È italiano, con maggior precisione vercellese, il primo sake prodotto in Italia.
A realizzarlo l’azienda Gli Aironi di Vercelli di Gabriele Conte che grazie al supporto di Davide Pinto, Manuel Montalbano e Luca Bogino, barman di fama internazionale è riuscito a realizzare un sake con marcate note che ricordano gli aromi dei grandi vermut piemontesi e il colore nerissimo dell’inchiostro.
La varietà di riso infatti messa a disposizione da Gli Aironi per questo progetto, la cui joint ventury ha il suggestivo nome di InFermento, è il Penelope, un riso autoctono nero della riserva speciale dell’azienda di Gabriele Conti.
Dopo l’ammostamento del riso si procede alla fermentazione dello stesso che però non avviene con i lieviti Kojikin adoperati in Giappone per la produzione del sake tradizionale di alta qualità ma con i lieviti della birra.
Il prodotto, proprio per ottenere una connotazione tutta italiana viene poi fortificato con alcool e erbe tipiche della tradizione liquoristica piemontese.
Le due erbe, che sono poi quelle che danno un bouquet di profumi esclusivo al prodotto sono l’Achillea e l’Artemisia, entrambe erbe spontanee nel territorio piemontese e il cui uso e sapiente dosaggio appartiene esclusivamente alla tradizione piemontese.
Il progetto, che ha visto la nascita di un primo lotto di 5000 bottiglie, ha subito appassionato gli estimatori della bevanda del Sol Levante italiani.
Decisamente vincente è la scelta dell’uso del riso nero che scarica nel prodotto la carica di colore rendendolo esclusivo rispetto ai sake nipponici.
Vale la pena di ricordare che l’Italia, ovviamente dopo il Giappone, è il secondo consumatore al mondo di sake.
Di formazione classica sono approdato al cibo per testa e per gola sin dall’infanzia. Un giorno, poi, a diciannove anni è scattata una molla improvvisa e mi sono ritrovato sempre con maggior impegno a provare prodotti, ad approfondire argomenti e categorie merceologiche, a conoscere produttori e ristoratori.
Da questo mondo ho appreso molte cose ma più di ogni altra che esiste il cibo di qualità e il cibo spazzatura e che il secondo spesso si mistifica fin troppo bene nel primo.
Infinitamente curioso cerco sempre qualcosa che mi dia quell’emozione che il cibo dovrebbe dare ad ognuno di noi, quel concetto o idea che dovrebbe essere ben leggibile dietro ogni piatto, quella produzione ormai dimenticata o sconosciuta.
Quando ho immaginato questo sito non l’ho pensato per soddisfare un mio desiderio di visibilità ma per creare un contenitore di idee dove tutti coloro che avevano piacere di parteciparvi potessero apportare, secondo le proprie possibilità e conoscenze, un contributo alla conoscenza del cibo. Spero di esservi riuscito.
Il mio è un viaggio continuo che ho consapevolezza non terminerà mai. Ma è il viaggio più bello che potessi fare.