E’ nato prima il farro o la farina?

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     Nei primi decenni del V secolo d.C. Macrobio, un personaggio di rango senatorio nella Roma pagana di Valentiniano III e di sua madre Galla Placidia, compose un’opera, giunta incompleta, che immaginava dodici personalità colte riunite al banchetto tradizionale dei Saturnali (Saturnaliorum convivia), feste che si celebravano a Roma tra il 17 e il 23 dicembre.

     Tra uova in crosta, carni grasse, olive in salamoia, cacciagione, pesci, funghi e pane fresco già allora si chiedevano, i dotti:

E’ nato prima l’uovo o la gallina?

PhotoCredit: IIPP

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     La risposta era già nota all’epoca e coincideva, seppure con motivazioni diverse, a quella ironica data il 24 aprile 2016 sul suo profilo Facebook da James McInerney, professore di Biologia evolutiva all’Università di Manchester: è nato prima l’uovo “e ora tutti possiamo tornare alle nostre vite normali”.

     L’uovo, infatti, non è prerogativa esclusiva degli uccelli.
Attraverso le uova si riproducono anche rettili, pesci e anfibi che sono antecedenti alla linea evolutiva degli uccelli e, quindi, molto più antichi.

     Se per l’uovo la filogenesi è chiara da millenni, per la farina la scoperta è piuttosto recente e si deve ad un gruppo di ricerca italiano in Toscana.

     Due ciottoli di arenaria utilizzati come macina hanno rivoluzionato il modo di concepire la dieta degli uomini del Paleolitico che, da sempre, si riteneva fosse prevalentemente carnivora e priva di alimenti “trasformati”.

La scoperta

PhotoCredit: Repubblica

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     A Bilancino negli anni ’90, durante i lavori per la costruzione di un invaso artificiale nella valle  del  Mugello,  alle  pendici dell’Appennino Tosco-Emiliano, fu messa in luce un’ampia paleosuperficie (120 mq) relativa ad una frequentazione umana datata a circa 28.000 a.C. ma è solo nel 2010 che sono stati resi noti al grande pubblico i risultati delle analisi effettuate sugli amidi residui presenti sulla superficie della macina e del macinello in arenaria rinvenuti durante gli scavi.

     La “pratica” della macinazione era già nota nel Paleolitico ed era usata prevalentemente per l’ocra rossa ma, a seguito del rinvenimento di Bilancino, l’equipe di Anna Revedin, dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria (IIPP), ha esteso le ricerche e ha individuato altri due siti in Russia e in Repubblica Ceca nei quali sono state rinvenute pietre da sfregamento con tracce di amidi.

     Le analisi hanno rivelato che gli amidi residui appartenevano, nel caso di Bilancino, a una pianta palustre del genere Thypha della quale si macinavano soprattutto i rizomi essiccati. In Russia, invece, si utilizzavano rizomi e radici di una felce del genere Botrichyum, che cresceva abbondante nei dintorni del fiume Don.

La panificazione

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     Se è vero che i cereali arrivarono in Europa non prima di 10.000 anni fa e che uno dei più antichi, il farro, è stato il primo ad essere coltivato e utilizzato per la panificazione è altrettanto vero che le conoscenze e la tecnologia necessari per macinarlo e, presumibilmente, trasformarlo in un impasto da cuocere intorno a ciottoli arroventati è più antica di circa 20.000 anni, durante i quali gli uomini del Paleolitico, in attesa che arrivassero le più appetibili graminacee, utilizzavano farine alternative non glutiniche a base di piante palustri.

     Nonostante le parole di Plinio il Vecchio che nel I secolo d.C. scriveva «Si comprende dal termine stesso che farina deriva da farro» (Plinio, Naturalis Historia, XVIII, 88), la farina precede di decine di migliaia di anni il farro e il pane, estremamente diverso da quello che conosciamo; è uno degli alimenti più antichi elaborati dal genere Homo, molto più antico di quello che chiunque avrebbe mai potuto immaginare.

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