Napoli città fritta: abitanti, negozianti e comitati lanciano l’allarme tanfo di fritto

Con il ritorno dei turisti, a Napoli è tornato anche il tanfo di fritto che avvolge le strade del centro. Chioschi, friggitorie e locali fast food sfornano prodotti a pieno ritmo, tornati ormai a livelli pre-pandemia. Ma oltre all’inquinamento olfattivo, l’odore di pizze, pizzette, kebab, zeppole e quant’altro racconta il cambiamento del centro città. Un cambiamento che secondo gruppi di cittadini e associazioni potrebbe rappresentare una rovina, stravolgendo l’identità dei luoghi.

Il fenomeno va avanti da almeno 10 anni, ma che ha subito un’accelerazione improvvisa nel 2015-2016, quando le strade principali vennero tappezzate da patatiniere. Solo su via Toledo potevano contarsi una decina di negozi di patatine fritte al momento. Una moda passeggera, visto che quei locali sono scomparsi così come avevano aperto.

Ma il solco era ormai segnato e i chioschi di fast food, internazionali o in salsa napoletana, sono aumentati vertiginosamente. Prima le commerciali via Roma e via Chiaia, poi il centro storico con via dei Tribunali, San Biagio dei Librai, piazza Bellini, via Benedetto Croce. “Questo tanfo di fritto avvolge ormai tutto il centro storico – afferma Antonio Pariante, presidente del Comitato Portosalvo – L’offerta gastronomica sovrasta quella culturale. Ma Napoli è una città d’arte, è patrimonio dell’Unesco, non dovrebbe abbandonarsi a questo tipo di turismo di massa. Tra Port’Alba e piazza Dante prima c’erano solo librerie, adesso sono state sostituite da baretti e tavolini”.

Da anni, la rete Set Napoli (Sud Europa di fronte alla Turistificazione) mette in guardia dai pericoli: “L’odore di fritto si sente e si spiega anche con il fatto che diversi locali non hanno cappe a norma. – spiega Anna Fava – Però dietro c’è una dinamica più complessa. Il centro città è cambiato. Le botteghe storiche hanno lasciato posto alla ristorazione. E’ qualcosa che si spiega anche con il cambiamento di chi abita queste strade. I residenti non ci sono più perché le case sono state trasformate in b&b e, ovviamente, un turista non ha bisogno del falegname, del macellaio, del ferramente, bensì di mangiare qualcosa a poco prezzo. Ci dicono che questo ci arricchirà, ma è falso. Per adesso ci ha impoveriti perché il costo della vita è aumentato, dai fitti al cibo”.

Anche tra gli esercenti c’è chi non è entusiasta dell’invasione di turisti. Nives Monda è titolare della Taverna a Santa Chiara e lancia un messaggio a Manfredi: “Credo che il sindaco neanche sappia della puzza che c’è in queste strade perché non ci viene mai. Io non sono contraria al turismo anche perché ne ho beneficiato, ma questa amministrazione parla di voler far ancora crescere i flussi e questo non è possibile. Napoli è investita da un’onda distruttiva, quella della turistificazione, che passa e non lascia nulla se non sporcizia”.

Senza abitanti del posto e senza le botteghe storiche, l’identità di Napoli sembra stravolta. “Ormai – afferma Nives – siamo a Napolandia. Il successo di questa città è legato anche alle sue tradizioni, ma oggi non c’è più quasi nulla di autentico”.

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