Raffaele, quarta generazione di maestri pizzaioli che proseguono nel solco del cognome più dibattuto delle ultime ore.
Ma veniamo alla pizza.
Altro che Margherita e Marinara e basta, qui c’è addirittura una selezione di pizze gourmet. Abbiamo ordinato la classica delle DOP (la “Margherita Condurro”, con fiordilatte, pomodoro San Marzano e basilico) e una “Ombra del Vesuvio”: un letto di pomodorini del Piennolo gialli e rossi, bocconcini di fiordilatte di Agerola e provolone del Monaco.
La Margherita è squisita, e non c’è altro da dire. Impasto lievitato 30 ore, grande attenzione alla qualità degli ingredienti: il Fior d’Agerola è una garanzia: tagliato alla perfezione, non annega la pizza con tutta quell’inutile acqua. È filante (ma non troppo), gustoso e di grande personalità. Il pelato di pomodoro San Marzano ha un sapore equilibrato, la cottura è eccellente. Una gran bella Margherita per gli standard milanesi, genuinamente “a rota ‘e carretta”, profumata di legna. Porta felicità.
E invece l’Ombra del Vesuvio non ci è piaciuta. Il provolone era buttato lì, senza un vero motivo. Scaglie di formaggio capitate un po’ per caso. Come mai non erano amalgamate al resto? A tratti, con tutto quel ben di dio, la masticazione regalava attimi di piacere, ma i pomodorini, presi singolarmente, sapevano di acqua. Così i bocconcini di fiordilatte.
Promossa a pieni voti la Margherita, ma ai debiti formativi la “pizza gourmet”. Che sia colpa del cognome così debordante di tradizione?