NOVE PORTATE IN OMAGGIO AI NOVE MESI DI GRAVIDANZA, L’ANTICA TRADIZIONE ABRUZZESE (MA NON SOLO) DELLA CENA DELLA VIGILIA

Per molti è una tradizione perduta, per altri diventa impossibile non rispettarla. È la cena della vigilia di Natale, che in Abruzzo come in altre regioni del meridione è composta da nove portate per omaggiare i nove mesi di gravidanza di Maria, per mettere al mondo il bambinello di cui proprio quella notte si celebra la nascita.
Nove pietanze di cui almeno sette devono essere verdure, in riferimento ai sacramenti. Una tradizione che ha provato a recuperare, proponendola in una delle cene di Abruzzo Food Experience, una tre giorni alla scoperta di gusti e sapori dei territori di Chieti e Pescara riservata a giornalisti e tour operator, Claudio Ucci, direttore Abruzzo Travelling, consorzio turistico di servizi che opera dal 2005 per valorizzare e migliorare l’offerta turistica nel territorio abruzzese.
“Per chi mantiene la tradizione, il giorno della Vigilia, a pranzo si fa digiuno – racconta Ucci, facendo leva sulla memoria personale, ma anche avvalendosi dei risultati della ricerca fatta scavando nell’area di Chieti e Pescara, ascoltando le usanze e i ricordi delle famiglie – . La cena poi comincia attorno alle 17 per andare avanti senza sosta fino alla mezzanotte”.

Ucci ha stilato un menù, strutturato attingendo ai piatti più comuni. L’antipasto prevede olive ricce con pane e olio nuovo; pizza e foje; baccalà arrosto con peperoni; fritto di baccalà; verdure pastellate. Per primo appaiono le linguine alici e ferfellone. Il secondo prevede brodetto di pesce della tradizione, zuppetta di fagioli. E per finire dolci della tradizione e frutta, come noci, mandorle e mandarini.

“Nell’area di Chieti e Pescara – spiega Ucci – il baccalà si ripete specie nell’entroterra, dove non arrivava il pesce fresco. In alcune zone il peperone è arrostito, in altre si usa il peperone crusco che a Pescara viene chiamato ferfellone”.

Per il brodetto la base è quello alla vastese, ma in molte case, data la presenza dei bimbi, “si optava per i pesci senza spine, come calamari, palombo, coda di rospo, ad esempio”.

Un punto fermo è la zuppa di fagioli, “bianchi rigorosamente, perché legati al simbolo della purezza. E poi le verdure pastellate, che di fatto aiutano a raggiungere il numero di sette. E ancora la rassegna del cenone tocca le olive sotto sale, una tradizione delle nostre famiglie – dice ancora – e legate all’olio nuovo”.

Nei dolci la fanno da padrona, i fritti di Natale di ceci o di castagne, o la pasta di patate “che veniva fritta in attesa della mezzanotte. Le crispelle – prosegue Ucci – che poi restavano anche nei giorni a seguire, in versione salata, ma pure dolce, ripassate nello zucchero. Oggi sempre più botteghe e pasticcerie stanno riproducendo questi antichi dolci della tradizione, che nelle case si fanno più di rado”.

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