Novello, ma se non è bricconcello!

“Il Novello è un tipo di vino che arriva ogni anno sulle nostre tavole già a pochi giorni dalla fine delle vendemmie, dopo il rito del dèblocage, l’apertura delle bottiglie che quest’anno si fa dopo la mezzanotte del 29 ottobre.

“Negli anni scorsi ha avuto un buon successo anche quello prodotto in Italia, passando dai quasi 5 milioni di bottiglie del 1987 fino ai 19 milioni nel 2003, grazie a una vera e propria curiosità dilagante per i gusti e i profumi di gioventù di quel Beaujolais Nouveau che arriva dalla Borgogna a milioni di bottiglie perché fin dagli anni ’30 è stato capace di deliziare il palato di un numero sempre maggiore di consumatori. Poi c’è stato un calo impressionante fino ai 9,2 milioni del 2021. È forse caduta una stella?

Il Novello da noi ha cominciato in sordina negli anni ’70 con il Vinot di Angelo Gaja e il San Giocondo degli Antinori, che all’epoca però non fecero tanto scalpore. Per molto tempo non si è capito perché questi due magistrali produttori si ostinassero a destinare a Novello delle uve davvero speciali invece di usarle soltanto per quei grandiosi vini da invecchiamento con i quali conquistano chiunque.

Ricordo perfettamente che una ventina di anni fa rimasi davvero stupito a Sassari, una terra in cui non mancano certo degli ottimi vini rossi da bere anche giovani, quando mi capitò di accompagnare una mattina il signor Mario Vanacore di Santa Barbara in un velocissimo giro fra i grossisti di vino che conosceva per accaparrarsi, come ogni anno dopo il terzo giovedì di Novembre, i primi cartoni di Beaujolais Nouveau appena sbarcati dall’aereo. Ma cos’aveva mai di diverso questo vino piuttosto leggero per piacergli così tanto?

Il motivo principale per cui era nato, grazie alla macerazione carbonica del mosto fiore dell’uva gamay, è che questo era ed è ancora l’unico modo per avere subito pronto, a pochi giorni dalla fine delle vendemmie, un buon vino rosso giovane senza dover aspettare ancora diversi mesi che il mosto diventi vino completando la maturazione e l’affinamento (e costando però anche un po’ di più). Il Beaujolais Nouveau è un vino soffice, rotondo, fruttato, pacioso e di pronta beva che sa di fiori e di frutta, solo gli aromi primari dell’uva perché non tocca assolutamente legno. I Francesi ne vanno matti, infatti nei mesi di Novembre e Dicembre è il vino più acquistato dai cugini d’oltralpe, tanto da far quasi crollare le vendite di tutti gli altri, perfino di quella ottava meraviglia del mondo con le bollicine che sanno fare in modo straordinario e irripetibile.

Ma non si creda che sia un vino facile da fare! Il metodo di vinificazione, messo a punto dal ricercatore francese Flanzy, è profondamente diverso da quello tradizionale e pretende delle uve pregiate sanissime, la massima igiene e un’ottima tecnologia per salvaguardare quegli aromi freschi e piacevoli che altrimenti si perderebbero. Niente pigiatura e diraspatura dei grappoli, i cui acini vanno in macerazione interi alla temperatura di 30 °C in atmosfera di anidride carbonica per eliminare al massimo il contatto dell’ossigeno con le uve. La macerazione carbonica, la tecnica utilizzata per la produzione del Novello, sfrutta la capacità degli enzimi presenti nell’uva di trasformare, all’interno dell’acino non pigiato, una piccola percentuale di zuccheri in alcol, la cosiddetta autofermentazione intracellulare.

Il processo ha inizio disponendo i grappoli interi in vasche chiuse sature di anidride carbonica, da cui il nome della macerazione, così da impedire ogni contatto con l’ossigeno e favorire la fermentazione intracellulare. Il peso stesso dei grappoli fa si che si abbia una parziale rottura degli acini per un periodo da 10 a 20 giorni, con relativa fuoriuscita di mosto che si deposita sul fondo della vasca, dove inizia a fermentare grazie all’opera dei lieviti naturali: questa prima fase durerà una o due settimane. In seguito l’uva viene pressata sofficemente e fa una successiva fermentazione a temperatura inferiore ai 25 °C per un periodo da 4 a 6 giorni, quindi si passa alla stabilizzazione, alla filtrazione e all’imbottigliamento.

Il Novello prodotto in questa maniera è da bere e godere subito a temperature di servizio tra i 14 e 16°C con le castagne arrostite o il castagnaccio, ma può essere accompagnato a salumi, formaggi piccanti, pasta con un condimento non troppo elaborato, zuppe di funghi, infine piatti di pesce e carne non troppo strutturati anche per qualche mese, in pochi mesi, al massimo entro Pasqua, come il nouveau dei Francesi da cui lo abbiamo copiato, anche bene. Rispetto ai loro, però, la gran parte dei nostri gode di una maggior vivacità all’assaggio perché abbondiamo un po’ di più con l’anidride carbonica, cosa che da noi piace quasi sempre, ma all’estero non molto.

La caratteristica principale del Novello è il suo aspetto e colore. Brillante, vivace con le caratteristiche sfumature violacee. Appena che portiamo il bicchiere al naso spicca una bella intensità e una complessità di profumi media, ma si parla di un vino giovane con pochissimo affinamento. Si andranno quindi a riconoscere profumi primari e caratteristici come i frutti di bosco, in particolare il lampone e la fragola e un finale floreale con riconoscimento di viola e rosa. Il vino al palato si presenta fresco ed equilibrato, con tannini delicati e perciò non adatti all’invecchiamento.

In Italia però si è autorizzato a farlo con una sessantina di uve, sia bianche sia rosse (e questo passi pure, visto che il nostro Paese è stretto e lungo e climaticamente molto meno omogeneo).

Ma le differenze non finiscono qui. Siamo maestri in pizza e spaghetti, ma in quanto a leggi siamo famosi per i minestroni. Da noi si è addirittura rivoltata la frittata, capovolgendo il principio su cui è fondato il nouveau e cioè la macerazione carbonica delle uve al completo, legalizzando dunque un vero e proprio misfatto. Con quale faccia tosta si può chiamare Novello anche un vino quasi normale?

Il decreto del ministero delle politiche agricole del 13 agosto 2012 convertito in legge e successive modifiche autorizza a chiamare Novello anche un vino fatto con il 60% di uve della stessa vendemmia ma non sottoposte alla macerazione carbonica, quindi vinificate in modo assolutamente normale e per giunta senza nemmeno l’obbligo di dichiararlo in etichetta! Non lo fanno tutti, non lo fanno tanti, anche perché bisogna imbottigliarlo in fretta per venderlo entro e non oltre il 31 Dicembre, ma il consumatore medio non se lo immagina nemmeno che può comprare per Novello qualcosa di diverso dall’immagine che ne ha.

A me sembra una cosa assurda etichettare come torello ogni cornuto della corrida soltanto perché ce n’è qualcuno a quattro zampe nell’arena mentre la gran parte a due zampe sta sugli spalti. Ma andiamo!!! Sarebbe più giusto fare una distinzione netta, o no? E chiamare Novello soltanto quello che lo è pienamente, o al massimo, se proprio si vuol lasciar fare di testa loro i produttori, che almeno applichino un principio riconosciuto in tutta Europa, come quello che si può dare a un vino il nome di un vitigno a patto che sia prodotto perlomeno con l’85% di uve di quel vitigno (a meno di ulteriori e più restrittive imposizioni dei disciplinari).

Non sarebbe una cattiva idea quella di adottare lo stesso criterio per il Novello, come aveva a suo tempo  proposto Rudy Zeni dell’azienda agricola Roberto Zeni di Grumo – San Michele all’Adige. Che provenga perlomeno all’85% dalla macerazione carbonica delle uve. Altrimenti che lo si chiami in un altro modo, per favore! Bricconcello forse non gli starebbe poi tanto male! Ma ci staranno a sentire all’Istituto Vino Novello Italiano?

Rolando Marcodini

Lascia un commento

Inizia a digitare per vedere i post che stai cercando.