Mozzarella di Bufala: proteste inutili o battaglia mal diretta?

Mozzarella di Bufala: proteste inutili o battaglia mal diretta?

Mozzarella di Bufala: proteste inutili o battaglia mal diretta?

“Se vuoi fare un passo avanti, devi perdere l’equilibrio per un attimo.”

Questa frase di Massimo Gramellini potrebbe descrivere, con una punta di ironia, la situazione che si sta vivendo nel settore della mozzarella di bufala campana.

Un settore che, nel tentativo di risolvere le proprie difficoltà, rischia di perdere di vista il quadro generale e di adottare strategie di protesta poco efficaci, se non addirittura dannose.

Il mondo della mozzarella di bufala DOP è in fermento.

Gli allevatori hanno organizzato proteste e manifestazioni per rivendicare un prezzo più equo del latte, ma la realtà economica dipinta dal Consorzio di tutela della Mozzarella di Bufala Campana DOP sembra ben diversa.

Il presidente del Consorzio, Domenico Raimondo, ha espresso chiaramente la sua posizione.

“I prezzi non sono pubblici, c’è un lavoro dietro gestito dall’Antitrust e noi non possiamo rendere pubblico tutto ciò che ci viene detto. Abbiamo avuto una crescita nel secondo trimestre di +0, mentre nel primo trimestre abbiamo chiuso in negativo.”

Eppure, i dati aggiornati sulla produzione mostrano una situazione ancora più complessa.

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Dai dati più recenti sulla produzione di Mozzarella di Bufala Campana DOP, emerge un quadro oscillante.

Nel 2024, la produzione totale di latte è aumentata dell’0,94%, passando da 312.589 tonnellate nel 2023 a 315.542 tonnellate.

Tuttavia, il latte effettivamente lavorato per la mozzarella DOP è calato dello 0,35%, segno che parte della produzione sta prendendo strade diverse, forse meno redditizie.

Alcuni mesi hanno mostrato segnali preoccupanti.

A giugno, per esempio, il calo nella produzione di mozzarella (-12,22%) è stato significativo, probabilmente a causa di una combinazione di fattori stagionali e difficoltà di mercato.

Anche marzo ha registrato un calo drastico del 6,83%, con un effetto a catena sul settore.

Tuttavia, ci sono stati anche segnali positivi: ottobre e novembre hanno segnato aumenti rispettivamente del 3,96% e 7,75%, segno che il mercato cerca di stabilizzarsi.

Inoltre, con l’arrivo dell’estate e il conseguente aumento delle vendite, le proteste degli allevatori tendono fisiologicamente a diminuire.

Gli allevatori puntano il dito contro il Consorzio, accusandolo di non pagare a sufficienza il latte.

Ma il presidente Raimondo risponde con fermezza: “Devono capire che effettivamente il problema non è che non li vogliamo pagare, ma che stiamo in condizioni tali da dire che se loro non lavorano come dovrebbero, è giusto anche che ciò vada ad influire sul costo del lavoro.”

Un’affermazione che porta a una riflessione: la crisi del settore è più ampia e complessa delle semplici dinamiche tra allevatori e caseifici.

Il problema, infatti, è anche macroeconomico. “Lo sciopero lo voglio fare, ma lo devono fare insieme a noi e non in Italia, ma a Bruxelles”, sottolinea Raimondo, indicando che le vere battaglie dovrebbero essere portate nelle sedi europee.

Il mercato della mozzarella DOP è influenzato da variabili globali, come i cambiamenti climatici; la scorsa estate, tra giugno e luglio, la produzione è stata messa in ginocchio dalle piogge e poi ci sono le tensioni geopolitiche.

Ma soprattutto hanno pensato a cosa potrebbe accadere nel momento in cui il presidente Donald Trump estenda i dazi anche in Europa?

La mozzarella di bufala rappresenta il 14% del PIL campano, con un consumo che cresce soprattutto nel Nord-Est italiano tra le famiglie di classe media.

Il Consorzio ha una mission chiara: promuovere e garantire la qualità del prodotto.

Ma se da un lato gli allevatori si sentono schiacciati dai costi di produzione, dall’altro i caseifici devono fare i conti con un mercato instabile e con clienti che ridimensionano gli ordini senza preavviso.

“Noi certamente non possiamo dire alle bufale che devono fare meno latte, sarebbe contro natura”, ironizza Raimondo, mettendo in evidenza il paradosso del settore.

Gli allevatori possono protestare, ma senza una visione più ampia il rischio è di danneggiare un’intera filiera senza ottenere risultati concreti.

Se davvero si vuole una soluzione, bisogna portare la lotta ai tavoli giusti, con un tavolo anche in Prefettura come suggerito dallo stesso Raimondo e smettere di combattere contro chi sta cercando di tenere in piedi un’eccellenza italiana riconosciuta in tutto il mondo.

 

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