Per il Maestro Pasticciere Salvatore Gabbiano a Pompei è il settanta9 d.C.

Ci sono degli imprimatur che ci vengono nel periodo felice della nostra infanzia, in quel periodo nel quale con ai piedi dei sandaletti corriamo nei polverosi giochi della nostra infanzia. Quei luoghi dei quali poi portiamo con noi per sempre il calore del tiepido sole primaverile che ci colpì, le urla giocose dei nostri compagni e i richiami sull’imbrunire dei nostri genitori.
E’ in quel periodo che qualcosa, anche se non ne abbiamo consapevolezza, ci colpisce e poi riaffiora nell’età della maturità.

Salvatore Gabbiano, Maestro dell’elitaria Accademia Maestri Pasticceri Italiani, ha avuto la fortuna di nascere e crescere a Pompei, tra il Santuario dedicato alla Madonna e le rovine dell’antica Pompei.
Prima che fosse “folgorato sulla via di Damasco” dalla pasticceria e ne venisse rapito fino a farne una professione, come tutti noi, è stato anch’egli bambino.
Figlio di piastrellista (inteso come maestro del riposizionamento di antichi pavimenti – mestiere ormai devoluto ai restauratori) il luogo dei suoi giochi d’infanzia è stato proprio il sito archeologico dell’antica città di Pompei, dove il padre per non tenerlo per strada e fuori controllo lo portava con se.
Niente di difficile quindi che quell’imprimatur di cui dicevo sia da ricercarsi proprio nelle rovine pompeiane.

Un primo segnale il Maestro Gabiano già lo aveva dato due anni fa quando aveva creato “Il dolce dei Misteri”, un dolce che emulava un’antica piastrella composta da un contenitore di friabilissima e lieve pasta frolla con all’interno noci, fichi secchi, uova, miele uva sultanina, pinoli vino passito e vaniglia in bacche.
Un dolce semplice e parco nell’aspetto ma decisamente appagante e godurioso come ogni dolce in fondo dovrebbe essere.

Con l’avvicinarsi del Natale 2015 questi suoi ricordi sono riaffiorati. E così accanto a panettoni e veneziana, poco più in la di lievitati dall’accattivante nome come “amarena”, “bosco”, “limone”, “marrons”, “pellecchiela bianco”, “Cuba” e “pistacchio” è apparso il “Settanta9 d. C.”.

Il dolce che pur rimanendo nella categoria dei lievitati sia per sofficità che per leggerezza perde la forma classica per assuemre quella di una focaccia dolce ricoperta di soave zucchero fondant.
L’intento quello di riportare alla luce un possibile dolce dell’antica Pompei. Quindi farina integrale, non essendo nota all’epoca la molitura professionale di grani e quindi l’ottenimento di farine bianche e pure, lievito madre, arricchita con miele, fichi secchi, olive candite, olio extravergine di oliva, cannella e semi di finocchio.
Un dolce apparentemente facile da replicare se non fosse per le difficoltà tecniche che una farina integrale e una percentuale di burro molto bassa, in luogo del privilegiato olio extravergine di oliva, può offrire nella gestione di un lievitato che non deve risultare nè pesante nè, tantomeno, ammassato.

Il risultato è a dir poco fantastico.
Il dolce, leggero e con ottimo grado di umidità è ricco ed opulento di frutta secca e spiccati sentori di cannella e lo zucchero fondant che lo sormonta, tempestato di semi di finocchio e fette di frutta essiccata lo rende ancora più soave e piacevole, sino a spingersi al bis e, perchè no, al tris.

Un prodotto dal sapore antico e dalla manifattura decisamente moderna, anche se nessun pompeiano dell’epoca, purtroppo ci potrà dimostrare il contrario.

di Giustino Catalano

Salvatore-Gabbiano

Maestro Pasticciere Salvatore Gabbiano


Settanta9-dC

Il “Settanta9 d. C.”

Lascia un commento

Inizia a digitare per vedere i post che stai cercando.